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Un untore di nome Silvio

Creato il 24 giugno 2013 da Albertocapece

giustizia-bilanciaAnna Lombroso per il Simplicissimus

Immagino che i poliziotti di Chicago e New York fossero sollevati che Al Capone, imputato di evasione fiscale, fosse stato condannato a undici anni di galera e a una multa  di 50.000 dollari, e i giudici appagati per averlo incastrato. Ma sarà stata meno contenta   la Giustizia, quella con in mano il bilancino, che pendeva dalla parte del pericolo numero uno.

Ha ragione il Simplicissimus, abbiamo bisogno di una boccata d’aria, tra tanti fumi tossici. E ha ragione al tempo stesso chi pensa che il nostro Al Capone avrebbe dovuto essere condannato dal popolo, più che in giudiziaria, che la storia ci penserà dopo la cronaca nera. Si, non abbiamo avuto   un giudizio del popolo, figuriamoci quello di Dio: Berlusconi viene interdetto dal tribunale per una delle tante gonnelle, nel segno della continuità, proprio come quando un milione di persone in Italia scese in piazza per le sue abitudini scostumate piuttosto che per i suoi crimini contro la legalità e la democrazia.

Non  resta che augurarci  che, come spesso è avvenuto non solo nel nostro Paese,   sia il segnale per abbattere le statue, per negare di averlo mai votato, per scatenare un fuggi fuggi di traditori, per rompere l’incantesimo maligno, che ricorda un racconto di Mann, Mario e il mago, nel quale un turpe manipolatore di coscienze strega il popolo facendolo ballare al sibilo del suo scudiscio. Non so se Berlusconi sia stato un negromante, ma è certo che ha messo in atto un impasto avvelenato di fascinazione, perversione delle coscienze, identificazione di massa che non è spiegabile soltanto con le sue massicce campagne acquisti e nemmeno con la muscolarità decisionale, neppure con la potenza persuasiva mediatica. Ma che ha avuto a che fare con l’illusionismo, con la proposizione di un sogno commerciale, di uno spot del futuro opulento, spensierato, disimpegnato.

In fondo ci voleva poco per non averlo più così invasivo e pervasivo, così ingombrante,. Così fascista, così corrotto e corruttore, così infame e così ridicolo: bastava non votarlo. E ci voleva poco per non fagli condizionare scelte, leggi, costituzione, democrazia, economia: bastava non stare al governo con lui.

I suoi elettori sono stati catturati e plagiati dalla sua “carriera”, dalla possibilità, impadronendosi della sua cassetta degli attrezzi: egoismo, ambizione, spregiudicatezza, cinismo, avidità, megalomania, disinvoltura, di diventare come lui, un vincente che può comprare tutto e tutti, consenso, donne, quadri, cactus, case, poetastri e comici, cantanti e ballerine, giornali e case editrici.

I suoi alleati come bande sgangherate, hanno creduto e credono di condividerne le fortune, l’immortalità in politica, la conservazione di privilegi, l’accesso a lussi e costumi principeschi, la lontananza da un popolo chiamato il più raramente possibile a esprimersi una tantum, ormai separato, agnostico, anestetizzato prima dai consumi poi dalla povertà.

Tutto questo non è cominciato con lui, ma c’è da temere che durerà dopo di lui, con la rivincita di interesse personali e corporativi, che soffocano l’interesse generale, con la persistenza delle plutocrazie, con poteri occulti, con l’intolleranza e la retorica dell’emergenza che tutto permette e legittima, con l’aumento delle disuguaglianze e la consegna ai signori dell’ingiustizia. E con la corruzione, la coincidenza  di fenomeni criminali espliciti e meno visibili, lo smantellamento dei sistemi e dei processi di controllo e vigilanza, l’attacco alla sovranità dello Stato, usato a intermittenza come ufficiale pagatore, le pulsioni verso sistemi sempre più accentratori, l’innalzamento dei livelli di tolleranza dell’illegalità, a cominciare dal familismo, considerato una pratica quasi innocente per difendersi dalla precarietà, dalle disparità di trattamento, dalla pressione burocratica, fino al clientelismo, al voto di scambio, alla manomissione delle regole negli appalti, nei concorsi, alla distrazione di denaro pubblico ingoiato da una mostruoso macchina pdel moto perpetuo del malaffare.

I  suoi fidi lo implorano di non ritirarsi, i suoi alleati temono le rappresaglie, la signora giustizia dondola il bilancino, noi respiriamo per un momento, sperando che l’aria fresca fermi il contagio della pestilenza, con l’interdizione dell’untore. Ma non basta abbattere  la stratua al centro della piazza. C’è molto da fare per riconquistare il rispetto di individui e di popolo.


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