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Vinicio Capossela e “Il paese dei coppoloni”

Creato il 10 marzo 2015 da Fedetronconi

Stamattina lo dichiaro finito“. Così attacca la sua lettera Vinicio Capossela. Lettera che serve da congedo ultimo alla sua opera e da presentazione ai lettori e addetti ai lavori. Riassume nelle sue parole il contento del suo ultimo romanzo “Il paese dei coppoloni” che sarà in libreria i primi di Aprile (edito Feltrinelli).

Vinicio Capossela e “Il paese dei coppoloni”

E così prosegue: “Da domani procede verso la stampa. Uscirà il primo di Aprile … come una specie di burla. In copertina c’è un quadro di Rocco Briuolo , nel quadro c’è questo grande orologio , che i paesani dell’Eco chiamano “la Relogia” . La Relogia ha le lancette ferme alle 8 meno venti. L’ora in cui finì un mondo .. quello della civiltà contadina , che morì il 23 novembre 1980 , col tremamento della terra. A me pare molto indicativo che quell’orologio ora segni un tempo fermo . E’ proprio in quel tempo fermo che ho sguazzato in tutte queste pagine . Nel tentativo di portare la menzogna della realtà , alla verità dell’immaginazione. Mi sono anche sentito in colpa , come un ammutinato a rimanermene così , al riparo di quelle lancette ferme. A non sposarsi con l’attualità , che è una moglie del tipo delle marescialle , delle donne petrose a cui questi uomini hanno consegnato le chiavi del recinto loro. E’ stato un sogno ripararsi a quelle lancette , l’ho fatto durare a lungo .. 17 anni …spero possa proteggermi ancora , anche ora che gli si è data una fine … I “canitrani” , paesani dell’Eco non mettono le vocali alla fine delle parole , forse per quello , perché non amano la fine .. Vituccio il conserviere , riutilizza e incanala tutto in un eterno ritorno , in un moto perpetuo , forse perché anche lui non ama la fine . Oggi sto dando una fine . Perché una vita cominci occorre che un altra muoia, così la sposa porta il lutto della ragazza , il ragazzo porta il lutto del bambino , e il vecchio porta il lutto dell’uomo . Però mi sento sgravato . Ho messo al riparo tutto quello che andava salvato . Un certo vento , una certa luna , una certa licantropia. Un’aria ampia che viene dal 1998, quando ho cominciato a scriverlo, quando ho ricominciato ad aggirarmi per le contrade dell’ Occhino, coi baffi aguzzi oltre lo sterpo. Per dividere con chi amavo un immaginario. E così ho continuato a fare”. 

Vinicio Capossela e “Il paese dei coppoloni”

Vinicio Capossela poi continua parlando della vita salutando il lettore e dando un metaforico appuntamento con l’uscita del libro con parole che solo lui sa usare: “La vita ci è passata dentro , in forma di sogno, quella che non sporca con il suo ingombro. Ha riscaldato il ferro .. ha fatto passare la notte .. come il vino di Compavicenzo.. come le parole di Armando Testadiuccello .. come la mole di Camoia, come tutta la grande epica di chi è venuto prima ed ora vive sulle bocche degli altri, come gli spettri e le creature della cupa , che si fanno vedere da uno solo alla volta per non essere credute. Guarramon.”

Vinicio Capossela e “Il paese dei coppoloni”

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