Si deve vendere una citta’,ai turisti.
Propagandare ,renderla attraente grazie alla rete,alle locandine nelle citta’ e negli aereoporti nazionali.
Venderla.
Bisogna farlo,bisogna farlo per forza di cose.
Non puo’ rimanere li’,sola e richiamare con le sue bellezze naturali il turista di passaggio.
La devi vendere sulla piazza.
Non importa se alla Bit di Milano o in qualche altra diavoleria di marcketing.
Bisogna darla,in pasto ai turisti,italiani o stranieri.
L’importante e’ che non sia lei,da sola,a dire:ci sono anch’io lor signori.
Taranto e’ in vendita al turismo estivo.
Nella galleria del Castello Aragonese,si verra’ a instaurare un centro di informazione turistica.Uno di quelli che ti dice cosa vedere,dove andare e dove mangiare.
Informazioni pilotate,storia di una citta’ da dare al passante incredulo di tanta bellezza.
Altre citta’,beate loro,hanno il richiamo magico senza servirsi di escamotage.
Richiamano.. e basta.
Noi dobbiamo fare diversamente,vendere il prodotto della nostra citta’ come cani in cerca del tartufo,il regalo finale da dare al padrone.
Ma il padrone,poi,siamo tutti noi cittadini di Taranto.
La nostra colpa e’ che Taranto e’ il marchio dell’acciaio,ora,adesso.
In passato no,certo.
Si “vendeva” ai passanti grazie alle sue doti naturali,fatte di mare pulito e cozze prelibate.
Per non parlare del fiume Galeso,li solo e abbandonato decantato da poeti e scrittori.
La Taranto che fu,oggi,e’ venduta a terzi,consapevoli che essa,la citta’ jonica,e’ il simbolo di una precarieta’ lavorativa fatta da irresponsabili politici e privati senza scrupoli.
Famosa per i fumi,oggi,per il mare ieri.
Si diventa protagonisti nel bene e nel male,e Taranto ha nel male la sua notorieta’.
Non basta la nazzicata dei perdoni il Giovedi’ e il Venerdì santo,no non basta.
Non basta. Bisogna essere venditori di naturalezze,di storia del passato grazie ai monumenti,far sentire il profumo della nostra magna Grecia che ci disse che Taranto era una delle grandi di allora.
Oggi dov’e’ la magna Grecia?
Dov’e’ la storia nostra che ci portiamo nel sangue?
Dove si trova la nostra radice,persa nelle colonne doriche a Piazza Castello?
Non voglio essere ricordato per cio’ che ci avvelena,non solo per questo.
Voglio essere orgoglioso di avere altro per andare fiero,sentirmi protagonista di un racconto da dire al turista ripercorrendo con lui non solo la Taranto che fu’ ma anche quella odierna.
Ma quella odierna la odio,non mi piace piu’.
Nelle ore della settimana santa,fermo il tempo. Catturo il momento del piacere delle tradizioni,annuso l’aria della mia citta’ e noto,con piacere,che e’ il tarantino prima del turista forestiero a ritrovare il piacevole momento dell’evento.
Un evento visto e rivisto da anni,da quando ero bambino.Ma l’unico rimasto,da dare al turista che con la sua macchina fotografica cerca di capire l’uomo col cappuccio bianco e il suo muoversi lentamente per le vie della citta’ vecchia o del borgo.
Taranto la si vendera’ tra poco sui fogli di carta,che il turista leggera’ e poi fara’ cadere,dimenticando cio’ che e’ stata e cio’ che e’.