Avevo programmato da settimane, in agenda pagine vuote per ferragosto, sperando tranquillità. Invece le circostanze inattese costringono ad altro.
Sono disordinata dicono, ma è l’agenda il mio ordine del mondo, che trasformo da caos a cosmos ogni volta, perché trovo insopportabile perdere tempo, buttarlo via solo per inadeguata organizzazione. Oriento così le circostanze, inquadro diversamente il tempo delle giornate, per trarre qualcosa di positivo anche dall’inaspettato, per accordare armonicamente l’inatteso al quotidiano. È un bisogno interno di dare senso, anche al tempo. Perché tal fatto capita in tal ora e luogo? A me? Perchè anche se il fatto è brutto o doloroso, a trovarci un senso non è stato tempo della vita buttato, perso.
Per riprendermi dai piani che si scombinano, dalla vita che cambia direzione, dalla terra che trema sotto i piedi senza che intorno ci sia un appoggio sicuro, la prima condizione è calmarmi dallo stupore dell’inaspettato. Riordinando i nuovi avvenimenti, cercandone il senso, arriva la calma e ci si prepara a comprendere. La conoscenza arriva dopo l’accettazione anche mentale degli avvenimenti, quando questi cominciano ad appartenerti, come esperienza. Riflettere su quel che ci accade è la porta psichica che apre su tutte le altre dimensioni, invisibili perché intellettive e proprio per questo misteriose. Ci si conosce soltanto se si impara a capirsi partendo dal mistero del senso delle cose che avvengono. Abbandonando le proprie vecchie posizioni o convinzioni per comprendere nel modo più imparziale.
Ed è meglio non darlo a vedere perché le persone quando ti vedono pensare si preoccupano: “ma cosa c’è da capire, le cose stanno così, non c’è un senso e basta. Mica ti starai ammalando?”.
Strano che in tanti non sentano questo bisogno di dare senso a ciò che parrebbe caso. In fondo alla fine si comprende sempre anche se è vero che quando si è dentro al fatto, tutto resta nella nebbia. Come quando si legge un giallo; alla fine il colpevole è rivelato eppure se si è bravi ci sono indizi sufficienti fra le pagine per individuarlo prima, e viene spontaneo provarci.
C’è un ordine nell’universo a cui vorrei far assomigliare la mia agenda. Potrebbe sconvolgere il cinico più convinto, infrangere la mentalità più superficiale tanto l’evidenza risplende. E non capirla mi fa sentire come la civetta che cerca di vedere le cose alla luce del sole e per questo solo intravede.
Il senso di tutte le cose che capitano, il mandala che lega il mondo ad un supermondo di cui il mandala è la chiave di lettura, il testo del Siracide che parla di un’entità chiamata sapienza (sofia.. quando si deve spiegare questo termine si fa riferimento sempre ai filosofi greci mentre è proprio qui il suo vero significato a mio parere) che assiste alla creazione del mondo e quindi ne conosce la causa e lo scopo. È una percezione inequivocabile, ma talmente vaga… so che potrei arrivarci anche guardando a come si spostano, cancellano, arrivano e combinano i fatti in agenda. Per questo è uno stress, ogni piano inaspettato, senza preavviso.. ne prendo nota ma ne cerco il senso. Sennò perché tenersi un’agenda? Anzi tre.. l’agendone inseparabile, quello medio con il necessario da ricordare e segnare, l’agendina da borsetta (o da “kit di sopravvivenza”).. devo decisamente risolverli questi miei problemi con il senso inaspettato del mondo e del tempo prima o poi..