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Vanity “air”: tre minuti bastano per leggere.

Creato il 21 dicembre 2012 da Ela & Fabio V. @parisienneroma

Vanity “air”: tre minuti bastano per leggere.Ricevo una telefonata amichevole, ma battagliera. Lei aspirante giornalista, donna, un po’ bacchettona. Stava leggendo Vanity Fair di questa settimana e mi ha pensato. Io non l’ho letto, vero? Risolino (ndr). No, ma posso rimediare. Casualmente ne ho giusto una copia in bagno, sopra la cesta di vimini della biancheria sporca. Mi pare interdetta, è chiaro che l’ho spiazzata. Col telefono incastrato tra lo zigomo e la spalla mi faccio largo attraverso una selva di salviette di varie grandezze, pencolanti e poste ad asciugare dalle mensole come in un quadro di Dalì e facilmente lo trovo. In copertina Roberto Bolle, 37 anni, ballerino Etoile del Teatro alla Scala di Milano e del Ballet Theatre di New York. Addominali lussureggianti che brillano sotto un cappottino invernale indossato a pelle. Dove devo guardare? Un po’ dappertutto, fa lei. Poi precisa. La scritta in grassetto alla fine di ogni articolo. Sfoglio pubblicità e trafiletti vari sino ad arrivare al primo vero articolo. Prendo mentalmente nota di una fugace apparizione che per educazione sono costretto a rimandare a un secondo momento e scansiono le colonne sino al piè di pagina. C’è effettivamente una scritta in grassetto. “Tempo di lettura previsto” recita, due punti “11 minuti”. Aha. Forte, penso. Scaldando già i motori e pregustando l’occasione che mi viene fornita di confrontarmi con la velocità di lettura dei miei simili senza nemmeno dover sopportare l’onta di vedere il mio nome figurare nella lista di partenza di una grottesca e improbabile gara tra lettori incalliti. E penso anche: so dove vuoi andare a parare. E difatti, di lì a un paio di secondi la mia amica dice esattamente quello che mi aspetto che lei dica: < Che cosa triste, eh? >. Solo che adesso la voce all’altro capo del telefono suona come la campanella di uno start dentro le mie orecchie. Beh – faccio io – un po’. Secondo te perché ce lo scrivono? Perché la gente non ha tempo. E a loro piace che tu non abbia tempo. In realtà non so assolutamente cosa sto dicendo, perché mentalmente ho già iniziato la lettura supersonica dell’articolo in una folle e dissennata corsa contro il tempo. Continuiamo a parlare, ci aggiorniamo sui rispettivi lavori. Credo a un certo punto, che sia persino scesa uno o due livelli al di sotto del normale piano professionale per confidarmi qualcosa di importante riguardo la sua sfera privata. Forse in questi giorni è un po’ fragile, ma almeno io non le darò modo di pentirsene perché per sua fortuna ho ascoltato poco o nulla di quello che mi ha detto. Mentre parlava, mi stavo sbattendo come un addannato per i vari rettilinei, le curve a gomito, le frenate e le paraboliche che costituiscono la topografia dell’articolo. Sono in dirittura finale. In una forsennata enfasi da autocompiacimento dico a me stesso che forse ho diritto persino a un time bonus - proprio come nei videogames - per il fatto indiscutibilmente meritevole di essere stato capace durante la lettura di intrattenere una seconda conversazione parallela. Un virtuosismo non da poco. E quando alla fine arrivo in fondo, sono giustamente ansioso di confrontare il mio risultato personale con l’high score di tutti gli altri utenti. Quattro minuti e trentacinque. E quindici, se togliamo i venti secondi di abbuono. Comunque guarda, è veramente triste. La sua voce riaffiora dalla cornetta come una voce dal passato. Certe volte non so proprio perché lo facciamo, questo lavoro. Quale lavoro – penso io. Questo, stupido. Lavoriamo con le parole, no? Allora non l’ho solo pensato. Puoi dirlo forte. Guadagniamo sei minuti su undici con le parole, noi. Mi saluta, anzi sta per farlo. Ma poi invece non lo fa, e finalmente me lo chiede. Scusa, ma perché *bip* tieni una copia di Vanity Fair in bagno, tu?

Per risparmiare tempo, come fanno tutti – non è ovvio?

Tempo di lettura previsto: tre minuti. 


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