L’ultimo romanzo di Andrea De Carlo, intitolato Villa Metaphora, conta 921 pagine e, nonostante permetta al lettore di approfittarne con foga e avidità, non appaga le aspettative. L’autore, indimenticabile per romanzi quali Due di due, Di noi tre, Lui e Lei, Treno di panna e altri, si avventura nella descrizione di un resort lussuoso nel quale villeggeranno diverse importanti personalità internazionali per circa una settimana, a 5000 euro a notte; gli aspetti positivi della villa, assicurati dall’architetto Perusato, gestore e restauratore dell’antica costruzione voluta un tempo dal Barone Canistraterra, sono privacy, isolamento, relax e contatto costante con la natura selvaggia di Tari, la piccola isola siciliana su cui si troneggia Villa Metaphora. L’architetto Perusato porta avanti da ormai 7 anni il progetto della villa, aiutato dall’impegno sensuale della sua amante, la tarese verace Lucia Moscatigno, emblema di tutta la più carnale e terrena femminilità siciliana.
Gli ospiti del resort rappresentano le tante sfaccettature della più variegata umanità moderna: la star di Hollywood, capricciosa, persa e completamente ostile a suo marito, inventore di Life Solving, un metodo capace di risolvere i problemi della vita dei suoi clienti; due gentilissimi ma malinconici coniugi italiani; un potente banchiere tedesco e sua moglie, entrambi in fuga da una realtà troppo scomoda; una giornalista francese in incognito; un politico italiano fastidioso ed impertinente, e Lara Laremi, una ragazza italo-irlandese, figlia di un’altra storia, di un altro romanzo. Agli ospiti di Villa Metaphora si aggiungono i particolari personaggi appartenenti allo staff del villaggio: si incontreranno quindi il cuoco omosessuale Ramiro, il falegname bello e dannato Paolo Zacomel e il marinaio Carmine, espressione assoluta dell’anima di Tari.
La storia portata avanti da De Carlo, punta fondamentalmente sull’opposizione fra i rovelli materiali o psicologici che attanagliano le esistenze degli ospiti della villa e la natura potentissima e rancorosa calpestata dai loro piedi. La prima parte del romanzo punta alla scoperta della vita di ogni singolo protagonista, ognuno di loro celato nel proprio mantello fatto di misteri e parole non dette: i diversi fiumi scorrono parallelamente, chiusi nei loro argini, non ancora pronti ad incrociarsi ma prossimi ad essere svelati, scorti dietro gli alberi della vita quotidiana, dietro ai quali potevano nascondersi quando vivevano le loro realtà; piano piano Villa Metaphora, assumendo le sembianze di una prigione naturale in cui i suoi abitanti sono costretti a vivere a strettissimo contatto, conduce questi corsi ad intrecciarsi, creando affluenti, dighe e rompendo quegli argini che non tengono più. Si passerà allora dal disvelamento dei segreti dei protagonisti allo studio delle relazioni che si creano fra di loro, attirati dalla forza che Tari impone sulle loro persone e, allo stesso tempo, sempre più insofferenti di fronte alla caduta delle loro difese. La materia del romanzo è l’intera umanità, raccolta in una settimana, in una piccola isola siciliana, capeggiata da un vulcano sonnecchiante, carico anch’esso di vita soffocata.
La grandezza di Villa Metaphora è da scorgere nell’espediente utilizzato dall’autore per raccontare la storia: la narrazione in terza persona assume ad ogni capitolo il punto di vista di uno dei quattordici personaggi, condividendone pensieri, linguaggio e sensazioni, conducendo il lettore nella natura più intima di ciascuna personalità descritta nel libro. Questa tecnica narrativa è ciò che consente al romanzo di attrarre l’attenzione, in quanto realizzazione di una particolare fusione fra un romanzo in prima persona ed uno in terza, un singolare incontro fra narratori diversi con un conseguente annullamento della figura narrante. Saranno, quindi, le personalità a non annoiare nel corso della lettura di un romanzo di quasi mille pagine (l’autore arriva persino ad inventare il dialetto tarese parlato da Carmine il marinaio, con risultati straordinari), ma i punti deboli sono diversi: la trama si risolve accelerando molto nell’ultima parte del romanzo, consegnando una morale percepibile già dal primo capitolo, spesso, inoltre, si palesa una mancata cura dei particolari, che toglie veridicità ad un romanzo così carico di realtà e di umanità riconosciuta in ogni capitolo. Andrea De Carlo avrebbe potuto creare una vera opera d’arte puntando sull’organizzazione tecnica che ha scelto per un romanzo che delude nel momento in cui vuole creare azione. Ciò che rimane al lettore è una manciata di personaggi difficili da dimenticare e l’odore dei fiori e delle piante che verdeggiano di fronte ad un paesaggio marino da togliere il fiato.
Glenda Gurrado
Andrea De Carlo, Villa Metaphora, Bompiani, pp. 921, euro 9,90