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Visita di Buzzi di Racalmuzzi al cimiterio

Da Bruno Corino @CorinoBruno
Stanno sempre ad esaltar li morti e mai alcuno che pensi ai vivi e alletribolazioni nostre, e affogano la penna nell’inchiostro senza mai trovare numisero aggettivo da dedicar all’intrepida memoria della mia casata, che poi nunè neanche accussì misera se pensiamo a tutta la genìa che mi precedette, sin arisalir al dotto mio trisavolo quello che vendette pe nu bellu gruzzoletto decarlini d’oro nu carbonaio agli austriaci al tempo dei risorgimentalimovimenti, aprendo accussì la strada all’ingegno di casa nostra e al mio carononno, professore de greco e de latino, liberale incallito e dannunziano senzaideali insino al Ventinove che poi divenne fascista della primm’ora, camicianera e stivaloni unti ch’avea in bocca sempre belle paroloni, che sapearecitar tutto d’un fiato alle adunanze domenicali di fronte a quelle faccebecere di miseri contadini che se lo rimiravano con malcelata cortesia, e se all’epocail ducere conquistò n’impero nu poco di merito l’ebbe pure mio nonno che educòi giovini alle pubbliche virtù impartendo aissi severa disciplina, e che dirpoi di mio padre Corbuzzi di Racalmuzzi?, sempre democristiano, granrisparmiatore, devoto alla Madonna e a san Rocco, apostolo di casa con qualchescappatella, una tantum, al postribolo giusto pe’ togliersi uno sfizio che glicostò caro, morì sifilitico e senza estrema unzione buttato in un’ospedale allacarlona, povero Corbuzzi di Racalmuzzi dalla vita proba che pagò il fio pe’ na’debolezza de la carne, lui che rispettava tutti li sacramenti e che andava amessa sempre ben vestito si fece travolgere da nu peccatuccio, eccome ci riserosti luridi zoticoni quannu seppero la notizia, ste quattro facce appiccicate infronte, mastro Peppe, Scimunito, Caca’nterra e lu Scupino, quattro amici chetracannavano vino all’osteria de lu Scumpiscio ogni santu jurno, e che sedavano tante arie pecché votavano falce e martello, poveretti, e che gridavanoviva la repubblica socialista, pane a chi lavvora, e ora mangiateve pure voista terra, polvere eravate e polvere siete rimasti, miserabile gente che mancoeravate degne di nomare il nome di Racalmuzzi, che da cinque generazioni dàlustro a ste quattro catapecchie affugate ‘nda stu angolo di mondo, che nunavete mai acconosciuta gloria, ma sulo fatica e suddore, bestie rancide bonesoltanto a portare na soma, fetore di umanità, che trapassa a li figlioli,sempre pronti a gridar contro quel gran signore ch’abbita a palazzo chiggi, chec’ha stile soldi e pure fantasia e voi invece nun tenite niente, solo invidia emaldicenza, sti quattro sparacazzi che se credono d’esser i padroni de lomunnu, e sempre pronti a far caciara in piazza, ad organizzar manifestazioni controil sindaco sfruttatore, a sobillar onesti lavoratori che di politica nun cicapiscano na minchia e che voglion soltanto portare quattro soldi in tasca, einvece no, loro a dire qua bisogna fare sciopero, bisogna pagari listraordinari, tutele sindacali, ma di che ma di chi, annatevi a farmi fotteremaramaglia de paese morto, annate a trovar qui i vostri cari estinti eringraziate chi vi dà lavoro, baciateli li mani al sindaco Scilpoti, che si saràpure rimbambito pe’ la figlia de Santino, ma per voi resta sempre un gran benefattore.

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