Il 4 novembre sembra una festa non più attuale.
Il federalismo più o meno taroccato, le lotte intestine dentro il governo, tra le istituzioni, con l’opposizione, mentre l’Italia è al centro della bufera, additata dai partner europei come paese debole o poco affidabile, fanno passare in seconda linea la ricorrenza dedicata alle Forze armate e all’anniversario di Vittorio Veneto.
Eppure un filo sottile continua a legare il popolo alla sua terra, nella celebrazione del 150°dell’Unità e della scomparsa di uno dei più grandi statisti del nostro paese, Luigi Einaudi, che diede un contributo fondamentale, con il suo insegnamento e con il suo esempio, alla ricostruzione della patria, martoriata dalla guerra e alle prese con il dramma della povertà e della disoccupazione susseguenti alla distruzione bellica.
Certamente i tempi non paiono propizi, ma la volontà di reagire in buona parte della società civile comincia a farsi sentire, magari in forme inusitate, protestatarie, contestatrici e ribelli al predominio delle caste di varia natura, le quali se, da un lato, non possono rappresentare la nazione vera, dall’altro costituiscono un obiettivo da abbattere e superare per consentire la rinascita della comunità. Questa, nella memoria collettiva non può essere lasciata allo sbando, perché vive ancora nel ricordo dei padri e delle generazioni passate, intente, con il sacrificio della vita e con la fatica generosa di moltitudini di cittadini operosi, animati dal senso di appartenenza ad una cultura millenaria, ha ancora la forza di rigenerarsi per costruire unitariamente un avvenire migliore per sé ed i propri figli e nipoti.
Senza retorica, ma anche senza rassegnazione, festeggiamo dunque il completamento del Risorgimento nazionale ed i militari di tutte armi che costituiscono il punto di riferimento ed il simbolo dell’Italia unita.
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