BELMONDO.
Nell’epoca classica del liberalismo il maggiore profitto individuale coincideva con la maggiore produzione, con la maggiore utilità sociale, col maggiore reddito nazionale. Oggi, nell’epoca dei monopoli, non è più così. Il punto di maggiore profitto di monopolio è sempre al di sotto del punto di maggiore produzione. E quando si realizza una concentrazione capitalistica che rafforza la posizione dei monopoli, spesso non si realizza nemmeno un aumento del reddito nazionale; talvolta anzi si ha una diminuzione. E’ perciò che i vecchi canoni dell’economia liberale non sono più applicabili all’attuale realtà economica. Fare del liberalismo oggi significa dare libertà ai monopoli di soffocare la vita economica nazionale. E’ perciò che una politica produttivistica esige l’abbandono delle direttive liberiste nella politica economica e finanziaria. Sono necessari tutti quei controlli ed interventi relativi alla politica dei prezzi e delle importazioni; non abbandonarsi al gioco spontaneo ed automatico delle forze economiche. Aveva ragione Mauro Scoccimarro: ”La concezione liberale non risponde più alla realtà della vita economica dei paesi moderni, perché non esiste più una economia liberale, non esiste più un mercato liberale; bisogna uscire dal cerchio miracolistico del dogmatismo liberale”. (Ricordo da un racconto di Tirella).
[ C O N T R A D D I Z I O N I ]
La concezione che considera storicamente
solo i rapporti di distribuzione,
ma non i rapporti di produzione
è una critica iniziale, ancora timida,
dell’economia borghese.
D’altro lato essa si fonda
sulla confusione e sulla identificazione
del processo sociale di produzione,
con il processo lavorativo semplice,
che deve compiere anche un uomo
artificiosamente isolato, senza alcun aiuto sociale.
In quanto il processo lavorativo
è soltanto un processo fra l’uomo e la natura,
i suoi elementi semplici rimangono identici
in tutte le forme dell’evoluzione sociale.
Ma ogni determinata forma storica di questo processo
ne sviluppa la base materiale e le forme sociali.
Quando è raggiunto un certo grado di maturità,
la forma storica determinata vien lasciata cadere
e cede il posto ad un’altra più elevata.
Si riconosce che è giunto il momento di una tale crisi
quando guadagnano in ampiezza e in profondità
la contraddizione e il contrasto tra i rapporti di distribuzione
e quindi anche la forma storica determinata
dei rapporti di produzione ad essi corrispondenti, da un lato,
e le forze produttive, capacità produttiva e sviluppo dei loro fattori dall’altro.
Subentra allora un conflitto fra lo sviluppo materiale della produzione
e la sua forma sociale.
-Karl Marx-
Dalle contraddizioni il frutto di nuove verità. (renzo mazzetti)
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