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Vanishing on 7 th Street ( 2010 )

Creato il 09 luglio 2012 da Bradipo

Vanishing on 7 th Street ( 2010 )Dopo avermi quasi annichilito con Session 9 e il suo manicomio, avermi inquietato non poco con L'uomo senza sonno e avermi fatto fare incetta di bezodiazepine per non sentire le vocine dentro con Rumori e tenebre, è normale che aspettassi con una certa trepidazione il nuovo film di Brad Anderson.Eppure c'era qualcosa che non filava nel verso giusto.Lo spunto da puntata di Ai confini della realtà o di  X Files poteva essere indicativo ma pensavo che con un talento registico come quello già dimostrato, il bravo Brad sicuramente avrebbe bypassato queste ingombranti presenze.Inoltre la prima magnifica sequenza mi aveva quasi distolto. Che cosa c'è di meglio di un incipit al cinema, stupendo luogo che si ammanta di metafora nella sua alternanza luce/buio, un proeizionista che è la luce dei suoi spettatori che intanto nella sala si stanno strafogando di coca cola e di pop corn?Manca la corrente, il buio ingoia tutto, ma è strano non si lamenta nessuno. Non c'è nessuno. Solo vestiti svuotati adagiati a terra quasi a voler ricordare le forme di chi prima c'era dentro.Un espediente a costo zero ma molto suggestivo dal punto di vista orrorifico.Poi i campanelli d'allarme cominciano a suonare quando entra in scena un annoiato yuppie che si è appena svegliato nel suo loft lussuoso in centro e si accorge che non gli prende lo smartphone. Si accorge pure che non funziona l'ascensore e si deve fare 23 piani a piedi ( e meno male che sta scendendo) bestemmiando in asburgico.Esce in strada e vede il nulla: incidenti a catena, fumo  e quei dannati vestiti svuotati in gran quantità.Stavolta repetita non juvant perchè sappiamo già che il signorino in strada non troverà nessuno e del resto siamo già abbastanza abituati a visioni post apocalittiche, dato che in attesa del 2012 stanno diventando quasi una moda.E' sicuramente un bel vedere, il colpo d'occhio è notevole ma affiora prepotentemente il sapore acre del deja vu.Il problema è che siamo solo all'inizio della debacle perchè il film continua a navigare a vista nel mare magnum del citazionismo sfrenato.Nella parte centrale, quella del bar sembra di assistere a un revival carpenterromeriano. L'atmosfera dell'assedio, il sapore soffocante della consapevolezza di resistere nell'ultimo avamposto umano non servono per risollevare il film e neanche aiuta la visulaizzazione di un nero pixellato e fumettoso che tutto ingloba. Non mette paura. E'solo una riproposizione dell'effetto Boogeyman, il famigerato uomo nero che ti porta via per un giorno intero, per una settimana, per un mese o per un anno intero, chissà.Più si va avanti e più avanza l'idea che questo Vanishing on 7th street sia un remake non autorizzato del bellissimo Kairo del grande Kiyoshi Kurosawa.Sicuramente Anderson non conoscerà Kairo ma beccami gallina se non conosce Pulse, il loffio ( ma almeno non  inguardabile) remake dichiarato del film giapponese.L'orrore di Anderson è adatt( at)o alla Mtv teen generation, quella che al cinema consuma quantità industriali di popcorn di plastica e beve cose indicibili.Vanishing on 7 th Street ( 2010 )Se mangi un popcorn durante Kairo come minimo ti si ferma di traverso nell'esofago.Un peccato che un cineasta talentuoso come Brad Anderson sia confinato a produzioni a budget risicato come queste con pochi attori, poche locations ed effetti in computer grafica decisamente spartani.Eppure speravo che il suo talento visivo tirasse fuori qualcosa di veramente notevole che non una versione notturna dello shyamalanesco E venne il giorno che comunque riusciva a mantenere una certa tensione fino alla fine.Brad Anderson nei suoi film precedenti si è dimostrato maestro nello scompaginare la banalità del quotidiano con piccole crepe sempre più evidenti di orrore inquietante. Qui non riesce nel suo intento fermandosi alla sollecitazione epidermica.Forse non gli si addice lo spunto fantascientifico o forse questo era un progetto a cui non teneva particolarmente  dopo anni passati a dirigere episodi di serie televisive.Anche il finale non depone a favore del film con la sua ingenua simbologia. La chiesa come estremo rifugio, due bambini ( di colore diverso per correttezza politica) e un cavallo per un nuovo inizio .Il sogno nel cassetto di un qualsiasi telepredicatore.Accanto alla mancanza di ogni spiegazione di questa apocalisse che strisciando su muri e pavimenti ha ingoiato tutto ( che forse non è neanche un male assoluto, talvolta è meglio evitare spiegoni che valichino involontariamente la soglia del ridicolo) quasi vien da ridere vedere una Chiesa illuminata come una discoteca. Manca solo la musica.O forse la musica c'è. E' il cigno che canta del fu grande regista Brad Anderson.... 
(VOTO : 4 / 10 )

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