Puntata 7 – anno 2, 2 febbraio 2013
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Il’ja Grigor’evič Ėrenburg nel 1925
Ciao a tutte e tutti da Olga e Lara.
Hitler voleva trasformare gli ebrei in un bersaglio. Gli ebrei russi gli hanno dimostrato che un bersaglio spara. Una volta gli ebrei sognavano la terra promessa. ora l’ebreo ha una terra promessa: la prima linea di difesa.
L’autore di queste parole è Il’ja Grigor’evič Ėrenburg, ebreo, sovietico, giornalista e intellettuale, una figura chiave per inquadrare la resistenza ebraica al nazifascismo. Nonostante l’esperienza dell’Olocausto gli ebrei di tutta Europa, e in particolare dell’Europa dell’Est non son state semplicemente vittime passive, ma hanno attuato forme di resistenza cercando di sottrarsi alla violenza razziale tra la spaventosa avanzata dell’esercito nazista verso l’Urss e la raccapricciante collaborazione di alcune popolazione dell’Est che conoscevano l’antisemitismo da prima di Hitler.
Torniamo a Erenburg e alla sua attività di scrittore, che si intensifica quando l’Urss muove tutte le sue forze per annientare la follia nazista: non solo una lotta antifascista ma una lotta di liberazione nazionale, infatti motivo importante che ha fatto smuovere l’Armata Rossa è proprio l’avanzata tedesca in suolo sovietico. I popoli sovietici vengono chiamati alla resistenza e si formano dei comitati interni e uno di questi, quello ebraico è l’unico a base nazionale, che ha anche la triste caratteristica di voler essere cancellato dai nazisti. Erenburg in uno dei suo scritti afferma:
Sono uno scrittore russo. Adesso come tutti i russi difendo la mia patria . Ma i nazisti mi hanno fatto anche ricordare un’altra cosa. Io sono ebreo e lo dico con fierezza.
Erenburg come molti ebrei nell’Urss non avevano un particolare rapporto con la propria religione, e rinuncia alla specificità ebraica trovando risoluzione nel socialismo. Ma con la carneficina tedesca lo scrittore così come per altri ebrei assimilati, ripensa alle proprie origini. Erenburg raccoglie materiale in continuazione, attraverso gli articoli che scrive come inviato di guerra. Richiamando ebrei e non alla lotta antinazista senza scadere nella mera propaganda, spiega anche i momenti di debolezza dell’esercito sovietico conquistando così con la sua scrittura schietta ed emotiva credibilità e fiducia da parte di civili, resistenti e soldati, e diventando il più influente giornalista sovietico.
Il comitato antifascista ebraico, nominato Eak creato nel ‘42, è concepito come strumento di propaganda tra gli ebrei civili, tra gli ebrei nell’Armata Rossa e come sostegno ai residenti nei territori occupati. Un passo importante per lo stato sovietico che negli anni Trenta aveva ingaggiato una lotta per l’assimilazione della popolazione sovietica, soprattutto ebraica, sotto la bandiera del comunismo e del popolo proletario. L’Eak finì per essere un organo di rappresentanza ebraica, il che portò alla sua dissoluzione nel 1948 in quanto ogni manifestazione di appartenenza nazionale era visto come antagonista all’unione dei popoli sovietici.
Il sangue degli ebrei torturati nelle sinagoghe di Rotterdam date alle fiamme chiama in causa il mondo intero, così come le migliaia di tombe […] nei borghi della Polonia in cui i fascisti hanno seppellito vive le loro vittime […] non lacrime ma odio e resistenza […] ora o mai più.
Oltre gli intellettuali sovietici e l’Eak gli ebrei insorgono nei ghetti e lottano nel movimento partigiano, a volte non senza problemi vista la diffusione dell’antisemitismo anche fra gli antifascisti, altre volte invece creano delle vere e proprie unità indipendenti in cui si parla addirittura yiddish, altre volte combattono come antifascisti senza una chiara rivendicazione ebraica.
Un’unità combattente importantissima è senz’altro quella guidata dai fratelli polacchi Bielski, una comunità che cerca di crescere il più possibile, vedendo nell’aumento delle persone una difesa, perché le attività di supporto agli eserciti e ai battaglioni erano formati da chi normalmente non ne faceva parte. Sono accolti tutti gli ebrei che lo chiedono senza problemi di età, sesso. o stato di salute. Tra attacchi ai nazisti, azioni di sabotaggio la difficile resistenza nei boschi fondata sulla mutua cooperazione, l’unità Bielski si impegna a salvare vite dallo sterminio, obiettivo anteposto alla guerra contro i nazisti: salvare un ebreo diventa più importante che uccidere un tedesco.
Altre forme di resistenza ebraica sono quelle di tipo culturale caratterizzate dal mantenere in vita l’attività creativa quando tutto intorno è morte. Emmanuel Ringelbum è uno dei tanti esempi di questa forma di difesa culturale. Nel ghetto di Varsavia, il più grande d’Europa e il primo a ribellarsi ai nazisti – e per questo raso al suolo, Ringelbum coinvolge tutta la popolazione rinchiusa, compresi i bambini, a conservare ogni traccia scritta creando così un archivio clandestino: il tentativo di eliminazione degli ebrei deve lasciare delle tracce! Nel ghetto si muore di fame e le violenze sono atroci ma nell’inferno più disperato si organizzano biblioteche, incontri di studio e dibattiti segreti, a volte anche momenti ludici: ogni ballo è una protesta contro gli oppressori.
Fucili, libri, nascondigli, cucine e medicinali, casi di suicidio prima dell’arrivo del nemico, sommosse nei ghetti e nei campi di concentramento rischiando il poco di vita che rimane, volantini pacifisti, sabotaggi, intellettuali che scrivono ininterrottamente sulla necessità di reagire: la resistenza ebraica si è espressa in varie forme inserendosi nella lotta antifascista dimostrando infondato ogni pregiudizio sulla passività ebraica e il mito della non resistenza. Infatti perpetuare il cliché degli ebrei come pure vittime, o peggio come pecore che vanno al macello, non rende giustizia a una parte della loro storia.
La critica a questo pregiudizio deve inoltre essere consapevole delle false speranze date agli ebrei in cambio della loro collaborazione, la poca chiarezza sullo sterminio totale che non aveva precedenti, l’isolamento e la ghettizzazione degli ebrei e le terribili punizioni collettive, non ultima l’importante collaborazione di alcune popolazioni dell’Europa dell’Est che nella violenza antiebraica potevano spaventare anche un convinto nazista.
Per la giornata della memoria, in ricordo di tutte le vittime del nazismo, non vogliamo riproporvi la retorica acritica delle cerimonie istituzionali all’italiana, ma mettere in luce come anche in mezzo all’inferno nazista, lontano dalle nostre quotidiane difficoltà c’è chi ha rivendicato il proprio diritto a resistere ed esistere.
E con queste riflessioni vi salutiamo e vi invitiamo a visitare il nostro sito www.casoesse.org e… alla prossima puntata!