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Una notte nelle antiche case di Shirakawa-go

Creato il 30 giugno 2014 da Patrickc

Perché dormire nelle gassho zukuri, patrimonio dell’umanità Unesco. Sembrano uscite da una fiaba ma raccontano di una dura vita fra le montagne

Qui è tutto finto, in un certo senso. E allo stesso tempo è tutto  incredibilmente vero. Vero come le antiche, grandi, case di contadini gassho zukuri che popolano questa valle, stretta fra le montagne che dividono Takayama da Kanazawa. Il loro nome in giapponese significa “case costruite come le mani giunte in preghiera” ed è facile capire perché, guardando la loro forma triangolare, fatta per resistere alle grandi nevicate di questa zona. Alcune di queste case hanno 250 anni e punteggiano la splendida valle come in un paesaggio di fiaba. Ma l’apparenza idilliaca nasconde parte della storia: queste case hanno ospitato generazioni di contadini che vivevano una vita durissima e dormivano stipati a decine in enormi camerate. E il panorama non era così. Ogimachi, il villaggio più famoso dell’area di Shirakawa-go è di fatto un museo a cielo aperto ha una storia molto recente: è qui che sono state trasportate e ricostruite pezzo dopo pezzo le vecchie case che cadevano in rovina, disseminate nelle valli, abbandonate dai contadini e dai loro figli che nel dopoguerra si spostavano nelle città. In Giappone lo spopolamento delle campagne è avvenuto in modo brusco, repentino, totale: oggi ben il 78 per cento dei giapponesi vive in grandi città, è la percentuale più alta al mondo. E se non si fosse fatto questo gigantesco lavoro di salvataggio si sarebbe persa un’intera cultura rurale con secoli di storia. Un progetto unico, ambizioso e riuscito: dal 1995 Shirakawa-go e la vicina area di Gokayama sono patrimonio mondiale dell’umanità Unesco.

Le case Gassho zukuri di Shirakawa-go

Le case Gassho zukuri di Shirakawa-go (foto di Patrick Colgan, 2013)

Molte case ora fanno parte del museo che racconta la vita di un tempo, regolata dalle stagioni, dal lavoro nei campi, dall’allevamento bachi da seta. Altre case sono minshuku, pensioni a conduzione familiare (vedi dove dormire in Giappone). Le gassho zukuri trasformate in pensione spesso sono gestite dai discendenti delle stesse famiglie che le avevano abitate un tempo che hanno compiuto il percorso inverso, tornando sui monti. Il gestore della casa dove dormiremo parla solo giapponese e non capisco tutto quello che dice, ma colgo il senso. Dopo una splendida cena sta narrando agli ospiti seduti intorno all’irori, il braciere al centro della stanza, la storia della sua casa. C’è solo la luce di una tenue lampada a olio. L’unica concessione alla modernità è un televisore che accende pochi minuti solo per mostrarci fotogrammi di questo racconto: le immagini che scorrono mostrano decine di volontari, un intero paese, che lavorano con determinazione per rifare il tetto della vecchia casa. Poi festeggiano tutti assieme con un grande pranzo. Questa è la storia di una comunità che ha saputo difendere e far continuare  a vivere le proprie radici.

Ogimachi (foto di Patrick Colgan, 2013)

Ogimachi (foto di Patrick Colgan, 2013)

Alcune case, più piccole, che fan parte del museo a cielo aperto

Alcune case, più piccole, che fan parte del museo a cielo aperto (foto di Patrick Colgan, 2013)

Una vecchia foto di abitanti di queste case

La vecchia foto di abitanti di queste case

La vista dal punto panoramico di Shiroyama (Japanexpertna, da Wikimedia commons)

Dormire in una Gassho zukuri

Cena in minshuku

Cena in minshuku

Il villaggio è incantevole (per Andrea è il più bello del Giappone) e il museo è molto interessante. Vedere queste case sotto la neve – è gennaio – è una sequenza di immagini indimenticabili. Ma qui, per capire meglio la valle e immaginarsi il silenzio di un tempo, bisogna passare la notte, aspettare che i pullman dei visitatori di giornata se ne vadano, che Ogimachi perda il suo vestito turistico. Bisogna rimanere soli nelle strade buie e vedere le luci soffuse delle vecchie gassho zukuri che si accendono una dopo l’altra. Poi cenare in casa, assaggiare la famosa carne di queste zone, ascoltare la quiete sdraiati sul futon durante la notte, immaginare la vita durissima che una volta si svolgeva fra queste pareti. Se qui non si passa la notte, si vive l’esperienza solo a metà.

Le case dove dormire sono numerose e il modo migliore per trovare un alloggio è con il sito Japanese guesthouses che fornisce intermediazione gratuita. Noi abbiamo dormito da Koemon, una casa splendida e confortevole. Ma a Shirakawa-go ci sono anche altre sistemazioni che si possono prenotare su siti come Agoda: ci sono anche un ostello e un albergo-onsen con splendide terme (aperte anche ai visitatori) su un terrazzo all’aperto. D’inverno fare il bagno nell’acqua bollente davanti alla neve è un’esperienza imperdibile.

Come arrivare a Ogimachi

Per Ogimachi, il villaggio più famoso di Shirakawa-go ci sono bus regolari da Takayama e Kanazawa, due città ben servite da treni e bus e la cui visita è consigliatissima. Su questi bus non vale il Jr pass (qui gli orari, circa 50 minuti da Takayama, poco più di un’ora da Kanazawa). Raggiungere Gokayama, meno turistica e più remota è più difficile e bisogna prendere un ulteriore bus da Ogimachi o da Johana, dove c’è una stazione dei treni (qui gli orari del bus).

Link

Alcune foto di Shirakawa-go (Traveljapan blog)


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