Ieri sera, nella mia ultima giornata libera prima di tornare al lavoro, ho guardato un film che avevo in programma da qualche settimana: Wild, film del 2014 con Reese Witherspoon come protagonista nel ruolo di Cheryl Strayed, autrice di Wild: From Lost to Found on the Pacific Crest Trail. È il racconto di un viaggio in solitaria, un cammino di 1770 km lungo il Sentiero delle Creste del Pacifico che Cheryl affronta nel 1995, 4 anni dopo la morte di sua madre e di un periodo dissoluto della sua vita, una caduta nel baratro dell'eroina e del sesso occasionale, conclusosi infine con il divorzio dal suo compagno storico, Paul. Inutile dire che il viaggio, durato 94 giorni, si rivela essere prima di tutto un cammino dentro se stessa alla fine del quale potrà dire di essere realmente pronta a voltare pagina.
C'è stato un momento della mia vita in cui anche io avevo bisogno DEL viaggio. Il viaggio da sola, verso una meta decisa in libertà, con un solo zaino in spalla e voglia di camminare, possibilmente molto lontano. Qualcuno mi disse che il trasferimento da questa parte del Mediterraneo era il momento del mio viaggio, lo stavo facendo sola, senza reti di salvataggio, senza un lavoro che mi pagasse l'affitto né amici ad aspettarmi all'aeroporto. Ma loro non avevano capito: il trasferimento era la necessità in quel momento, l'unica via che avevo concepito per continuare a camminare, non era un viaggio ma una nuova cosciente parte della mia vita a cui non avevo intenzione di mettere un termine.
Un viaggio per me è altro, è un cammino che ha un inizio e una fine , come un libro che inizi quando ti senti ispirata e magari non sai quando finirai - dipende da come va la vita mentre lo leggi - però c'è sempre l'ultima pagina: e quando la raggiungi accarezzi la copertina, rimetti il libro al suo posto e ne inizi uno nuovo, dopo un giorno, un mese, o quando ti sentirai pronta a cominciare un'altra storia.
Il mio primo viaggio da sola fu a Siviglia, 4 giorni, niente di wild e tecnicamente non era nemmeno la prima volta che viaggiavo in solitaria. Avevo già viaggiato sola in treno varie volte fra Milano e l'Alsazia, verso l'Austria e la Germania, con la differenza che c'era sempre qualcuno ad aspettarmi nella città di destinazione. Stavolta no, ma soprattutto era la prima volta che viaggiavo da sola nel senso sentimentale del termine . Nel viaggio in aereo verso Siviglia mi misi a piangere, mi sentivo negli occhi il peso dei mesi precedenti e trovarmi per aria mi caricava di aspettative e leggerezza.
Era il 30 novembre e a Siviglia splendeva il sole: mi sarei sistemata nel quartiere di Triana, scelto a caso su AirBnB, ospite di un musicista di Cuenca e un'insegnante di yoga argentina, non ricordo di che città. Era una casa new age, con profumo di incenso e due gatti che facevano compagnia sul letto. Mi sentivo a casa, propensa com'ero a cercare nuovi riferimenti in questa nuova vita che non aveva più (non ancora) una casa propria . E un po' a casa ci assomigliava, era un appartamento monofamiliare al pian terreno, come quella dei miei genitori, in un quartiere popolare, che poi scoprii essere famoso per aver dato i natali a diversi toreri e ballerini di flamenco.
Tenevo la mappa nello zaino, guardandola solo in caso di stretta necessità, avevo voglia di perdermi. La mattina attraversavo il ponte che separa Triana dal centro città e mi fermavo a guardare l'acqua del Guadalquivir e le arance che sporgevano dagli alberi , non avevo fretta di fare niente di più.
Camminare a Siviglia mi dava l'impressione di essere a metà fra oriente e occidente , lo sguardo catturato da pareti tappezzate di , dove mentre vacillavo fra iscrizioni in arabo e sinuose architetture mediorientaleggianti, d'improvviso mi si stagliava davanti una cattedrale gotica, che poi scoprivo essere stata costruita laddove un tempo c'era una moschea (e qualcosa nella sua architettura me lo aveva fatto pensare!).
Terminai quei quattro giorni con 629 foto, decine e decine di km sotto le scarpe, tutti camminati, senza però rinunciare a momenti di relax nella mia stanzetta AirBnb con i gatti sopra le coperte. Mi rimasero negli occhi e nel cuore la vita nelle locande di Santa Cruz, i bar storici di flamenqueros, i giardini nascosti, la salita in cima all'antico minareto, la Giralda, per godere della vista a 360º sulla città, il patio de los Alcazares Reales, e la chiacchierata serale in un bar, Las Golondrinas, con una coppia di genitori la cui figlia era in Erasmus a Napoli . E infine c'era lui, il bambino dormiente che vedevo la sera mentre tornavo a Triana attraversando il ponte dell'Alamillo.
Non avevo ferite visibili sul corpo come Cheryl, però era stato un primo passo al di là della comfort zone, il primo di una lunga serie che dura da quasi 3 anni. Ci sono stati altri viaggi dopo, via via più lunghi, in un crescendo di coraggio e voglia di esplorare la mia posizione nel mondo.
Sono diventata una fan dei viaggi in solitaria e quando qualcuno mi chiede "ma perché?" gli rispondo la cosa più ovvia: per tornare a viaggiare bene con gli altri avevo bisogno di saper viaggiare bene con me stessa .
E per voi quale è stata la prima destinazione in solitaria o - se ancora non vi siete lanciati - quale vorreste che fosse?