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Violenze premeditate

Creato il 17 ottobre 2011 da Oblioilblog @oblioilblog

Violenze premeditate

Più si approfondiscono le indagini della Polizia, più è chiaro che quello che è successo sabato non sia affatto frutto di un’esplosione estemporanea di rabbia. Dietro agli scontri, c’era una regia che da tempo preparava il “sacco di Roma” e non si fermerà con questo episodio.

Un direttorio forzatamente adulto ed esterno: difficile pensare che i giovani che hanno dato luogo al marasma abbiano una così alta capacità di organizzazione. Sì perché la stragrande maggioranza dei teppisti è tra i 17 e i 25 anni, uno su quattro è minorenne. Però la strategia è molto matura.

L’obiettivo è acclarato e duplice: sfruttare la copertura del corteo per devastare la più vasta zona possibile ed evitare i comizi e la festa finale a Piazza San Giovanni. Alle undici i Carabinieri di Pomezia fermano una Fiat 600 con a bordo un ragazzo e tre ragazze con a bordo l’equipaggiamento caratteristico degli incappucciati: casco da motociclista, maschera antigas, bottiglie di vetro, fionda, petardi, parastinchi, mazze, piede di porco e liquido infiammabile. Oltre all’immancabile felpa nera con cappuccio, bandana o passamontagna scuro. 

Un centinaio all’inizio si piazza in coda, mentre mezzo migliaio si imbosca all’interno del corteo. La prova generale di quello che sarà avviene poco dopo le due e mezza: su i cappucci e le bandane e assalto al supermercato Elite. Il questore Francesco Tagliente ordina di non intervenire per garantire l’incolumità di chi manifesta pacificamente. I “neri” fanno razzia e poi tornano a mischiarsi tra la folla.

Molto probabile, se non sicura, la presenza di “cattivi maestri” all’interno del corteo. Esperti di scontri di piazza che guidavano i violenti a volto scoperto, senza però sporcarsi le mani. I teppisti approfittano dell’appeasement della Polizia per scatenare l’inferno, soprattutto in via Cavour e in via Labicana. Presi di mira bancomat, vetrine, auto, cassonetti. Al centro della protesta eclatante tutto ciò che è potere borghese.

Dopo aver messo a ferro e fuoco le due vie, si passa alla battaglia di Piazza San Giovanni in Laterano, intorno alle cinque. L’intento ormai è raggiunto: la festa rovinata, i comizi saltati, gli indignati sconfitti. Qui le Forze di Polizia intervengono col pugno duro, ma i violenti resistono. La guerriglia andrà avanti per tre ore tra lanci di sanpietrini, bombe carta, molotov, cariche della polizia, lacrimogeni e manganelli. I manifestanti pacifici sono in fuga da tempo, terrorizzati.

I black block all’italiana sono un gruppo disomogeneo ma compatto: vengono dai centri sociali, dagli ambienti antagonisti e dalle curve. Si sono allenati in Val di Susa, rovinando la protesta No Tav, e il 14 dicembre sempre a Roma. Ma le ipotesi di regia esterna aumentano leggendo qualche dichiarazione rilasciata alla stampa:

Ci siamo addestrati in Grecia. Per un anno, una volta al mese siamo andati ad Atene e qui i compagni ci hanno fatto capire che la guerriglia urbana è un’arte dove vince l’organizzazione. Quelli del movimento sanno perfettamente chi siamo, noi non ci siamo nascosti.

A ciò si deve aggiungere la presenza di veri e propri hot spots lungo il percorso: zone segnalate da buste di plastica bianche dove si potevano reperire oggetti contundenti.

Ora i black block rivendicano la vittoria e, Madonnina in frantumi a parte, sostengono di non aver nulla da recriminarsi. Aggiungono che quello gli scontri sono solo all’inizio: si faranno sempre più frequenti e violenti. Addio manifestazioni pacifiche in Italia. Non che ce ne siano state molte, a dire il vero.

 

Fonti: Corriere, Il Fatto Quotidiano, Repubblica


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