Un giorno di gogna non fa male a nessuno. Come dicono i filosofi più in gamba, è tutta esperienza. Su GIORNALETTISMO.COM
ROBERTO SAVIANO 18/06/2012 Ospite della «Repubblica delle idee», che è come dire il tempio della società civile, la massima icona della società civile ha confermato che di idee in testa ne ha una sola. In compenso quest’idea ha allargato i suoi orizzonti spaziali fino a comprendere tutto il pianeta terra. Per quelli temporali si è fermata, con verginale modestia, ma solo per il momento, al 1929, l’anno della grande crisi. E’ l’inizio del «grande romanzo», che certo non mi sono premurato di ascoltare – bastano e avanzano gli highlights che trovate nelle gazzette – né mi premuro di illustrarvi, tanto avete già capito tutto. Certe perle però non meritano l’oblio. Come questo suggerimento, su cui i nostri pm potrebbero lavorare con molta soddisfazione per almeno mezzo secolo: «Non si può dire che la crisi è colpa delle mafie. Non è così semplice. Però le mafie non hanno mai investito sui derivati e i titoli tossici. Come mai? Perché sapevano, sapevano prima». O come questa, d’ispirazione marzulliana: «E’ la mafia che si è capitalistizzata? No: è il capitalismo che si è mafiosizzato» Voi ridacchiate, lo so. Ma pensate invece allo scalcagnato camorrista o al povero mafioso tipo, un emerito coglione nel novantanove per cento dei casi: è con questa roba che si tira su quando, suo malgrado, cedendo ad un momento d’introspezione a lungo represso, si rende conto di essere un fallito. E’ allora che tira fuori i CD coi discorsi di Saviano e parte per l’iperspazio.
FABIO FAZIO 19/06/2012 E’ ufficiale: sarà il Pippo Baudo della società civile a presentare la prossima edizione del Festival della Canzone Italiana di Sanremo. E tornerà pure ogni lunedì sera su RaiTre a fianco di Roberto Saviano per il Festival dei Pipponi Edificanti con contorno di nani e ballerine responsabili e consapevoli. Ai tempi della partitocrazia qualche frattaglia restava sempre sul terreno. La Migliore Italia invece s’è mangiata tutto: neanche le canzonette ha lasciate ai buzzurri. Prossima tappa: culi e tette. Etichettati «burlesque», s’intende.
FRANCESCO COCO 20/06/2012 Francesco piaceva molto a Berlusconi. Era belloccio, moro, aitante. Silvio lo guardava invidioso e paterno. «Se avessi il tuo fisico, spaccherei il mondo», gli diceva. E non pensava solo al bel sesso. Pensava anche al rettangolo verde. Infatti per l’estetica berlusconiana, che ha una sua insospettabile finezza, calcio e donne sono enti che viaggiano di conserva, e si compenetrano quanto si tocca il sublime. E’ per questo che pur preferendo il Barcellona al Real Madrid, Silvio in cuor suo spasima più per l’armonico fustacchione Cristiano Ronaldo che per l’incredibile piccoletto Lionel Messi. Dovete capirlo, il Cavaliere è gentiluomo all’antica, romantico: nella sua immaginazione uno sterminatore di tori, un matador dell’area di rigore, un collezionista di femmine sono una cosa sola. E una cosa sola con lui, quando felicemente raggiunge l’estasi. Francesco, testa matta, lo deluse, perdendosi dietro alle bellone invece di tenerle per le briglie come una superba quadriglia di cavalli di razza. Oggi Francesco ha messo la testa a posto. Perfino troppo. «Sostenevano che fossi gay, ma io dico: e allora? Anzi, ben vengano gli omosessuali in Nazionale», ha detto, allineato e coperto, intervenendo sulla grande questione del giorno. Sarebbe stato perdonabile, se non avesse voluto strafare chiudendo con quel mai ben spiegato e zuccheroso «hanno una marcia in più», che ai gay non si fa mai mancare, quando li si vuole compiacere. Poveretti.
SILVIO BERLUSCONI 21/06/2012 Che un campione della pedata non capisca una mazza di calcio, inteso come gioco di squadra, è possibilissimo. Pensate a Maradona, che peraltro non ha mai brillato anche in tutto il resto dello scibile. Quindi non sorprendetevi se un imprenditore di successo di economia, intesa come massimo sistema, non capisce un tubo, e anche meno di me. E’ il caso dell’incompreso Berlusca, meritevole invece in quasi tutto quello che gli viene rimproverato. Anche Silvio, dunque, insiste sulla necessità di un ruolo semidivino da “prestatore in ultima istanza” per la Bce. Per poi mettere tutti quanti la testa a posto? Noooo… per continuare a percorrere la larga strada della perdizione. Sentitelo: «Si esce dalla crisi solo con una Banca centrale che assuma i debiti degli Stati che partecipano all’Eurogruppo e che paghi al momento opportuno i titoli pubblici in scadenza. Oggi paghiamo più del 6% gli investitori che impiegano il loro denaro in titoli di Stato mentre il Giappone, che ha un debito pubblico doppio del nostro, riesce a collocare i titoli di Stato di nuova emissione all’1% di interesse», in quanto, continua lo sciagurato «gli investitori che investono in titoli giapponesi hanno la garanzia che alla scadenza il Giappone paga stampando moneta, come fa la Fed.» Sugli aspetti puramente tecnici e sulla proprietà lessicale del discorso del grande Silvio non metto bocca, anche se ho il sospetto che i più pedanti fra gli economisti soffriranno atroci pene nel cuore. Formalismi, ai quali tempre napoleoniche come quelle di Silvio e del sottoscritto spezzano le reni con una scorreggia. Solo ti faccio notare, mon camarade, che il meccanismo infernale da te lodato è quello stesso che ha messo in ginocchio le economie dei paesi ricchi, che ha scoraggiato il non remunerato risparmio, che ha spinto ad indebitarsi anche i morti di fame, che ha creato le bolle, che ha italianizzato infine quasi tutto il mondo occidentale, dopo che i salvataggi delle banche hanno fatto esplodere i debiti pubblici. Quello non è mica liberalismo economico. E’ libertinismo economico. O bunga bunga economics, per farci capire dal popolo.
LA TRATTATIVA RITRATTATA 22/06/2012 La dietrologia sta dietro ai fumettoni della Storia Deviata. Essendo mobile, qual piuma al vento, non le si richiede grande scrupolo. E tuttavia, alla lunga, se proprio non vuole essere chiusa in un bordello, o in un monastero, una qualche coerenza la deve pur dimostrare. Ci sono voluti solo vent’anni alla nostra ottima magistratura per scoprire che al tempo della Trattativa non regnavano né Craxi né Berlusconi, ma Ciampi e Scalfaro; che il 41bis fu applicato per i mafiosi dopo la morte di Falcone, non prima; che a sospendere l’applicazione del 41bis per qualche centinaio di mafiosi fu la nobile figura del ministro Conso, non una canaglia, il quale fece anche in tempo ad essere candidato ufficiale del Pds alle elezioni presidenziali del 1992: il giorno della strage di Capaci, che catapultò Scalfaro alla presidenza, prese più voti di tutti. Beninteso, questa tardissima capitolazione di fronte alla realtà dei fatti doveva servire solo per tenere in vita con qualche elemento concreto, che non fossero i poemi ciancimiani, la mistica languente della Trattativa; per dire che anche poi, al tempo del Berlusca, la Trattativa sarebbe continuata, e tutte le altre scemenze spaziali. Uscita dalla metafisica, la Trattativa ha causato qualche fastidio all’ex democristiano di sinistra Mancino, antiberlusconiano della prima ora, con qualche spiacevole polemica che ha coinvolto anche il presidente Napolitano. E improvvisamente, la Trattativa – avete notato? – ha perso molto del suo sex-appeal nei corridoi della grande stampa. La storia dell’orso dovrà essere riformulata al più presto in qualche modo più o meno soddisfacente: per il momento adelante, con mucho juicio.
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