'Da Sofia'; si chiamava così il ristorante davanti casa mia, ed era uno dei più famosi dell'Avellino di un tempo. Rinomato così tanto che ci venivano a pranzare spesso delle celebrità.
Quando ciò accadeva, subito partiva la voce: 'Venite, add'a Zofia ci sta 'o cantante o l'attore Tal dei Tali' e chi veniva a conoscenza dell'evento si precipitava a vedere dal vivo il beniamino di turno.
Una pasquetta di circa 50 anni fa la voce annunciò che 'add'a Zofia è venuto Aurelio Fierro!'.
Aurelio Fierro: gloria e vanto della canzone napoletana con origini irpine essendo nativo di Montella ('So' cafone 'e fore', amava dire di sé), all'epoca era nel pieno della celebrità.
Ovviamente accorremmo da tutte le case del circondario; poche case, a dire il vero, essendo una zona all'epoca solo rurale, ma brulicanti di persone: tranne i miei che erano uno strano caso di coppia con figlia unica, i vicini avevano almeno 5 o 6 figli ciascuno. Si radunò così una piccola folla davanti al ristorante, tutti in attesa di un saluto, un sorriso, un cenno dell'Aurelio nostro. Ma la celebrità, presa dal succulento piatto di spaghetti che aveva davanti, non ci dava audienza. Allora nonno Michele prese in mano le redini della situazione e organizzò tra i presenti un coro, che a squarciagola intonò: 'Ué Lazzarella, ventata 'e primmavera, quanno passe tutt'e mmatine già te spiecchie dint'e vetrine..'
Dall'interno del locale Aurelio Fierro, così provocato, rilanciò: 'Sulo nu cumplimento te fa avvampa' e così dicendo inforchettò l'ultima porzione di spaghetti.
Il coro, ringalluzzito, mentre la celebrità ingoiava la forchettata, ribatté: ' Ma Lazzarella comm si', tu nun me pienze propri'a mme!'.
Aurelio, risciacquata l'ugola con un sorso di buon vino, si alzò dal tavolo e venne verso il coro intonando 'E ride pe m'o ffa' capi' ca perd'o tiempo appriess'a tte'. Il coro, vedendoselo davanti, ebbe un attimo di timidezza, ma Aurelio li incitò con quel suo sorrisetto dolce e accattivante a continuare e la canzone fu completata tutti insieme, in un tripudio finale di applausi e strette di mano. Allungò la mano anche verso di me, ma io, aggrappata a nonno, nascosi repentina anche la faccina nella sua giacca. Ero una bimba di 4 o 5 anni, timidina e schiva. Nonno allora per rassicurarmi mi prese in braccio e fu così che, non avendo concesso la mano, fui l'unica ad avere una carezza e un bacio sulla guancia da Aurelio Fierro.
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