Ci sono momenti in cui mi rendo conto che essere nata in un'isola del Sud Italia ha determinato in maniera molto precisa il mio modo di essere e le esperienze che ho potuto vivere quando ero più giovane.
Me ne rendo conto naturalmente quando mi confronto con altre ragazze di italica provenienza ma che hanno passato la loro giovinezza in altre latitudini, da Roma in su diciamo, per generalizzare malamente.
Succede così che in un discorso fra amiche - io, due romane e un'isolana della Trinacria - si ricordino le emozioni di quel magico momento dei 19 anni, maturità fresca di registro, la prima estate di libertà, un nuovo incognito futuro davanti, pieno di promesse ed entusiasmo.
Poi sento qualcosa che non quadra: le romane snocciolano le loro esperienze diciottenni e inanellano una serie di viaggi oltremanica, ubriacature nelle isole greche, inter-rail diretti ai paesi nordici con la migliore amica del tempo.
Io e la siciliana ci guardiamo e commentiamo all'unisono " e io quell'estate stavo lottando con i miei genitori per poter andare in campeggio da sola con il mio ragazzo ". A meno di 100 km da casa, specifichiamo. Con padre a tirata di schioppo, che passava di lì così per caso, giusto per vedere che non ci fossero movimenti strani in tenda.
Il mio è stato così, il bagagliaio della sua macchina di seconda mano orgogliosamente comprata quell'estate carico di frutta e verdura, come se dovessimo affrontare 3 mesi nel deserto invece che 3 giorni nella costa sud; il terreno duro e pietroso che non eravamo stati così saggi da immaginare prima di dimenticare a casa dei materassini salva schiena; il viaggio della maturità fornellino-a-gas-questo-sconosciuto e il tonno in scatola ingurgitato fin che morte non ci colga. Era stata un'avventura, per i miei sorvegliati 19 anni. Niente treni, niente oltre confine, nessuna ubriacatura molesta . Settimane di contrattazioni e rassicurazioni per poter andare 3 - TRE - giorni in campeggio da sola con lui.
Le due romane ci guardano con un misto di tenerezza e compassione, commentando qualcosa che suona come un " uh" di sorpresa. Ai loro occhi siamo piccole donne venute da un'altra epoca. Ma io già avevo avuto qualche sospetto guardando anni fa quel vecchio film mucciniano, Che ne sarà di noi:
Non c'azzecca un'acca con me e con le vite dei miei amici dell'epoca, ancora impegnati a organizzare feste nei garage e preparare panini enormi con tutto dentro. Il massimo della ribellione.
Se poi allargo l'orizzonte di confronto alle amiche iberiche, lasciamo proprio perdere. Quando sono arrivata nella mia prima stanza barcellonese, sul muro era appesa una mappa del mondo costellata di chiodini, ce n'erano all'incirca una trentina. Erano i Paesi che la mia coinquilina aveva già visitato, da sola, a partire dai 18 anni di età, quindi nel giro di 5 anni. Roba che mia madre al vederlo pensava fossi finita nella stanza del diavolo tentatore.
Vivere su un'Isola ti condiziona, è innegabile. I confini sono più spessi, i movimenti richiedono più energie e, fino all'avvento dei voli low-cost, anche più risorse economiche. Alla fine ho lasciato l'Isola a 22 anni grazie alla sana motivazione del " al paese di lassù offrono una laurea specialistica in bla che qui non esiste". È stato il primo grande taglio della mia vita, ma così doveva essere, ne avevo bisogno. Il mare era diventato un muro ed era arrivata l'ora del mio mini inter-rail, che era in realtà un viaggio in bus di tre ore con partenza da Roma Tirburtina, destinazione università. Ma quanta fatica per arrivare fino a lì.
E ora smentitemi, vi prego, e ditemi che ho generalizzato molto male, oppure lasciatevi andare ai ricordi e raccontatemi semplicemente il vostro fantastico viaggio della maturità.