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#Usa2012: elezioni e lezioni (americane) #election2012
Creato il 09 novembre 2012 da Intervistato @intervistatoIn generale i presidenti ci provano tutti (a passare alla storia) anche al di là della ricchezza personale. Quello che interessa è la memoria collettiva, storica, quello che studieranno di te i ragazzi delle prossime generazioni a scuola, quanti visiteranno le biblioteche intitolate ai presidenti stessi. E quando questi non riescono a farlo negli anni della loro amministrazione, si impegnano dopo con la filantropia (quella vera).
Barack Hussein Obama, nel suo discorso nella notte di Chicago, dopo essere stato rieletto per altri quattro anni alla Casa Bianca, ha detto cose belle e importanti, come è accaduto spesso in questi anni. La frase che più è rimasta è quella, che vedo già riciclata anche in Italia, sul bello che deve ancora venire. Di questo sono sicuro. Sarà difficile perché il Congresso è ancora repubblicano con una larga maggioranza. Obama, che ha già fatto la storia, con la sua biografia, vuole scrivere però più di una pagina di storia. I secondi mandati di solito vengono usati così, in America. Salvo incidenti di percorso.
Il ringraziamento, non formale, ai volontari della sua campagna (oltre moglie e figlie) è l'altra cosa che, chi ha letto tra le righe del discorso di Chicago, ricorderà. La campagna di Obama, la gioiosa macchina da guerra del presidente non ha eguali nella storia americana (come pure la racccolta di denaro, le donazioni anonime e non). Si è detto (e ci sono già le cifre che confermano) dell'entusiasmo affievolito dei giovani, degli studenti dei colleges, il motore nella macchina del 2008. Entusiasmo compensato dalle donne, dai latinos, dagli asiatici, dai gay, dai veterani dell'esercito (e scusate la macedonia demografica).
Atti concreti di governo per questi gruppi o comunque promesse hanno confermato e allargato il blocco elettorale del 2008. Nel caso degli "illegali", i lavoratori senza documenti, dopo averne deportati più di tutti i presidenti prima di lui, Obama ha disegnato per loro una strada alla cittadinanza che vedremo quanto concreta. Come ha fatto tutto questo, riuscendo a far passare in secondo piano la debole performance economica e una percentuale di disoccupati con cui nessun candidato alla Casa Bianca prima di lui era riuscito ad entrarci?
Prima di tutto per quello che Obama stesso rappresenta. E questo non si può insegnare. Ma soprattutto per una campagna che ha messo insieme vecchio e nuovo, che ha incrociato i social media con i comizi e il porta a porta come nessuno era mai riuscito prima. La prima autentica campagna elettorale digitale ha dei guru, naturalmente, ma non sono questi gli ingegneri della vittoria.
Io indicherei Cheryl della Pennsylvania, mamma di cinque figli, che ha fatto centinaia di telefonate e bussato a non so quante porte. Porte selezionate perché scelte con i criteri di quel "microtargeting" che è diventata la parolina magica di queste elezioni. Mutuata da quelli della Procter&Gamble, il gigante che paga con i suoi spot da sempre la televisione commerciale americana, l'idea di indirizzare messaggi diversi a gruppi demografici differenti è diventata scienza applicata in queste elezioni. Le email che abbiamo ricevuto mia moglie ed io erano spesso diverse per contenuti anche se poi alla fine chiedevano le stesse cose, una piccola donazione e impegno da volontari. Le centinaia, migliaia di Cheryl nei dieci stati che sempre decidono le elezioni hanno sconfitto la televisione e i suoi spot. Con questi ha lavorato invece soprattutto la campagna di Romney. Cosa che, intendiamoci, ha fatto anche la campagna di Obama, con un record di spot negativi del 75%. Cioè di messaggi da 30 secondi rivolti unicamente ad attaccare l'avversario. Ma il vantaggio incolmabile di Obama è di avere avuto le gambe e la testa in più operazioni e di averle magistralmente tessute insieme con un filo d'acciaio di cui Cheryl e i volontari come lei sono stati l'anima.
Su questo scheletro la campagna di Obama è stata capace ancora una volta di soffiare passione politica, senza cui non si vincono elezioni. Il cambiamento, la speranza, il sogno sono parole. Ma evocano una visione. Promettere di far pagare meno tasse non è una visione. E l'America ha scommesso ancora una volta sull'ottimismo che è la benzina (storica) del paese. Lo vedo anche in questi giorni della tragedia dell'uragano Sandy.
Ma questo è un altro discorso.
Andrea Salvadore | @americanatvblog
(American) elections and lessons
I'll start with Italy. One thing has always surprised me about Berlusconi, about his political era. Who arrives rich by family and/or his work to power in America (Roosevelt, Jefferson, Jackson, Madison, Kennedy) tries to make history. Richer than Romney, had he been elected, was only George Washington, if we make a comparison. Berlusconi is much richer than anyone who has ever been at the White House.
Generally all presidents try (to make history) even beyond personal wealth. What is of interest is collective, historical memory, what the children of the next generations will study about you in school, how many will visit libraries with the names of the presidents themselves. And when they can't manage to do this during the years of their administration, they do it later with philantropy (the real one).
Barack Hussein Obama, during his speech in the night of Chicago, after being re-elected for other four years at the White House, has said things that are beautiful and important, how it has often happened during these years. The phrase that has remained more impressed is the one, which I already see recycled in Italy as well, about the best that is yet to come. I'm sure about it. It will be difficult because the Congress is still republican with a large majority. However Obama, who has already made history with his biography, wants to write more than one page of history. Second mandates are usually used this way, in America. Unless there are any incidents on the way.
The informal thanks to volunteers of his campaign (apart from wife and daughters) is the other thing that those who read among the lines of the Chicago speech will remember. Obama's campaign, the joyful war machine of the president has no equals in American history (just as the fundraising, the anonymous and not donations). It's been said (and the numbers confirm), that the enthusiasm of young people, college students and the motor of the 2008 campaign has diminished. Enthusiasm made up for by women, latinos, asians, gays, war veterans (and excuse me for the demografic salad).
Concrete government acts for these groups, or promises for them, have confirmed and widened the elections base of 2008. In the case of "illegals", the workers with no documents, after sending home more of them than any president before him, Obama has designed a path to citizenship for them that we will see just how concrete will be. How has he managed all this putting in second plan the weak economical performance and a percentage of unemployment with which no other candidate before him had managed to enter the White House?
First of all because of all the things that Obama himself represents. And you can't teach that. But especially because of a campaign that has put together new and old, that crossed social media with rallies and door-to-door like never before. The first authentic digital elections campaign has gurus, of course, but they aren't the engineers of victory.
I would say it was Cheryl from Pennsylvania, mother of five, who has made hundreds of phone calls and knocked on uncountable doors. Selected doors because chosen with the criteria of microtargeting, which has become the magic word of these elections. Borrowed from Procter&Gamble, the giant that has paid the American commercial television with its ads since forever, the idea of sending different messages to different demografic groups has become applied science in these elections. The emails my wife and I received were often different in content, even though in the end they asked for the same things, a small donation and volunteers. The hundreds, thousands of Cheryls in the ten states that have always decided the elections have defeated television and its ads. With these, on the other hand, Romney's campaign has worked quite a bit. Which, don't get me wrong, Obama's campaign has done as well, with a record of negative ads of 75%. Which means 30 second messages only aimed to attack the opponent. But Obama's unbridgeable advantage is that he had head and feet in more operations, and masterfully managed to tie them together with a steel line of which Cheryl and other volunteers like her have been the heart and soul.
On this skeleton Obama's campaign has been able once again to inspire political passion, without which elections cannot be won. Change, hope, dream are just words. But they have a vision. Promising lower taxes isn't a vision. And America has bet once again on the optimism that is the (historical) fuel of the country. I can see it these days with the tragedy of hurricane Sandy.
But that's another story.
Andrea Salvadore | @americanatvblog
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