Riflessioni a caldo sulla sentenza di assoluzione di Rignano Flaminio
Paolo Franceschetti
1. Il problema. 2. Le soluzioni. Le strade da percorrere. 3. I rischi e i benefici di questa soluzione.
1. Il problema.
Scrivo questo articolo per due motivi.
Innanzitutto, dopo i fatti di Rignano Flaminio e l’assoluzione vergognosa di tutti gli imputati, voglio fare alcune riflessioni a caldo. Riflessioni che nascono da anni di esperienza, ormai, nei poteri occulti, tanto da aver accumulato a livello personale, o studiato altrove, una serie impressionante di casi di malagiustizia al di là di ogni immaginazione.
In secondo luogo voglio rispondere a quanti mi chiedono: Paolo perché non ti occupi di Rignano? Cosa pensi dei fatti di Brindisi? Cosa pensi di questo delitto e quell’altro?
Non scrivo nulla in proposito un po’ per ragioni di tempo, ma soprattutto perché chi segue il nostro blog ormai ha capito perfettamente che dietro ai fatti di Brindisi c’è lo Stato, che semina il terrore per creare il disordine sociale (la mafia non è così idiota da ammazzare dei bambini innocenti, perdendo il consenso sul territorio, di cui invece ha un bisogno estremo). Non scrivo su Rignano perché, anche dopo la conferenza sulla pedofilia che abbiamo fatto a Roma l’anno scorso, organizzata da Forza Nuova, col magistrato Paolo Ferraro, è abbastanza chiaro cosa c’è dietro a questa vicenda (la mamma di Rignano è stata illuminante su questo).
Il sistema, insomma, i lettori del nostro blog l’hanno capito e ad ogni delitto e ad ogni strage dovremmo ripetere sempre le stesse cose.
Il problema vero, quello su cui occorre confrontarsi e su cui voglio scrivere, è invece un altro. Occorre trovare delle soluzioni.
Mi trovo spesso a parlare con Luigi Coppola, un testimone di giustizia abbandonato dallo Stato che gli ha negato il regime di protezione; e non è facile spiegargli che non è dallo Stato che deve pretendere giustizia, perché pretenderla dallo Stato equivale a chiedere protezione allo stesso soggetto da cui ci si deve proteggere.
Mi trovo a parlare con Milica Cupic, con cui sono stato di recente ad una trasmissione a Radio Ies ove abbiamo parlato del suo caso. Il marito, generale dell’esercito, ha ucciso la figlia di sei anni a botte; qualche tempo dopo uccide un sottufficiale dell’esercito con le sue mani, facendo poi passare il caso per suicidio. Milica ha prove documentali – scritte e audio – inoppugnabili di quanto dice, ma nessun tribunale ha mai fatto qualcosa, nonostante, in teoria, il marito sia perseguibile tuttora. Come far capire a Milica che la strada dei tribunali non è quella giusta? Come indicarle la strada giusta (se c’è)? Come farle capire che il suo appello che pubblica di frequente su facebook che inizia con “MI STANNO UCCIDENDO…: SONO VITTIMA DI UN COMPLOTTO INIMMAGINABILE, SUPPORTATO DA CHI AVREBBE DOVUTO PROTEGGERMI, MAGISTRATI E AVVOCATI”, è totalmente inefficace dal punto di vista comunicativo? Anche perché, per coloro che conoscono il sistema, questa frase suona come la scoperta dell’acqua calda.
Mi sono trovato, e mi trovo continuamente, a parlare con familiari di persone uccise, suicidate, rovinate economicamente, con la complicità di magistrati, avvocati, operatori di giustizia. Talvolta si tratta di poliziotti, finanzieri, colleghi avvocati che impattano per la prima volta contro il mondo dei poteri occulti, e a cui rispondo sempre la stessa cosa: “giudiziariamente non si può fare nulla; se la sente di affrontare decine di migliaia di euro di spese, per un risultato praticamente nullo?”
In genere la risposta è no. La maggior parte della gente abbandona, e per giunta alcuni si fanno anche l’idea che io faccia il gioco della massoneria, e sia un massone che tende a scoraggiare la gente. “Lei è la punta più elevata e sofisticata della massoneria”, mi disse una volta una signora “perché dice di voler combattere questi fenomeni e invece non fa altro che consigliare di arrendersi”.
In realtà non consiglio affatto alla gente di arrendersi. Il problema è che non è facile far capire alla persona che la soluzione deve partire da se stessi e non dallo Stato.
Poche sono le persone come Paolo Ferraro, o come fece a suo tempo Gabriella Carlizzi, che hanno trasformato la loro esperienza negativa di giustizia negata in una risorsa. Sia pure con differenze di vedute e di metodo. devo ammettere che Paolo è uno dei pochi che ha imboccato la strada giusta, ovverosia rimboccarsi le maniche, e cercare di fare operazione di denuncia, studio, consapevolizzazione del pubblico, oltre che di politica attiva, relegando la battaglia in tribunale a quello che merita, ovverosia un mero orpello quasi del tutto inutile.
In questi anni mi sono reso conto che il problema della giustizia è enorme, ed è immensamente superiore a quanto chiunque possa anche solo lontanamente sospettare. Il problema, per dirla in termini brutali, è insormontabile. Il 99 per cento dei cittadini non ha la minima idea di come stiano realmente le cose nel settore della giustizia, e anche molti colleghi avvocati e magistrati faticano a capirlo.
I processi più delicati infatti vengono affidati sempre agli stessi magistrati e agli stessi avvocati; il che significa che se anche è vero che la maggioranza dei miei colleghi è onesta ed in buona fede, come lo è la maggior parte dei magistrati, è altrettanto vero che la schiera degli onesti difficilmente riuscirà a capire come stanno veramente le cose, perché non viene loro permesso l’accesso ai processi più importanti.
E quei pochi che arrivano a capire il sistema senza essere corrotti vengono nel migliore dei casi emarginati, nel peggiore ammazzati (in genere suicidati, o in incidente, il che rende impossibile far capire anche ai familiari le cause della loro morte).
Il sistema in cui viviamo è infatti strutturato in modo da far dirigere i processi più importanti e delicati sempre agli stessi giudici e agli stessi avvocati; quando il giudice o l’avvocato sono onesti, il sistema avrà cura che si tratti di un novellino, che non riesca quindi a capire le manipolazioni effettuate nel (e attorno al) processo.
Il risultato di questo stato di cose è quindi il seguente: dal dopoguerra ad oggi abbiamo avuto decine di stragi, rimaste tutte senza colpevoli. I mandanti erano in realtà i vertici del potere finanziario e massonico, mentre gli esecutori erano i nostri servizi segreti, e proprio per questo sono andati tutti impuniti. Oltre 90 stragi, centinaia di morti, ma nessun colpevole. E quei pochi colpevoli individuati sono andati assolti o sono latitanti.
Dal punto di vista dei singoli omicidi, i casi più importanti (Mostro di Firenze, Simonetta Cesaroni, Emanuela Orlandi, Sarah Scazzi, Ciccio e Tore, Chiara Poggi, Bestie di Satana, Cogne, Erba, ecc.) o rimangono impuniti o vengono incastrate persone che non c’entrano niente, spesso spinte a confessare con motivazioni varie.
La maggioranza degli omicidi, se commessi da colletti bianchi, rimangono non solo impuniti, ma neanche arrivano all’attenzione dei mass media e nessun giudice inizia neanche uno straccio di indagine.
Cerco quindi ora di dare una risposta alla domanda, sempre la stessa, ossessiva, che mi suona in mente da anni, e che mi pongono regolarmente, con disperazione e sconforto, tutte le vittime di queste vicende.
Premesso che adire le vie giudiziarie è sempre e solo una perdita di tempo, e che tentare di dare rilievo a queste vicende attraverso le maggiori testate giornalistiche e televisive vale più o meno come chiedere aiuto a Riina per un delitto commesso da Provenzano, occorre cercare una strada alternativa.
2. Le soluzioni. Le strade da percorrere.
Prima strada. Organizzazione di comitati, o gruppi spontanei, di cittadini, che svolgano delle inchieste parallele. Gruppi di cittadini, che spontaneamente, per interesse, amore della giustizia, divertimento, o qualsiasi altra motivazione, decidano di indagare autonomamente sui fatti più importanti di cui si occupa la cronaca, ma anche su quelli trascurati dai media.
Seconda strada (parallela o alternativa all’altra). Un inchiesta autonoma effettuata dai familiari delle vittime coinvolte dei vari processi, come potrebbe essere il caso di Rignano Flaminio.
L’inchiesta, con le sue conclusioni precise e definitive, potrebbe poi essere firmata da decine, centinaia, migliaia di cittadini, e portata all’attenzione di tutti i giornali, le tv, locali e nazionali, i blog, le associazioni, ecc. Meglio sarebbe se nel gruppo di firmatari ci fossero ex magistrati, avvocati, giuristi, criminologi, che si assumano la responsabilità di fare propria questa inchiesta.
Il resoconto finale, unitamente agli atti di indagine, e a tutti gli atti processuali, dovrebbe essere messo a disposizione di tutti su dei siti dedicati, o su siti come il nostro e altri simili.
Facciamo due esempi. Il primo con Rignano Flaminio e il secondo con un caso di cui mi sto occupando in qualità di legale, quello delle Bestie di Satana.
Per il caso di Rignano dovrebbe essere redatto un documento (una vera e propria controinchiesta) che indichi in modo preciso i fatti, gli addebiti, e i nomi dei colpevoli. Questa controinchiesta (ovviamente supportata da tutte le prove che ci dovrebbero essere in un processo regolare), dovrebbe essere firmata dai genitori dei bambini, e possibilmente sottoposta ad avvocati, ex magistrati, cittadini, che vogliano leggerla e si sentano di sottoscriverla. Dovrebbe poi essere pubblicata in rete, unitamente alla sentenza del tribunale ordinario e agli atti del processo ordinario, e divulgata il più possibile.
Facciamo ora un altro esempio, questa volta ancora più concreto perché nasce da una mia esperienza personale.
Il processo alle Bestie di Satana è stato una montatura colossale. Per rendersene conto è sufficiente andare sui luoghi del delitto, e verificare la totale incompatibilità dei luoghi con la dinamica dei racconti dei cosiddetti pentiti. Per fare ciò non ci vuole un esperto, perché qualunque persona di buon senso è in grado di rendersene conto da sola.
Se all’epoca fosse nata una sorta di controinchiesta da parte dei genitori, degli avvocati, degli amici, ecc., e fossero stati pubblicati on line tutti gli atti in tempo reale, forse le cose sarebbero potute andare diversamente.
La strategia seguita dai manipolatori occulti di questa operazione è stata quella del divide et impera; 1) dividere il gruppo di amici (Paolo Leoni, Eros Monterosso e Marco Zampollo, ma anche Nicola Sapone, il quale aveva una posizione processuale più complicata, ma che comunque coordinata insieme alla posizione degli altri avrebbe prodotto risultati eccezionali); 2) rendere inefficaci le loro singole strategie difensive; 3) manipolare le prove e condizionare il processo mediante tecniche apposite, comprendenti la manipolazione dei testimone chiave.
Nessuno ha mai fatto negli anni un’operazione di controinchiesta, né giornalisti, né semplici cittadini, né i familiari dei ragazzi incastrati; e nessuno ha mai messo on line gli atti del processo, cosa invece molto importante, perché anche solo da quelli è possibile evincere l’innocenza dei ragazzi condannati.
3. I rischi e i benefici di questa soluzione.
Vediamo i benefici di una controinchiesta.
Anzitutto il giudice, avrebbe maggiore difficoltà ad emettere una sentenza scandalosa con la sicurezza della complicità dei mass media, perchè non avrebbe più la certezza che le sue malefatte rimangano sconosciute.
Occorre considerare infatti che il mondo del giornalismo, specie nei giornali di provincia, nelle piccole testate o in quelle meno controllate dal potere, è composto di molte brave persone (non a caso molte delle notizie più interessanti sono venute, negli anni, da settimanali come Gente, Oggi, Cronaca Vera e pubblicazioni minori perché meno controllate); molti giornalisti seri ed onesti avrebbero quindi accesso liberamente e facilmente a del materiale che non sia quello già predisposto ad hoc per depistare.
Ci sarebbe quindi, per il giudice, un alto rischio che la verità venga a galla anche in testate prestigiose, con un rischio altissimo per la credibilità del giudice stesso. Il che, in ultima analisi, si tradurrebbe in una maggiore possibilità di ottenere sentenze giuste.
Un sito in cui trovare on line le principali controinchieste dei cittadini, poi, avrebbe un vantaggio ulteriore, perché permetterebbe di scartare a priori, tra le fonti di informazioni (giornali, TV, perizie criminologiche, ecc.), quelle in buona fede da quelle in mala fede; infatti ogni studioso serio che si cimenterà con un determinato caso dovrebbe per forza, anche solo per confutarli, prendere in considerazione i risultati della controinchiesta.
Per esemplificare, oggi chiunque si occupi di 11 settembre deve fare i conti con il lavoro di inchiesta di Massimo Mazzucco. E quando, negli articoli su questo argomento, non trovo citato non dico la persona di Massimo, ma perlomeno le sue teorie, ho immediatamente la percezione dell’inaffidabilità del libro o dell’articolo.
Chiunque si occupi del Mostro di Firenze deve necessariamente fare i conti con l’ipotesi complottista e della Rosa Rossa, così come tale ipotesi deve essere presa in considerazione quando ci si occupa di Jack Lo Squartatore.
Ho ricavato infatti un’impressione positiva dalla lettura del libro di Giuliani, Vinci, Mignacca “Il Mostro di Firenze. Uno, qualcuno, centomila”, perché, sia pure con taglio diverso dal mio e senza sbilanciarsi troppo, si occupano comunque del fenomeno “Rosa Rossa”.
Altra impressione positiva l’ho ricavata dal lavoro di un membro del Cicap, Massimo Polidoro, perché nei suoi lavori, pur partendo dal preconcetto che l’ipotesi complottista vada scartata a priori, perlomeno cita tali teorie; il che è una dimostrazione di un modo di fare giornalismo in modo serio, anche se non necessariamente imparziale.
L’altro vantaggio sarebbe quello di offrire finalmente ai cittadini una fonte di informazione attendibile, non allineata con il giornalismo di regime. Un blog o un sito che offra delle vere e credibili controinchieste, documentate in modo rigoroso, potrebbe raggiungere un numero altissimo di lettori.
Basti pensare che molti articoli del nostro blog sono vere e proprie controinchieste; la stessa cosa vale per i video di Massimo Mazzucco sull’11 settembre, sull’omicidio Kennedy, e su altri argomenti, o per il sito dedicato all’omicidio di Luigi Tenco. Il successo del nostro sito e di altri similari, insomma, deriva dal fatto che presentiamo una realtà alternativa a quella ufficiale, ma credibile e documentata. Immaginiamo quindi l’interesse che potrebbe suscitare un sito che presenti controinchieste su tutti i maggiori fatti di cronaca del paese.
Col tempo tale fonte di informazione potrebbe addirittura arrivare a livelli alti di credibilità e diffusione, da costituire quasi una fonte ufficiale (un po’ come accade con gli atti delle commissioni parlamentari di minoranza, le interrogazioni parlamentari ecc., che dal punto di vista pratico servono molto poco, ma assolvono ad una importantissima funzione conoscitiva).
Qualche editore potrebbe poi pubblicare queste controinchieste, ovviamente quando si siano prese tutte le misure giuridiche per prevenire i contrattacchi economici che il sistema sferra a chi ha questo tipo di iniziative.
Queste controinchieste potrebbero addirittura servire per denunciare magistrati corrotti dove sia evidente la complicità col sistema e la collusione con la criminalità, e avvocati che palesemente hanno lavorato agli interessi della controparte.
I rischi? Alti, ovviamente. Ma chi opera nel mio settore sa già che va incontro a rischi altissimi e sicuramente sarà pronto a rischiare; del resto l’unione di più persone, e la collaborazione tra esse, potrà diminuire di molto il rischio individuale, sia esso il rischio della vita, o quello di una querela per diffamazione.
Ancora una volta la mia esperienza con le Bestie di Satana può fornire uno spunto.
All’epoca del processo i genitori dei vari ragazzi coinvolti e incastrati in questa farsa, e gli stessi imputati, non si sono coalizzati tra di loro e non hanno collaborato. Questo non ha permesso loro di avere una visione unitaria della vicenda, e ha permesso a chi ha manipolato il processo di fare carne di porco di un gruppo di amici unito e coeso, ma completamente estraneo ai fatti contestati.
Oggi la situazione è diversa.
Spontaneamente, si è formato un gruppo di ragazze (soprattutto), ma anche di ragazzi, che ha creato un gruppo facebook, “Gli sfigati di Satana”. Alcune di queste ragazze di loro spontanea volontà hanno offerto aiuto e collaborazione per le varie ricerche, fornendo contributi molto importanti.
Dopo poco tempo il gruppo è stato oggetto di minacce di vario genere. La coesione del gruppo, oltre ad una visione abbastanza chiara del disegno generale perseguito a monte dai manipolatori occulti dell’operazione, ha permesso fino ad oggi al gruppo degli sfigati non solo di resistere, ma anche di perseguire importanti risultati.
Piano piano sia io che il gruppo – che è stato fondamentale in questo – stiamo convincendo anche i genitori deir agazzi in carcere ad occuparsi attivamente della vicenda, evitando di stare alla finestra a guardare passivamente, magari in attesa che dall’alto cali un deus ex machina che dichiari innocenti i loro figli.
Un fronte comune di genitori, vittime, avvocati e liberi cittadini che perseguano come obiettivo quello di trovare la verità, può ottenere importanti risultati, sia processuali che informativi.
Non a caso ho individuato fin dall’inizio del mio lavoro un punto di forza della revisione del processo nell’amicizia dei ragazzi in carcere. La mia non era una formula retorica o poetica, per scrivere un articolo in più, ma una convinzione profonda, che nasce proprio dal conoscere a fondo i meccanismi processuali che sono dietro a queste “operazioni”. Sono convinto, cioè, che più di ogni altra cosa, il successo della revisione dipenderà dall’unione e dal fronte comune che sapranno fare i ragazzi che sono stati incastrati in questa operazione (Leoni, Monterosso, Zampollo, Sapone).
Occorrerebbe poi pensare ad associazioni di cittadini che si preoccupino di fondare comunità, o mettere comunque a disposizioni case per coloro che, come Milica Cupic, Luigi Coppola, e tanti altri, rischiano, a causa della loro battaglia, di trovarsi senza lavoro e senza casa.
I comitati dei familiari delle vittime che faranno queste controinchieste, poi, potrebbero organizzarsi per prevenire gli attacchi che il sistema sferra regolarmente a coloro che svolgono onestamente il loro compito e cercano realmente la verità: perdita del lavoro, della casa, salassi da Equitalia, denunce per diffamazione, ecc.
Tutto questo non significa che la strada giudiziaria debba essere abbandonata totalmente; significa invece che essa deve essere considerata per qual è, ovverosia uno strumento inefficiente al servizio del potere, che però può essere migliorato, rafforzato e potenziato da questa via alternativa.
La strada per migliorare la società passa per il singolo, o per le associazioni di singoli, e non per gli strumenti che offre il sistema (politica, giustizia, ecc.), che servono invece unicamente a fregare il cittadino con mezzi molto sofisticati.
La riscossa e il cambiamento devono partire da noi, non possiamo aspettare che lo Stato ci dia giustizia, quando è lo Stato stesso a creare volutamente l’ingiustizia.