Magazine Diario personale

Una disoccupata su Marte

Creato il 06 agosto 2014 da Giovanecarinaedisoccupata @NonnaSo

Mi ponevo qualche tempo fa la fatidica “domanda delle domande”. Il “perché di tutti i perché”. L’estremo quesito che mai si solve.

Come fanno i disoccupati (a parte me) ad andare in vacanza.

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E sono ancora qui che me lo chiedo.

E non è più soltanto il dettaglio pecuniario, a incuriosirmi (o il modus operandi, che può variare dal “mi prendo i soldi della disoccupazione E non dichiaro gli introiti del lavoro in nero” al “tanto paga il mio ragazzo/marito/pollo/papy”) quanto la lecita domanda: “ma il disoccupato che va in vacanza, alla faccia di tutto e di tutti, come fa a tacitarsi la coscienza?”

E ancora: ce l’ha, una coscienza?

No, perché io ce l’ho, maledetta me, e non se ne sta zitta un minuto!

Capiamola, poverina, non ha molto altro a cui aggrapparsi: vanificate le pretese di trovare un lavoro sicuro, strapagato, pieno di soddisfazioni, così come le speranze di mettere su casa e famiglia senza strangolarsi di debiti, la mia coscienza non ha molto altro da rinfacciarmi. Se non QUESTO.

Non vorrai mica andare in vacanza, che c’è la fame, non solo nel mondo ma soprattutto sul tuo conto in banca. Non vorrai mica andare in vacanza e ABBANDONARE TUTTO??!

Ok, tutto cosa, mi verrebbe da chiederle.

Quel lavoretto saltuario per cui lavori ufficiosamente 8 ore al giorno per esserne pagata si e no 2? La mansarda di 2 metri per 3 che ad agosto si trasforma in una trappola mortale e che tuttora non ti puoi permettere di mantenere, ma che non hai cuore di lasciare, dopo tanti anni?

Tutto cosa? Il telefono che “prima o poi potrebbe suonare ed è qualche mega multinazionale che mi vuole offrire un posto da megamanager”? si, certo.

Ma parti tranquillamente per l’Aalaska, dico io. Vai, stai serena proprio.

E tuttavia, questi sono esattamente i pensieri che si aggirano per la mia mente disoccupata, per l’ennesimo anno di fila. Il senso di colpa che strisciante si fa strada nei miei pensieri e, già lo so, mi rovinerà anche quei pochi giorni in cui vorrei “staccare la spina”.

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Senso di colpa, vi chiederete: e perché mai? Cosa hai fatto di così male per torturarti con il senso di colpa? Del resto lo stato di disoccupata, sei tu la prima a dirlo, giammai è stato voluto, ma è stato subito, ti è stato imposto, non te lo sei mica… “guadagnato” o “meritato”. Ti è capitato.

Alcuni si beccano le malattie più disparate, a te è toccata la disoccupazione. Anzi, sei anche più fortunata di altri, e quindi?

E quindi, c’è che un pezzo di “cervello della ggente”, quello plasmato dalle convenzioni sociali e dalle “abitudini di prima” (prima della disoccupazione), ancora ce l’hai dentro, da qualche parte, il bastardo, e ti sussurra. Di sentirti in colpa, per questo spasmodico desiderio che hai di fare come tutti, TUTTI QUANTI in questa Italia di esodati che grida alla miseria ma è da giugno che vede partenzine e partenzone verso le assolate coste… mandare a fanculo tutto e PARTIRE. Per andare in vacanza.

Si perché se da un lato il “lavoratore” normodotato, quello che fa le sue brave 8 ore e poi gli casca la penna così come lo stacanovista senza speranza che vive in ufficio, prima o poi ha DIRITTO di andarsene in vacanza per quei 15/30 sudati giorni di ferie comandate, il disoccupato… il disoccupato che diritto ha?

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Non ha diritto al lavoro, figuriamoci alla vacanza.

Vive costantemente “in vacanza”, ma quando è ora di andarci sul serio? Gli atteggiamenti (mentali più che altro) spaziano fra le ampiezze dello spettro della luce visibile e anche invisibile: dalla negazione, al rigetto, allo stato di ansia costante, al pessimismo e fastidio, al desiderio spasmodico, e così via.

E allora come fanno, mi chiedo io, COME fanno gli altri? La ggente, la ggente disoccupata, come fa?

Vorrei davvero tanto saperlo..e una volta saputo vorrei fare come loro. Vorrei fare come la ggente, essere come la ggente.

Si, perché non so se lo sapete, ma sono stanca. Stanca tanto, spossata. Esaurita. Sfinita.

Dal far nulla, così come dal far troppo. Dal pensare troppo. Dall’eterno berciare e dal mai risolvere. Dal continuo rimandare e mai definire. Dal non staccare mai.. dalla disoccupazione.

Sfinita dalla disoccupazione, si, ma anche dal non staccare mai la spina da questa situazione. La disoccupazione, con tutto quel che ne consegue, diventa uno stato mentale oltre che materiale, e non ti molla più, lo abbiamo già ripetuto alla nausea.

Anche se trovi un lavoro, ti senti comunque disoccupato (ti pagano poco, non ti assumono, non hai certezze, ti rinnovano da un mese con l’altro, etc. etc.). Anche se vai in vacanza, non ti senti mai in vacanza, ma anzi ti senti in colpa. Anche se scappi su Marte, stai sempre così.

Una disoccupata su Marte.

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Che continua a tormentarsi con una domanda: ma la ggente, l’altra ggente, come fa?


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