E scrivere, scrivere – di qualcosa o di qualcuno – in questo venerdì dall'aspetto penzolante, in cui tutti i motori del mondo arrivano e partono ovattati, sempre più distanti. Troppo annacquate queste giornate, bisognerebbe addensarle con un pizzico di spensieratezza da condividere come il pane. Mancano invece le voci che solleticano la fantasia, le giocolerie di parole, la caccia a qualche battuta per rendere lieve questa terra, manca la dolcezza che fa riscoprire teneri i cuori e i carciofi. Tutto è ruvido, e anche il sonno, al suo riposo settimanale, completa questo quadro surrealista dalle spesse ombre. Maledetta bella stagione: risucchia nel maelström dei divertimenti, lungo le strade provinciali, verso serate in compagnia di chissà mai e perché e percome. Anche per oggi ognuno ha dato il meglio del peggio di sé. E domani, il solito consueto sabato, avrà l’anima sgualcita come l'etichetta di una bottiglia di birra lasciata a metà o un sacchetto di patatine accartocciato sotto la poltrona del cinema. Ma sì, come no, è solo una punta di autocommiserazione nel silenzio irreale che non appartiene a quest’epoca panoramica. Dalla riva della collina vedo la città che va illuminandosi di occhi, di clacson, sgommate, giri vorticosi, frammenti di vite senza collocazione La verità è che vorrei inserirmi in quel via vai via di auto e di niente smemorato che però fa star bene. Fare un po’ spettacolo di me, abbandonarmi a un’incoscienza irrituale, ecco. Lampioni dal neon indeciso, bottegai che abbassano la serranda dei pantaloni, impiegati in ritirata nella trincea familiare, passanti verso appuntamenti in attesa di appuntarsi al petto, per non rendere il vuoto a perdere un vizio della volontà. Solitudine da ricacciare dietro le linee nemiche, da liquidare al miglior offerente, da disperdere con gli idranti. È proprio venerdì sera. With the lights out, it's less dangerous… Andiamo va’...
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E scrivere, scrivere – di qualcosa o di qualcuno – in questo venerdì dall'aspetto penzolante, in cui tutti i motori del mondo arrivano e partono ovattati, sempre più distanti. Troppo annacquate queste giornate, bisognerebbe addensarle con un pizzico di spensieratezza da condividere come il pane. Mancano invece le voci che solleticano la fantasia, le giocolerie di parole, la caccia a qualche battuta per rendere lieve questa terra, manca la dolcezza che fa riscoprire teneri i cuori e i carciofi. Tutto è ruvido, e anche il sonno, al suo riposo settimanale, completa questo quadro surrealista dalle spesse ombre. Maledetta bella stagione: risucchia nel maelström dei divertimenti, lungo le strade provinciali, verso serate in compagnia di chissà mai e perché e percome. Anche per oggi ognuno ha dato il meglio del peggio di sé. E domani, il solito consueto sabato, avrà l’anima sgualcita come l'etichetta di una bottiglia di birra lasciata a metà o un sacchetto di patatine accartocciato sotto la poltrona del cinema. Ma sì, come no, è solo una punta di autocommiserazione nel silenzio irreale che non appartiene a quest’epoca panoramica. Dalla riva della collina vedo la città che va illuminandosi di occhi, di clacson, sgommate, giri vorticosi, frammenti di vite senza collocazione La verità è che vorrei inserirmi in quel via vai via di auto e di niente smemorato che però fa star bene. Fare un po’ spettacolo di me, abbandonarmi a un’incoscienza irrituale, ecco. Lampioni dal neon indeciso, bottegai che abbassano la serranda dei pantaloni, impiegati in ritirata nella trincea familiare, passanti verso appuntamenti in attesa di appuntarsi al petto, per non rendere il vuoto a perdere un vizio della volontà. Solitudine da ricacciare dietro le linee nemiche, da liquidare al miglior offerente, da disperdere con gli idranti. È proprio venerdì sera. With the lights out, it's less dangerous… Andiamo va’...
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