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Una ricetta dello chef Enrico Crippa

Da Alessandratioli
Una ricetta dello chef Enrico Crippa

Enrico Crippa

Piazza Duomo


Per dirla col filosofo Charles Sanders Peirce, l’Occidente è prigioniero dai suoi segni di scrittura: alfabetici,
numerali, musicali ma anche gastronomici. Siamo giocati da una semiocrazia di cui ci crediamo soggetti ma che in realtà domina ogni nostra pratica quotidiana e quindi anche i nostri giudizi, che da quella sono scolpiti. 
In questo vortice, tutti i simboli gastronomici d’Oriente sono avvertiti come perturbanti, angosciosi, qualcosa di cui sghignazzare o tacere. Non saremo mai grati abbastanza al lecchese Enrico Crippa, allora, per il lavoro di encoding con cui da anni decripta il Giappone nella nostra cucina, attingendo a un tenue metalinguaggio del gusto che no
n ha paragoni nel Paese. Ad Alba, oltretutto, capitale italiana del gusto reazionario e fucina di materie prime di sangue blu. La calata in scena del cuoco sulla retta via della cucina d’avanguardia fu retta dai fili possenti di Michel Bras e Gualtiero Marchesi, zenith e nadir di Crippa. Ma ciò non vuol dire nulla: Guglielmimpietro giocò accanto a Ronaldo e Weah ma gli influssi benefici non si intravidero mai.
Il nostro cuoco non solo s’imbevve della cultura sacrale del prodotto dei due maestri, ma oggi convince sgattaiolando via dalla morsa che lo avvinceva, schizzando piatti di logica propria e di estetica ineccepibile. Perché il segno è anzitutto visivo. Ma l’apparenza è il vestito della sostanza. È così che al Piazza Duomo oggi esperiamo il significato di umeboshi, lapsang souchong e fiori commestibili 10 volte più saporiti della frutta. Su una solida base langarola, però, che nel novembre 2012 l’ha catapultato fino a brillare di tripla stella. Noi ricorderemo a lungo la Crema di patate, uovo di quaglia e tè e l’Agnello sambucano arrosto, camomilla e latte di capra. Veri e propri ossimori gustativi: minimalismi pittorici che in bocca deflagrano. Folgori che sbriciolano la cortina che separa mondi lontanissimi.
La cucina economica ha selezionato per voi una ricetta dello chef Enrico Crippa, agnello sambucano cotto arrosto, formaggio di capra e bietole.
Una ricetta dello chef Enrico Crippa
Ingredienti per 4 persone
Per l’agnello
4 carrè di agnello sambucano
2 spicchi d’aglio
1 rametto di finocchio secco
burro
sale e pepe
Per il formaggio di capra
100 g di latte di capra
1 g di agar-agar
50 g di formaggio di capra fresco
Per la finitura
purea di limoni canditi
sugo di agnello
foglie di bietola sbollentate
liquirizia in polvere
semi di finocchietto
olio d’erbe (ottenuto frullando e filtrando prezzemolo e dragoncello, sbollentati e strizzati, con una quantità doppia di olio extravergine di oliva)
sale di Maldon
Procedimento
Per l’agnello
Arrostire i carrè con l’aglio, il finocchio, il burro, sale e pepe, mantenendoli rosati, poi lasciarli riposare in caldo.
Per il formaggio di capra
Portare a ebollizione il latte con l’agar-agar, lasciare raffreddare e frullare con il formaggio, fino ad ottenere una crema.
Finitura
Collocare lateralmente su un piatto piano un po’ di purea di limone candito, dall’altro lato sistemare il formaggio e nel mezzo il carrè d’agnello con la sua salsa e le bietoline sbollentate, precedentemente condite con olio verde e sale. Spolverizzare di liquirizia e semi di finocchietto prima di servire.
credit/identitagolose.it/gianlucabiscalchin/scattidigusto.it

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