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Vite da star: Audrey Hepburn

Creato il 09 ottobre 2013 da Ilsegnocheresta By Loretta Dalola

Sky-Arte-HDUna donna e un’attrice senza tempo. Bruna e snella. L’incarnazione dell’eleganza. Fece innamorare il mondo intero e ancora oggi, continua ad incantarci. Audrey Hepburn non era la classica stella di Hollywood, come ci racconta l’omaggio, a vent’anni dalla sua scomparsa che Sky arte le dedica. Aveva vissuto altre esperienze rispetto alle sue colleghe americane. Esperienze che costituiranno il bagaglio delle differenze che la contraddistingueranno, rendendola  una donna e un’attrice senza tempo. Piena di garbo e humor. Persona impegnata. L’antitesi della frivolezza.  Semplice e genuina. Una delle attrici più grandi di sempre.800x600_audrey_web

Audrey Hepburn l’indimenticabile, nasce come Audrey Kathleen Ruston a Bruxelles il 4 maggio 1929 da padre inglese e dalla baronessa Ella van Heemstra, un’aristocratica olandese. In termini hollywwodiani Audrey era qualcosa di unico, segnata dal suo passato europeo, non si lasciò mai condizionare o assorbire dal mondo del cinema, rimase ancorata alle sue origini, così diverse. Lascia l’Inghilterra, paese del padre, durante la seconda guerra mondiale e si trasferisce in Olanda, perchè considerato, dalla madre, un paese più sicuro. Con senno di poi, una vera mossa infelice. Soffre la fame, alcuni parenti arrestati  e fucilati, tutta la famiglia rischiò molto e visse in condizioni difficilissime, lei fece la staffetta della resistenza e alla fine della guerra, pesava appena quaranta chili, troppo pochi per il suo metro e sessantanove di altezza. Un’esperienza orribile, mai dimenticata. Segnata per sempre, rafforzò il suo carattere. Contemporanemente i suoi drammi familiari, come l’abbandono del padre, si sommarono alle immagini angoscianti della guerra e questi eventi le procurarono una fragilità emotiva.

Finita la guerra torna in Inghilterra e studia danza. È bravissima ma il suo corpo, porta ancora addosso i segni della malnutrizione che segnano la fine del sogno di ballerina. Lavora come fotomodella. E proprio in The secret people nel 1952 interpreta una ballerina, è il suo primo ruolo importante. Fece tanti lavoretti e accettò una parte modesta in un film che le permise di andare a Montecarlo per alcune settimane dove viene notata dalla celebre scrittrice Colette, che le fece un provino per la versione teatra

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le di Gigi,  tratto dall’omonimo romanzo della scrittrice francese. La Hepburn se la cavò così bene che diventò una stella dall’oggi al domani.

Fu un debutto fulminante, grazie a questa commedia divenne celebre e dopo duecentocinquanta repliche, diventò una diva del teatro e il cinema fu pronto ad accoglierla a braccia aperte.  La fortuna la assiste e prende il posto di Jean Simmons, costretta a rinunciare, come protagonista di Vacanze Romane nel  1953. Giovanissima e ancora alle prese con la scoperta del look che l’avrebbe resa immortale, Audrey Hepburn lavora al film che le fece  vincere l’Oscar come miglior attrice. Diventò una grande stella di Hollywood. Una strella che sfuggiva a ogni cliché. Figura esile, poco appariscente, occhi splendidi, non incarnava la classica bellezza anni cinquanta. Era diversa e al pubblico, questa differenza,  piacque molto.

Domina lo schermo con la sua espressività sincera, qualcosa di assolutamente nuovo e  unico all’epoca. Billy Wilder la vuole, nel 1955,  come protagonista di Sabrina. Interpreta la figlia di un autista costretta a scegliere tra Humpherey Bogart e William Holden e  vince un altro Oscar. Recita con attori più maturi di lei, trame fragili condite dall’accuratezza di Hollywood, lei è giovane ed elegante e così l’accostamento con uomini decisamente più anziani non risulta innaturale. Nella finzione sceglierà Bogart ma nella realtà si innamora di Holden ma, lui è sposato e irraggiungibile.

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Si lascia vestire da un giovane Hubert de Givenchy che amava il nero, le donne, Parigi, la semplicità, le linee pulite, la lealtà. E le amicizie che durano tutta una vita. Come quella con Audrey Hepburn. Nacque un’intesa perfetta e un tubino nero con un largo cappello, un abito bianco da principessa decorato da fiori stilizzati, un pull a maxi trecce con un paio di pantaloni corti e sottili, una tiara di cristalli e un vestito da mille e una notte, leggero come una piuma ma intenso come un’iconografia. Mangiando una briosche davanti a una vetrina luccicante. Lo stile Audrey Hepburn e Hubert de Givenchy si incontrarono per la prima volta a Parigi nel 1953. E così dopo il cinema diventò anche un’icona della moda con quella sua linea semplice, affascinante e splendida. Il suo look piacque e continua a piacere ai giorni nostri.   Amava vestire in modo essenziale e chic, uno stile ineccepibile, un’eleganza giocata sul sottrarre più che sull’ostentare e sulla riservatezza. Hubert e Audrey non si lasciarono più e diedero vita alle più belle favole di tutti i tempi: Vacanze Romane, Cenerentola a Parigi, Sabrina e il leggendario Colazione da Tiffany. 

Recita a teatro con Ondine e incontra  l’affascinante attore, scrittore e produttore Mel Ferrer, sposato in Svizzera e padre del suo primo figlio. Poi è la volta di una storia drammatica dove interpreta il ruolo di una suora e si libera dell’immagine stereotipata che le avevano cucito addosso. Ebbe il coraggio di confrontarsi con un ruolo molto diverso dal solito e lo fece in maniera molto efficace al punto da ricevere un’altra candidatura all’Oscar.

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La bellezza e la classe della Hepburn sono sempre più popolari e ora l’attrice appare in un film che definirà il suo stato di icona della moda per sempre: Colazione da Tiffany 1961. Se c’è un film che illustra lo stile della Hepburn è questo, anche chi non l’ha visto, conosce l’acconciatura, i gioielli e il vestito scuro che Givenchy aveva creato apposta per lei. È forse il suo film più celebre. Nessuna attrice voleva interpretare il ruolo di una prostituta (nemmeno Marylin Monroe). Ma Audrey trasmetteva una tale idea di candore ed eleganza che guardando il film si pensa solo da una giovane donna che ama la compagnia degli uomini, senza rendersi conto di cosa fa Holly per vivere. Solo lei, con quel suo alone di purezza poteva ammorbidire la parte. Non era la classica protagionista femminile e romantica aveva una qualità spirituale che risultava inafferrabile, misteriosa e affascinante. È poi la volta di My Fair lady. Grandi successi ma, dietro le quinte la sua vita risente dei suoi moltissimi impegni. Amava recitare ma non anteponeva il cinema alla sua vita privata. Comincia a sottrarsi alla vita di Hollywwod. Riservata, molto educata e collaborativa ma chiusa. Col passare degli anni ama sempre meno il cinema e dopo il divorzio da Mel,
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sposa  nuovamente in Svizzera, il 18 Gennaio 1969,  lo psicanalista romano Andrea Dotti, dal quale ebbe il secondo figlio Luca. Due matrimoni, due fallimenti.

Abbandona le scene e si dedica alla famiglia e finalmente farà coppia fissa per il resto della sua vita con l’attore Robert Wolders, che l’ha accompagnata per tutti gli anni a venire, interamente dedicati alla beneficenza e al volontariato, alla lotta contro la fame e la povertà, ricoprendo il ruolo di ambasciatrice speciale dell’Unicef dal 1988.  Un’instancabile paladina dei diritti umani. Sfruttò la sua notorietà per aiutare il prossimo.

La sua vita non fu tutta rose e fiori, un’infanzia diffcile, due matrimoni così così, ma alla fine la bilancia trovò l’equilibrio.  Nel 1992 muore, lasciando un’impronta indelebile nel mondo del cinema e in quello delle iniziative umanitarie. Una donna di cuore con doni rari: eleganza, grazie e uno stile inconfondibile.


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