Ricevuto e Pubblicato di Fabio Iannuzzi.
“La tragedia di Corigliano Calabro non mi ha colpito per nulla”, “sono calabrese e so meglio di molti altri quanto vale la donna nella mia regione, zero”.
Stefano Rodotà, Calabrese, da molti acclamato come Presidente della Repubblica.
Foto Alessio Jaccone, licenza CC BY-NC-SA, modificataregione: zero”.
Ho un attimo di smarrimento, ma continuo a leggere.“Per molti ragazzini calabresi le donne sono oggetti che possono usare a loro piacimento”, “chi si stupisce oggi (dell’omicidio della giovane Fabiana Luzzi, ndr) non conosce la Calabria e non conosce le famiglie calabresi.”Non ci sto, devo rispondere.Queste gravissime frasi sono state scritte da tal Domenico Naso, in un articolo pubblicato su un blog collegato alla testata giornalistica de “Il Fatto Quotidiano”.
Sorvolo sulla calabresità del soggetto in questione. Un vecchio adagio, forse anch’esso eccessivo, dice che “i calabresi non conoscono le mezze misure: o sono ottimi o sono pessimi”. Evidentemente il signor Naso appartiene alla seconda, per fortuna esigua, categoria.
E’ molto grave, però, che una testata nazionale come “Il Fatto Quotidiano” dia spazio ad un articolo del genere che, partendo dal particolare della tristissima e gravissima vicenda di Corigliano Calabro, generalizza il tutto e arriva a marchiare d’infamia una terra che, tra i tanti problemi, arretratezze e ingiustizie certamente non ha anche l’attitudine a non rispettare le donne. Io, calabrese e uomo, rispedisco al mittente quelle frasi che mi indignano e mi offendono, così come offendono gli uomini di una intera regione dipingendoli per ciò che davvero non sono.
L’articolo in questione non offende solo gli uomini calabresi, simili secondo il signor Naso a belve feroci o a primitivi ominidi con la clava in mano, ma anche e (soprattutto) le donne native della “punta dello stivale”. Quando egli scrive che chi si stupisce dell’atroce delitto “non conosce le famiglie calabresi” sta offendendo, indirettamente, anche le mamme di Calabria. Se il delirio del signor Naso fosse fondato infatti, sarebbero ree in primis di non sapersi ribellare alla schiavitù morale (e fisica, “ho visto ragazze dover lasciare la scuola perchè a casa c’era bisogno di cucinare o stirare la camice per gli uomini” scrive Naso) e in secundis perchè incapaci di proteggere le loro figlie dalla violenza maschilista imperante dal Pollino all’Aspromonte.
No, la Calabria non è questo. Potrei riportare migliaia di esempi di vita quotidiana che smentiscono le convinzioni di Naso e di quelli come lui, calabresi e non.La cultura tradizionale calabrese rispetta la donna all’inverosimile, in quanto “figlia”, “moglie”, “mamma” e “donna”.Nei nostri paesi, tra i nostri giovani, c’è ancora un rispetto per la donna, giovane e anziana, che invece si è perso altrove.E c’è ancora chi, pur di sparare a zero contro una terra già piena di problemi, strumentalizza un così triste e, purtroppo, ricorrente avvenimento (quanti casi di femminicidio sono avvenuti negli ultimi tempi in Italia?) per offendere una intera popolazione.
Sembra essere diventato il nuovo sport nazionale, presto olimpionico: “Dagli alla Calabria”. Un soggetto, a Torino, spara contro il Consigliere comunale UDC Alberto Musy: i giornali titolano “è calabrese il sospettato dell’attentato”; Roma, uno squilibrato spara contro i Carabinieri durante il giuramento del Governo Letta: i giornali titolano “è Luigi Preiti, calabrese, l’attentatore”; Adesso, con l’omicidio della piccola Fabiana, c’è la ciliegina sulla torta: i calabresi non sono solo notoriamente ‘ndranghetisti e gente incline a premere il grilletto con disinvoltura, ma anche maschilisti, violenti, retrogradi e chi più e ha più ne metta. Io mi indigno. E tutti i Calabresi dovrebbero indignarsi. Mi indigno contro Naso, contro i giornali sempre pronti a scrivere “calabrese” quasi come un’offesa, come un marchio di infamia, quando succede qualcosa di negativo.
Ma, quando sembrava che Stefano Rodotà fosse l’unico possibile salvatore della Patria, non le ricordava nessuno le sue origini.
P.S.: Una domanda diretta al signor Naso. Siamo sicuri di esser nati e vissuti nella stessa epoca e nella stessa Calabria?