Quante sere d’inverno una volta tornati a casa dal lavoro vi sarà capitato di sedervi, stappare una bottiglia di vino e accomodarvi davanti al camino sorseggiando un corposo Negramaro o un Primitivo. Ma vi siete mai fermati a riflettere su un dettaglio?
Quello che avete di fronte è un calice pieno di uve, gesti e riti del passato che si affacciano modernissimi nel vostro salotto di casa.Per chi l’ha vissuta o semplicemente la conosce la coltivazione della vite è una sorta di poesia dove al posto delle parole troviamo gesti amorevoli e pazienza.
Il gesto da cui tutto aveva origine era quello con cui il contadino piantava la vigna sul terreno operazione che avveniva con uno strumento che in zona salentina veniva detto “quetulu” e serviva a spingere la barbatella nel terreno sabbioso. Altro momento importante era quello della concimazione, operazione con la quale i ragazzi spargevano il letame contenuto in una “coffa” su tutto il terreno con l’intento di incrementare la fertilità. Eseguita la concimazione sotto l’occhio attento del fattore si zappava la terra un momento di vera fatica per i contadini, basti pensare che 10-12 contadini provvedevano a zappare un’ettaro di terreno.
Arrivava poi il momento della vendemmia e l’uva accuratamente tagliata veniva riposta in dei cesti in vimini per poi essere pesata nella bilancia a statera. Una volta pesata e stabilite le precise quantità l’uva veniva divisa in due parti: una andava al mezzadro e l’altra al proprietario del terreno. Successivamente il tutto veniva trasportato nei palmenti e il trasporto che una volta era affidato agli animali (asini e buoi) venne in seguito sostituito dalla comparsa dei primi trattori. All’epoca non vi sarebbe stato difficile incontrare un “mastro bottaio” ossia colui che aveva il compito di tenere il conto e la manutenzione delle botti.
Queste e chissà quante altre storie potrebbero raccontare le bottiglie di vino e si capisce quanto per il sud sia importante attraverso la sua storia vinicola far rivivere le suggestioni del passato perchè l’agricoltura è una di quelle cose che rendono testimonianza dell’ identità della collettività, il vino va vissuto come un richiamo al territorio di apparrtenza e va utilizzato per riappropriarsi delle proprie origini culturali.