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I piedi dei Soviet, infatti, scivola via come un "libro scolastico", una storia nella storia fatta di date e citazioni che lascia perdere l'approfondimento vero e desiderato sul nascere di uno sport libero, come liberi dovrebbero essere tutti gli sport, all'interno di un contesto dove tutto diventa ragion di Stato e dove il fallimento non è ammesso. Nemmeno nella casualità e nella banalità di una partita di pallone. Lo stesso Curletto sembra molto meno ispirato in queste pagine che non nel racconto dei fratelli Starostin, fondatori del primo club calcistico di Mosca che non fosse in alcun modo legato ad apparati statali e grandi innovatori tattici del calcio sovietico. Del resto, è ovvio che sorga molto più agevole e spontaneo parlare delle grandi gesta di chi il sistema lo ha osteggiando passando per una squadra di calcio, tanto da ispirarsi a Spartacus per il nome del proprio team, che non rileggersi comunicati e articoli di giornale funzionali alla dittatura.
Il difetto de I piedi dei Soviet sta anche nel fermarsi alla morte di Stalin (ok, lo dice il titolo, quindi è scontato) visto che il tipo di testo sembra abbastanza ben strutturato per portarti quanto meno fino agli europei del 1992 con tanto di squadra denominata CSI per creare così una piena rilettura di tutto quello che fu il calcio dell'Armata Rossa del pallone. Attendiamo un terzo volume, consigliando questi due anche se, indubbiamente, se proprio deve essere solo uno non ci sono dubbi sul fatto che debba essere quello sullo Spartak Mosca: molto più romanzesco, vissuto e appassionato. La storia di Nikolaj Starostin e i suoi fratelli attraverso la fondazione della squadra, la sua crescita, le sue vittorie, i fastidi dei grandi club di esercito, aviazione e industria, i gulag, la rinascita, un po' casuale un po' predestinata. I piedi dei Soviet è un buon completamento della favola del calcio russo ma, come detto, poco personalizzata, più didascalica, meno avvincente, anche se il capitolo sulla "partita della morte" resta memorabile.
Chiara ispirazione, tra gli altri, del film Fuga per la vittoria, la "partita della morte" è il racconto di una gara di calcio tra lo Start (selezione di giocatori sovietici) e una formazione nazista e del suo triste epilogo di fucilazione per alcuni dei giocatori della squadra vincitrice. Una vittoria senza fuga ambientata nell'occupazione ucraina e del modo in cui l'apparato stalinista riuscì prima a nasconderla, poi ad esaltarla, fino a riscriverla del tutto. La vera verità non solo cancella ogni ombra di eroica leggenda, ma insinua il tarlo del dubbio su ogni impresa storica che, raccontata di padre in figlio, ha rappresentato la nascita di una mitologia impossibile da valutare. Un libro imperdibile, quello sullo Spartak, decisamente interessante ma molto più "pesante" e meno necessario il secondo anche se Curletto ha la capacità di farsi apprezzare e, quindi, di farti attendere il terzo capitolo di una saga misteriosa per noi europei occidentali, amanti di calcio e democrazia. Una saga vera e triste, fatta di calciatori che furono davvero grandi eroi: quella del calcio politico dell'Unione Sovietica.
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