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Vendere creativamente

Creato il 10 ottobre 2012 da Ekis Corporate @Ekis_srl

Nella mia esperienza riuscire a vendere creativamente è questione di personalità, attitudine, gusto per l'emulazione e la sfida ma a volte anche di un pò di sana faccia tostaNel mio ultimo articolo pubblicato su questo blog argomentavo della differenza tra vendita distributiva e vendita creativa e dell'importanza che avrebbe per ogni commerciale e ogni rete vendita cercare di espandere la cultura e l'arte della vendita creativa.

Nella mia esperienza riuscire a vendere creativamente è questione di personalità, attitudine, gusto per l'emulazione e la sfida ma a volte anche di un pò di sana faccia tosta come potrai capire dai due aneddoti seguenti, il primo tratto dalla mia esperienza e il secondo invece raccolto durante una conferenza di Mario Silvano.

Chi fa da sé … fa per tre!

All'epoca mi occupavo essenzialmente della commercializzazione di corsi di tecniche di memoria e, in tale ambito, mi trovavo alla Fiera Campionaria di Modena in cui avevamo allestito uno stand per promuovere i nostri seminari. Per catturare l’interesse dei visitatori avevamo allestito una serie di minipresentazioni in cui coinvolgevamo chi passava di fronte alla nostra postazione. Eravamo organizzati in questo modo: avevamo preparato una lavagna bianca con un elenco di numeri da 1  a 20 e, accanto alla lavagna, uno sgabello da bar con un nostro collaboratore seduto con gli occhi chiusi. La situazione era abbastanza curiosa per cui era sufficiente solleticare la curiosità di due o tre persone per poter iniziare,  poichè, una volta partiti, la presentazione andava ingrossandosi da sola. Il mio ruolo in qualità di responsabile dello stand era coordinare il tutto e guidare la dimostrazione. Dopo aver salutato i presenti, chiedevo loro di disporsi a un paio di metri dallo stand, dopodiché spiegavo a gran voce che cosa avremmo fatto e chiedevo al pubblico di dettare al collaboratore con gli occhi chiusi una parola a caso, che io scrivevo sulla lavagna. Dopo aver scritto tutte e venti le parole avremmo dato il via alla dimostrazione mnemonica. I visitatori della fiera che passavano di fronte allo stand  erano attirati da questa strana situazione: un tizio che declama a voce alta, un altro seduto a occhi chiusi al suo fianco e parole senza senso scritte su una lavagna. Quando si era formato un piccolo nucleo di pubblico la cosa proseguiva da sola per “l’effetto miele”.

Hai mai fatto caso come tutti quanti siamo incuriositi e attirati dalle situazioni in cui c’è molta gente? Vedere tante persone osservare qualcosa rende quel qualcosa improvvisamente interessante. Si tratta di un fenomeno studiato in psicologia e in marketing con il nome di riprova sociale. Tendiamo in altre parole a osservare e ad adottare il comportamento delle persone vicine a noi, senza riflettere o meno sulla validità di tale comportamento.

Purtroppo la riprova sociale funziona in tutti e due i sensi. Come era infatti facile attirare nuovi passanti quando si aveva di fronte un primo nucleo di persone, così diventava difficilissimo iniziare una nuova dimostrazione nei momenti di scarso passaggio. Vedere lo stand deserto portava le poche persone che passavano nei momenti morti a evitare i nostri collaboratori che cercavano di approcciarle come se fossero appestati.

In quei momenti la situazione diventava estremamente demotivante poiché ci si ritrovava con le mani in mano, e i  venditori iniziavano con le loro litanie e credenze negative: “Non passa nessuno”, “Oggi non gira”, “Oggi ci sono solo persone negative” etc.

Così non poteva continuare. Dovevo inventarmi qualcosa per attirare l’attenzione della gente e dare l’esempio ai miei venditori. Decisi perciò che se i passanti non erano interessati alla nostra dimostrazione e i collaboratori erano scarichi e demotivati, ebbene… avrei fatto a meno di loro!

Iniziai quindi la mia dimostrazione senza avere nessuno di fronte, ma parlando come se avessi un pubblico di fronte a me. Quando parlavo del collaboratore/memorizzatore mi sedevo sullo sgabello, chiudevo gli occhi e ne prendevo il ruolo. Quando facevo una domanda all’immaginario pubblico uscivo dallo stand, prendevo il posto dello spettatore e mi davo le risposte da solo… a voce alta! In pratica ruotavo e mi alternavo nei tre ruoli: quello del presentatore, quello del memorizzatore e quello del pubblico… Della serie: “Chi fa da sé, fa per tre”!

Prova a immaginare gli altri venditori nel vedermi mettere in scena questa pantomima! E immagina i pochi passanti che, camminando di fronte allo stand nella corsia semivuota, vedono un pazzo che parla da solo, si siede, chiude gli occhi, si rialza, si detta delle parole senza senso… Impossibile non restarne incuriositi!

Continuai con questa carnevalata per tre, quattro minuti, giusto il tempo di far fermare nella corsia di fronte allo stand un primo gruppetto. A quel punto cambiai registro. Interruppi la sceneggiata e spiegai ai curiosi con il sorriso sul volto, cosa stavo facendo e che la mia apparente pazzia era solo un modo per attirare l’attenzione, ma che, se avessero avuto un istante di pazienza, non se ne sarebbero pentiti. Simpaticamente coinvolti nella cosa, si avvicinarono allo stand. Avevo il mio nucleo di persone per iniziare la dimostrazione! Recuperai quindi un collaboratore che mi aiutasse a memorizzare le parole e proseguii come da copione.

Che grande giornata, fu quella! Mi divertii come un pazzo e superai la paura e l’imbarazzo, ma, soprattutto, che esempio diedi ai miei collaboratori! Quella era la vera essenza dell’imporsi sulle circostanze, del creare una situazione di vendita.

L’entusiasmo riavvampò nello stand e si concretizzò nella nostra più proficua partecipazione all’edizione annuale della Fiera Campionaria di Modena. Non solo: da lì in poi la “dimostrazione solitaria” divenne uno standard che i venditori più esperti rivendicavano come loro diritto a condurre a ogni contratto raccolto!

Il catalogo personalizzato per la Valle d’Aosta

Un ulteriore esempio che mi colpì molto quando lo sentii raccontare durante una conferenza da Mario Silvano, uno dei più importanti nomi italiani nel campo della formazione alla vendita, fu quello del giovane venditore.

Erano gli anni Sessanta e la Perugina era ancora poco conosciuta in ambito nazionale. Un giovane venditore neoassunto fu mandato dall’azienda a cercare di aprire il mercato in Val d’Aosta ma si scontrò subito con la dura realtà della mentalità valligiana. Nessuno conosceva la Perugina, e lui stesso veniva guardato con diffidenza in quanto forestiero. L’obiezione più comune era che non si vedeva il motivo per acquistare del cioccolato prodotto in Umbria quando ce n’era di ottimo di provenienza locale.

La difficoltà era evidente, ma il giovane venditore non si arrese. Poteva rinunciare, certo, ma si era sposato da poco, e quel lavoro era importante per lui. Fece quindi due cose.

Innanzitutto si fabbricò artigianalmente il “Catalogo Perugina per la Valle d’Aosta”. Si trattava in pratica dello stesso catalogo standard valido per tutta Italia, ma che lui rimpaginò all’interno di un porta-listini a buste trasparenti sostituendone la copertina con una bellissima fotografia aerea del massiccio del Monte Bianco. Ecco creato il “Catalogo Esclusivo” con cui solleticare l’orgoglio dei fieri negozianti valdostani!

Ciò gli spianò parecchio la strada, ma non era sufficiente: continuava a esserci una carenza di notorietà dell’azienda e una mancanza di motivazione all’acquisto da parte dei negozianti. Ricorse quindi a un secondo espediente.

Chiamò la sua giovane moglie a raggiungerlo sul luogo. La addestrò adeguatamente e quindi la mandò in giro per tutte le pasticcerie e i negozi di alimentari di Aosta nei panni del giulivo cliente che chiede se hanno del… cioccolato Perugina ovviamente!

Potevano essere Baci Perugina o altri prodotti purché fossero di quella marca, perché lei mangiava solo cioccolato dell’azienda umbra… Ma come, non lo tenevano? Ma se è così buono! Strano, era la prima volta che le capitava di entrare in una pasticceria così bella e non trovare la sua amata marca di cioccolato! Vabbè, pazienza, l’avrebbe acquistato da un’altra parte…

Riesci a immaginare la frustrazione del negoziante nel vedersi scappare la vendita? E che sollievo quando, un paio di giorni più tardi, veniva visitato proprio dal rappresentante dell’azienda in questione che, sorridente ed educato, non aspettava altro che mostrargli la meravigliosa gamma di prodotti dell’Esclusivo Catalogo Perugina per la Valle d’Aosta!

Di fronte a questa storia molti sono increduli. Roba d’altri tempi, mi dicono. Forse. Tuttavia, anche in quell’epoca, molti avrebbero rinunciato e si sarebbero rifugiati dietro la scusa dell’azienda poco conosciuta, della mentalità chiusa, del prezzo troppo alto e così via. Ma non il giovane venditore della nostra storia. Lui non si è nascosto dietro alle difficoltà. Le ha riconosciute e ha studiato il modo per fronteggiarle e superarle. Ha avuto il coraggio di uscire dagli schemi, di prendere l’iniziativa. E non è un caso se il nostro eroe è oggi amministratore delegato di un'importante azienda italiana...

Roberto  Pesce
Di Roberto Pesce - Master Trainer

(I contenuti dell’articolo sono ricavati parzialmente dal libro “Professione Venditore” di Roberto Pesce, ed. Sperling & Kupfer)


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