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Una donna madre, africana e mussulmana alla guida della Corte Penale Internazionale
Creato il 28 giugno 2012 da Gianfrancodv @Gdv1964Fatou Bensouda è nata a Banjul in Gambia il 31 gennaio 1961, si è laureata in Nigeria ed ha svolto un master a Malta divenendo una delle massime esperte di diritto marittimo. Dopo vari incarichi di prestigio, pubblici e privati, nel suo paese, tra cui alcuni di governo, dal 2004 e' diventata Vice-Procuratore Generale della Corte Penale Internazionale. Il Procuratore Generale della Corte è stato, dal 2003 al 2012 (l'incarico dura nove anni) l'argentino Luis Moreno Ocampo.
La Corte, che ha sede all'Aia, in Olanda, ha una storia travagliata e ancora complessa. Nonostate si parli di un simile organismo sin dall'immediato dopoguerra (quando fu istituito il processo di Norimberga), bisognerà aspettare la fine del 1994 (dopo l'ennessimo genocidio, quello del Ruanda e la pressione politica di molte associazioni, tra cui i radicali italiani) perchè la discussione internazionale riprenda con vigore. Il 17 luglio 1998 a Roma viene firmato un accordo (e lo Statuto) che istituisce la Corte, con il compito di perseguitare gli individui che commetto i crimini e non gli Stati. Bisognerà aspettare il 1 luglio 2002, quando con la ratifica del 60° stato, la Corte diviene a tutti gli effetti operativa. Il primo processo iniziò il 26 gennaio 2009, a carico del congolese Thomas Lubanga (primo arrestato, il 17 marzo 2006, su mandato delle Corte). Lubanga, capo militare nelle seconda guerra del Congo, è stato condannato in primo grado il 14 marzo 2012 a 30 anni di reclusione per una serie di crimini tra cui stupro, tortura, arruolamento di bambini soldato, mutilazioni e crimini contro l'umanità.
E' da notare che ad oggi solo 121 paesi su 194 del mondo hanno ratificato l'accordo (l'ultimo il Guatemala nell'aprile 2012), accettando di fatto la competenza della Corte e il suo Statuto.
Sono 32 i paesi, che pur avendo siglato l'accordo di Roma, non hanno ratificato lo Statuto, tra di essi Stati Uniti, Russia, Israele, Angola, Egitto e Sudan.Sono invece 41 i paesi, che non hanno siglato nemmeno l'accordo di Roma, e tra di essi la Cina, l'India, il Pakistan, l'Etiopia e la Mauritania.
Dietro a motivazioni di facciata, più o meno afferenti al diritto internazionale, si nasconde la non volontà degli stati non firmatari, di permettere ingerenze della Comunità Internazionale anche su fatti di simili gravità. Mentre questo è comprensibile (che non significa che sia giusto) da paesi come il Sudan, dove il suo Presidente è indagato per crimini contro l'umanità per i fatti del Darfur, appare decisamente inaccettabile per le grandi democrazie del mondo e per paesi che si candidano, tra gli emergenti, a guidare il mondo. Ricordiamo che stiamo parlando di "crimini seri che coinvolgono la Comunità Internazionale" e non dei ladri di merendine!
Fatou Bensouda, troverà presso la Corte alcune importati procedimenti in corso che riguardano fatti avvenuti in Repubblica Democratica del Congo, il Repubblica Centrafricana, in Uganda (il procedimento che riguarda Joseph Kony), il Sudan e il particolare il Darfur (in cui è imputato il capo di stato Al Bashir) e la Costa d'Avorio (che pur non avendio ancora ratificato lo Statuto ha accettato la giurisdizione della Corte).
Alla Corte la signora Bensouda oltre a trovare l'attuale Presidente sudcoreano Song Sang-Hyun, troverà come Cancelliera anche l'italiana Silvana Arbia, nominata nel 2008 e già uno dei magistrati che ha indagato per contro del Tribunale Penale Internazionale per il Ruanda sul genocidio. Sancara ha parlato di Silvana Arbia presentato il suo libro sui fatti del Ruanda Mentre il mondo stava a guardare.
Confidiamo che Fatou Bensouda e Silvana Arbia, due donne straordinarie, possano contribuire fortemente a fare giustizia (rimarcando il fatto che crimini del genere non possono essere lasciati impuniti ovunque nel mondo e da chiunque siano stati commessi) e a creare sperenze per le vittime di crimini inauditi.
Cito volentieri una frase dal libro della Arbia, che spero possa essere il faro che guiderà per i prossimi anni il loro lavoro.
"appurare i fatti, capire come siano potuti accadere, approfondire le motivazioni dei colpevoli, ascoltare i racconti dei testimoni, ovvero ristabilire la verità, significa restituire giustizia e dignità non solo alle vittime, ma a tutti gli uomini, nessuno escluso".
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