Ci sono tanti modi per ricordare le persone care che non ci sono più. Certi ricordi vengono su da soli, prodotti della malinconia più che della gioia (e questo è forse il più antico e il più naturale dei mezzi con cui sollecitiamo i ricordi, attraverso il ricordo interiore oppure visitando i luoghi di un passato che cerchiamo di ricordare).
Poi sono nati la scrittura, le immagini, (dapprima fisse, più tardi anche in movimento), i suoni registrati.
Si può ricordare anche attraverso la testimonianza di persone che hanno conosciuto i nostri cari.
A Don Vincenzo lo trovo che innaffia il suo orticello. Segue un metodo antico: attraverso una pompa convoglia l’acqua lungo dei solchi scavati a fianco delle piantine di melanzane, peperoni, cetrioli, fagiolini.
Più tardi, davanti a un limoncello fresco, fatto con i limoni del suo giardino, mi racconta di mio padre, che lo ha avuto come vicino di casa, nel suo paese in provincia di Messina, gli ultimi anni della sua vita terrena, trascorsi più sul versante messinese del Tirreno che su quello sardo.
Poi visito la sua casa.
Bighellonando per le strade che, anche se per un breve tratto di vita, mi hanno visto ragazzo, mi chiedo (come mi accade sempre più di frequente) dove andiamo a collocarci, quando stanchi del nostro corpo, ci riappropriamo della nostra dimensione?