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Siamo a Roma, lui è Guido, toscano, lei è Antonia, sicula, una coppia bizzarra, ma ben assortita, vivono insieme in affitto, nella periferia romana, con poche pretese, viaggiando in autobus e in motorino. Lui lavora di notte come portiere in un grande albergo, appassionato di letture latine e di martiri cristiani, molto colto, un po’ impacciato, ma senza ambizioni, o forse le ha soffocate per amore di lei, cantante di scarso successo che si esibisce nei chiassosi pub romani, dal carattere più irrequieto, lavora alla stazione Tiburtina, è intelligente, ma fiera della sua ignoranza. Si incontrano la mattina, lui la sveglia, le porta la colazione a letto, appuntamento fisso come una radiosveglia, le enuncia il santo del giorno e fanno l’amore.La narrazione è molto semplice e colorata come quella del primo Ovosodo, delizioso quadro umano di sentimenti e speranza, ma in questa storia Virzì si concentra molto sulle difficoltà che incontrano i due ragazzi, come coppia, soprattutto sull’ impossibilità di avere figli, le frustrazioni di Antonia, incapace di gestire la situazione, l’inutilità che prevale nella donna che vorrebbe essere madre, il tutto si riflette su Antonio.L’amore e la routine si spezzano, nascono equivoci, anche divertenti, incomprensioni, incontri con altri personaggi usciti direttamente dal teatro dei burattini, ma non è neanche il Virzì de La prima cosa bella che ci ha divertito e commosso, nel suo decimo film rinuncia all’ aspetto favolistico, In tutti i santi giorni emerge la nostra quotidianità, le frustrazioni, le ambizioni soffocate, la scarsa comunicazione, insomma la difficoltà della vita reale di una giovane coppia che vive in una metropoli nei nostri giorni, la realtà che sconvolge i sogni più semplici, i sogni più semplici diventano l’ostacolo che riesce a turbare i sentimenti più naturali. Per capirci è più vicino a Caterina va in città, nella storia prevalgono le diversità, certi personaggi che incontriamo anche nel Reality di Garrone così drammaticamente differenti rispetto ai protagonisti, che, più rari nella vita reale, sono i più umani, un altro esempio di cinema italiano che ormai non abbandona quella patina di amarezza sempre con uno sfondo d'ironia, per farci ingoiare la pillola, lasciando comunque un pizzico di incertezza, ma trattando sempre qualsiasi storia con estrema umanità. Tratto da un romanzo diSimone Lenzi “La generazione”, suo conterraneo,Virzì rielabora il testo e colora i personaggi caratterizzandoli ottimamente, il romano Luca Marinelli (Guido), per capirci il Gianni nella Solitudine dei numeri primi e il trans Nell’ ultimo terrestre, è davvero convincente, anche Federica Victoria Caiozzo, cantautrice siciliana, in arte Thony, che cura la colonna sonora. Il finale nell’ autobus è rubato al Laureato. Ma qualcosa non convince, forse della commedia prevale un realismo amaro, possibilista, ma grigio.Insomma, un film generazionale sui sentimenti, nel senso che ci fa capire che ormai ci rimangono solo quelli?Voto: 6
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