Magazine Cultura

Vivalascuola

Creato il 12 settembre 2011 da Fabry2010

Vivalascuola. Buon anno scolastico a tutti

La buona notizia è che siamo ancora tutti qui, con voglia di esserci e di fare, chi più chi meno. La buona notizia è che molti di noi continuano a considerare questo lavoro non una sinecura, cui destinare il minimo sforzo di una professionalità ormai acquisita, che potrebbe agire “con la mano sinistra”, ma impegno di vita, cui profondere energie, studio, capacità relazionale; la buona notizia, infine, è che continuano ad esserci i ragazzi, che – al di là di mistificazioni romantiche e giovanilistiche – riescono talvolta a spiazzare anche il più ostinato disfattismo e a restituire qualcosa di buono, di bello. (Marina Boscaino, qui)

Un anno scolastico ancora peggiore dei precedenti
di Giuseppe Caliceti

La Gelmini ce l’ha fatta
Sembra impossibile, ma Gelmini ce l’ha fatta: l’anno scolastico ai blocchi di partenza si annuncia ancora una volta peggiore dei precedenti. Gli enti locali delle regioni più virtuose, infatti, coi propri fondi ridotti al minimo storici, non riusciranno più a tamponare i tagli – questi sì, davvero epocali – ai fondi al personale inferti violentemente alla scuola dal Ministro all’Istruzione – meglio sarebbe dire alla Distruzione – in questi tre anni. Ma c’è di più: a questi tagli si aggiungono quelli della nuova manovra, in cui si rovesciano vergognosamente le tasche di bambini e ragazzini alla ricerca di qualche spicciolo.

D’altra parte, dopo aver imposto regole per le immissioni in ruolo per favorire un’indecente campagna della Lega contro i docenti meridionali, – è questo il merito di cui si parla? – pare che Gelmini abbia rinunciato a governare la situazione. Evidentemente l’obiettivo n. 1 della sua missione è stato già raggiunto, che fine faranno ora la scuola, i docenti, gli alunni e i docenti della scuola italiana non pare che la interessino più di tanto.

Dunque, per cominciare le cronache scolastiche ci raccontano che le immissioni in ruolo si stanno svolgendo in tutta Italia nel caos più assoluto. Gli uffici scolastici regionali applicano norme a piacimento – è questa l’autonomia? Migliaia di lavoratori e lavoratrici della scuola vivono sempre più nell’incertezza: presumibilmente non sapranno il loro orario di lavoro definitivo prima di fine settembre. Tanti alunni e studenti inizieranno il nuovo anno senza sapere l’effettiva offerta formativa a loro proposta (comunque al ribasso). Non sanno come sarà articolato l’orario settimanale di studi. Quali e quanti saranno i loro docenti – quelli dell’anno passato o altri?

Ognuno deve fare la sua parte
C’è una frase che in queste settimane in cui si parla di crisi economica sento ripetere spesso: “Ognuno deve fare la sua parte”. Dunque, quando le cose vanno bene e c’è da guadagnare, questo governo cavalca il mito dell’individualismo; quando invece le cose si mettono male e c’è da pagare, ci si appella a un senso di comunità, di socialità. Peccato che si debba evocare con solennità il senso di socialità e di responsabilità comune solo nei momenti di difficoltà, come una sfiga. Quella solennità diventa falsa, ridicola, ipocrita, inutile, strumentale. O si crede in alcuni valori, o non ci si crede.

Voglio dire: valori e comportamenti si costruiscono. A partire dalle scuole. Un atteggiamento etico positivo va insegnato, imparato. E per farlo ci vuole tempo, pazienza. O si pratica come esperienza di base nella crescita di un individuo e di una comunità – come priorità educativa e, oggi, anche come urgenza: dai primi agli ultimi anni di scuola, costantemente – o si sceglie che le priorità sono altre. Nella nostra scuola pubblica, oggi, materie e abilità di base a parte, vogliamo educare bambini e ragazzi all’individualismo o alla socialità? Alla concorrenza esasperata o al lavoro di gruppo e al mutuo aiuto? Alla partecipazione di tutti come diritto e valore, o alla gara di tutti-contro-tutti fomentata da un ambiguo concetto di merito a partire da sei anni, cioè all’inizio di un processo educativo, quando non ha alcun senso parlare di merito e sarebbe invece meglio ricordarsi dell’articolo 3 della nostra Costituzione?

Che faranno i genitori?

I bambini non sono solo il nostro futuro, ma vengono dal futuro. Che sarà il futuro di quando noi saremo vecchi o non ci saremo più. Per tentare di salvare quel che resta della scuola pubblica italiana del nostro stesso futuro resta sempre meno tempo a disposizione. Saranno i genitori di alunni e studenti a decidere, amministratori e docenti da soli, in questi anni, hanno dimostrato di non riuscire a fare nulla: i loro diritti e i loro compensi sono stati bloccati. La fascistizzazione della scuola è stata sempre più rapida e determinata: è più facile esprimere la propria protesta da genitore-utente che da dipendente-fannullone di una scuola azienda che fa acqua da ogni parte e riesce solo a far rimpiangere il passato di solo qualche anno fa.

Che faranno i genitori? Staranno buoni buoni come accaduto fino ad ora? Scenderanno in piazza? Non lo so. Chi ha soldi, iscriverà il figlio a una privata, presumibilmente. Chi non ce li ha, o imparerà a rassegnarsi definitivamente o dovrà imparare in fretta a fare rete e a farsi sentire in modo più incisivo: non ci sono ricette, ma qualsiasi cosa è meglio del silenzio. Come? Mostrando la sua indignazione. Reclamando la scuola di cui parla la nostra Costituzione, non altro. Chiedendo le dimissioni del ministro all’Istruzione.

È anche una questione di civiltà e di amore per i propri figli: per garantire loro i diritti, non basta più sperare in un miracolo, ora occorre impegnarsi in prima persona e ricostruire ciò che è stato distrutto e si sta finendo di distruggere. Ogni silenzio equivale a un colpevole assenso a una politica scolastica irresponsabile. Il governo continua a giocare in modo vergognoso con la vita di chi ha bisogno di lavorare e con il futuro dell’istruzione.

Che fare?
Chiedere immediate dimissioni della Gelmini. Di un irresponsabile ministero dell’istruzione. Di un governo irresponsabile. Insomma, nella scuola l’autunno si presenta molto caldo.

Ma occorre chiedere anche messaggi più chiari all’opposizione.

Primo: che rispetto al governo di centrodestra che ha tagliato drasticamente i fondi alla scuola, – i più bassi in Europa rispetto al Pil, che sono superiori solo a quelli della Slovacchia – il centrosinistra decida invece di aumentarli. Anche in un periodo di crisi economica, come d’altra parte hanno fatto in Germania e negli Stati Uniti.

Secondo: informare i genitori di alunni e studenti che Gelmini, con la creazione di classi pollaio sempre più numerose, di fatto incita i docenti a mettere in un’aula più alunni di quanto ammetta la legge 626, e a mettere a repentaglio, per ragioni economiche, la loro sicurezza in caso di terremoto o incendio, senza d’altra parte spiegare di chi sarebbero le responsabilità; e invitare a chiedere le dimissioni dell’attuale ministro all’istruzione per il bene dei propri figli.

Terzo: non proporre forme più o meno “dolci” e “meno selvagge” di privatizzazione della scuola, ma proporre un’idea di scuola più alternativa: ribadendo con forza il ruolo della scuola pubblica come cuore pulsante e vitale della vita democratica del nostro Paese – rifacendosi alla scuola della Costituzione, non ad altro. E con idea-forte non l’imitazione di modelli scolastici anglosassoni con scuole di serie A e di serie B, ma la ripresa ferma e orgogliosa di quella pedagogia popolare italiana del Novecento di una scuola di qualità, di cui sono stati protagonisti personaggi come Don Milani e Gianni Rodari, Mario Lodi e Loris Malaguzzi. Gente lontana anni luce dalla Gelmini, ma anche – ahimè! – da troppi degli ultimi Ministri dell’Istruzione di centrosinistra.

Informare e fare rete
In questi mesi estivi, per presentare il libro Una scuola da rifare. Lettera ai genitori mi è capitato di partecipare a diversi incontri pubblici sulla scuola. Organizzate da Comitati di genitori, partiti di opposizione, Pd. Soprattutto in Emilia. Ci si è posto il problema di come reagire allo smantellamento della scuola pubblica e salvare il modello educativo emiliano: tra i primi al mondo come qualità, specie per quanto riguarda materne e scuola primaria, nel solco di quella pedagogia popolare che è stata tra le esperienze educative più limpide del Novecento. In Emilia, fino allo scorso anno, la scuola pareva essere ancora cuore pulsante della comunità, palestra di democrazia. E per avere una scuola migliore si è investito anche economicamente, anche in termini di personale, molto di più che in altre realtà. E senza vergognarsene. Sono saltate fuori alcune proposte.

La prima: se è vero che l’unione fa la forza, fare più rete tra chi si occupa di scuola – a livello amministrativo, ma non solo.

Seconda proposta, legata a un’esperienza raccontata dal senatore del Pd Antonio Rusconi, capogruppo al Senato della commissione Scuola, Cultura e Sport, alla Festa del Pd di Modena, che quest’estate era anche Festa nazionale del Pd sulla scuola. Eccola: visto che da parte dei genitori di alunni e studenti non pare ci sia sempre la piena consapevolezza di quanto stia accadendo nella scuola, Rusconi raccontava di un paesino in cui, lo scorso anno, la scuola pubblica è cominciata per alcuni giorni – solo per alcuni giorni – senza il contributo di tutti quei servizi locali che oggi coprono i buchi e le mancanze epocali di una scuola pubblica sempre meno simile a quella di cui si parla nella nostra Costituzione. Non per provocazione, ma per informare in modo più efficace. Troppo? Non lo so. Certo, strategie a parte, l’obiettivo primario è informare sempre di più e sempre meglio i genitori di alunni e studenti, incentivando la loro partecipazione e il loro protagonismo. Perché la scuola pubblica è di tutti, ma è soprattutto loro.

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La scuola che vogliamo

1. Laica, gratuita, libera, solidale

2. In cui si stia bene insieme

3. Che aiuti i nostri figli a diventare adulti felici e responsabili

4. Sulla quale lo Stato sappia investire come una risorsa

5. Che valuti l’apprendimento, ma che tenga conto anche delle emozioni

6. In cui i nostri figli imparino a lavorare insieme

7. Proiettata verso il futuro

8. Basata sul metodo delle domande e della ricerca

9. In cui i docenti siano preparati e si ricordino di essere stati bambini

10. Vogliamo una scuola senza paura di sbagliare e senza fretta: neppure di diventare grandi

(Giuseppe Caliceti, qui)

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Un saluto per il nuovo anno scolastico
di Mario Lodi

Care maestre e cari maestri,
mi è capitato spesso, in questo periodo, di ricevere lettere o telefonate da qualcuno di voi. La domanda che mi viene rivolta con maggiore insistenza è: “Come facciamo a insegnare, in tempi come questi?”.

I sottintesi alla domanda sono molti: il ritorno del “maestro unico”; classi sempre più affollate; bambini e bambine che provengono da altre culture e lingue e non sanno l’italiano, etc.

Anch’io, come voi, soprattutto nei primi anni della mia attività di maestro, mi ponevo interrogativi analoghi.

Ho cominciato ad insegnare subito dopo la guerra. Le classi erano molto numerose. Capitava anche di avere bambini e bambine di età diverse.

Forse qualcuno di voi ha la brutta sensazione di lavorare come dopo un conflitto: in mezzo a macerie morali e culturali, a volte causate dal potente di turno – ce n’erano anche quando insegnavo io – che pensa di sistemare tutto con qualche provvedimento d’imperio.

I vecchi contadini delle mie parti dicevano sempre che i potenti sono come la pioggia: se puoi, da essa, cerchi riparo; se no, te la prendi e cerchi di non ammalarti e, magari, di fare in modo che si trasformi in refrigerio e nutrimento per i tuoi fiori.

Il mio augurio per il nuovo anno scolastico è questo: non sentitevi mai da sole e da soli!

Prima di tutto ci sono i bambini e le bambine, che devono essere nonostante tutto al centro del vostro lavoro e che, vedrete, non finiranno mai di sorprendervi.

Poi ci sono altre e altri che, come voi, si stanno chiedendo in giro per l’Italia quale sia ancora il senso di questo bellissimo mestiere. Capitò così anche a me, anche a noi. Cercammo colleghe e colleghi che si ponessero le nostre stesse domande e fu così che incontrammo Giuseppe Tamagnini, Giovanna Legatti, Bruno Ciari e altre e altri con i quali costruimmo il Movimento di Cooperazione Educativa.

Poi ci sono anche i genitori e le zie e i nonni dei vostri alunni e delle vostre alunne, che possono darvi una mano, se saprete, anche insieme a loro, rendere la scuola un luogo accogliente e bello, in cui ciascuno abbia il piacere e la felicità di entrare e restare assieme ad altri.

Non dimenticate che davanti al maestro e alla maestra passa sempre il futuro. Non solo quello della scuola, ma quello di un intero Paese: che ha alla sua base un testo fondamentale e ricchissimo, la Costituzione, che può essere il vostro primo strumento di lavoro.

Siate orgogliosi dell’importanza del vostro mestiere e pretendete che esso venga riconosciuto per quel moltissimo che vale.

Un abbraccio grande.

Mario Lodi

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La settimana scolastica

L’inizio del nuovo anno scolastico 2011-2012 è stato segnato, ancora prima dell’inizio delle lezioni, dallo sciopero generale del 6 settembre indetto dalla Cgil con l’adesione di Unicobas, Usb, varie associazioni di categoria, fra cui varie associazioni dei lavoratori della scuola.

A nulla sono valse le rassicurazioni del ministro Gelmini del 31 aogosto («la manovra non avrà effetti diretti sulla scuola») e l’elenco dei successi («Abbiamo proceduto a 65mila nuove assunzioni, risparmiato 300 milioni di euro dagli appalti di pulizia. Altre risorse sono state risparmiate grazie alla digitalizzazione… quest’anno è stato raggiunto il livello più elevato di docenti di sostegno (94.430) nella storia della scuola»). La realtà è un’altra.

La scuola quest’anno è molto più precaria. Da una parte con i tagli vengono lasciati a casa degli insegnanti, dall’altra rimangono vacanti moltissime cattedre coperte solo in parte dalle immissioni in ruolo dei precari.

Né è chiara la situazione delle nomine dei precari, con graduatorie nel caos. Gli iscritti alle graduatorie sono complessivamente 245.000. Di questi 31.000 hanno chiesto il cambio di provincia: di conseguenza le vecchie graduatorie vanno aggiornate. Senonché per fare un piacere alla Lega sono state autorizzate due liste: di cui una, quella del 2010 che penalizza gli insegnanti del Sud, è stata dichiarata illegittima dalla Corte Costituzionale. Cattive notizie anche per i neoassunti in ruolo, che si troveranno penalizzati dal blocco per 9 anni di scatti stipendiali.

Ma la precarietà è accentuata anche da altri fattori. C’è carenza di docenti di sostegno. Il numero degli studenti disabili è aumentato molto più del numero degli insegnanti di sostegno. Ad es. in Lombardia a fronte di circa 30.000 studenti disabili, ci sono 11.622 insegnanti di sostegno, circa 3.600 in meno. In Veneto gli alunni che hanno presentato certificazione di disabilità per quest’anno scolastico sono 14.910, con un aumento di 1.097 unità rispetto all’anno precedente. Vi è una richiesta, in questo momento, di 755 posti in deroga rispetto agli attuali 5.960. Ma non è ancora stata disposta alcuna deroga. Stessa situazione a Genova, a Salerno, ad Arezzo e in tante altre città.

E a proposito di docenti di sostegno, non mancano episodi illeciti. A Torino si è deciso di ricollocare circa 77 docenti risultati perdenti posto (per effetto dei tagli) sui posti del sostegno, pur non possedendo questi la specializzazione e contravvenendo a quanto previsto dalla legge 104/92 (che prevede questa possibilità solo in caso di esaurimento degli elenchi degli insegnanti specializzati).

C’è carenza di personale Ata. Con la conseguenza che l’apertura è a rischio in parecchie scuole per carenza di personale ATA: ad esempio a Cosenza, a Messina, a Salerno. Il direttore dell’USR Campania Diego Bouché ha concesso ai dirigenti scolastici che ne avevano fatto richiesta 293 unità di personale ATA (qui).

E a questo proposito è da ricordare che il Ministero ha disposto che dall’anno scolastico 2011-2012 i docenti inidonei all’insegnamento per motivi di salute possano optare tra l’inquadramento nei profili di Assistente e Tecnico Amministrativo, il normale collocamento a riposo o la rescissione del rapporto di lavoro per motivi di salute. Certamente una soluzione che non può che peggiorare la condizione di tali docenti e delle scuole, senza salvaguardare la professionalità dei docenti interessati. La Gilda invita a non presentare le domande, la cui scadenza è prevista per il 14 settembre.

C’è carenza di docenti ed educatrici. Ad esempio a Milano le scuole dell’infanzia e gli asili nido riapriranno lunedì. Saranno accolti circa 22.000 bambini a fronte di 2.000 educatrici. Le strutture saranno aperte dalle 7.30 alle 18, ma “per venire incontro alle esigenze lavorative delle famiglie, concentrando le ore di co-presenza delle educatrici nelle ore di maggiore frequenza, dalle 9 alle 16“, occorrono 75 educatrici in più. La soluzione proposta da qualche esponente del Pdl veneto è: le scuole materne statali costano troppo e vanno eliminate affidando il servizio in toto a chiese, parrocchie, cooperative.

In sostanza, in tre anni di governo Gelmini, nella scuola italiana si sono abbattuti prima i tagli della “riforma (vedi qui e qui): tagli di posti di lavoro, di ore di lezione e di insegnamenti, smantellamento del tempo pieno; con il corollario della diminuzione dei fondi destinati alle scuole, della crescita del debito del ministero nei confronti delle scuole, del peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro nelle scuole, nonché degli edifici e delle strutture scolastiche.

I tagli proseguono quest’anno, sottoforma del nuovo dimensionamento delle istituzioni scolastiche del 1° ciclo dell’istruzione. A decorrere dall’a.s. 2011-2012 le scuole dell’infanzia, primarie e secondarie di I grado sono aggregate in istituti comprensivi. Tali istituti per essere autonomi devono essere costituiti con almeno 1.000 alunni. Alle istituzioni scolastiche autonome con meno di 500 alunni non sarà assegnato un dirigente scolastico, ma un reggente. Si tratta degli effetti della manovra bis di luglio (Decreto Legge n. 98, convertito nella legge 15 luglio 2011 n. 111, “Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria“). La giunta regionale pugliese ha presentato un ricorso alla Corte Costituzionale per sollevare una questione di legittimità di tali norme, che violerebbero il ruolo primario dell’istituzione regionale nell’organizzazione delle scuole.

Ma in questa ripresa di anno scolastico 2011-2012 l’attacco alla scuola pubblica procede e si esprime in due modi: 1. da una parte attacco diretto alle condizioni di vita di chi lavora nella scuola; 2. dall’altra riduzione dei fondi alle Regioni e agli enti locali, e di conseguenza peggioramento dei servizi scolastici ai cittadini, come documentato da Osvaldo Roman qui.

1. Il Decreto legge n. 138 lascia invariata la proroga fino al 31 dicembre 2014 delle vigenti disposizioni che limitano la crescita dei trattamenti economici anche accessori già stabilita nel DL. 98 tradotto nella legge n. 111/11. Si tratta ad es. del rinvio, fino a 24 mesi, del pagamento del TFR per chi va in pensione d’anzianità; dello slittamento delle pensioni di anzianità che potranno essere ”godute al termine dell’anno scolastico successivo a quello di maturazione dei requisiti“; della rateizzazione, per i dipendenti dei Ministeri che non avranno realizzato i risparmi programmati, della tredicesima mensilità; del blocco dei salari dei pubblici dipendenti fino al 2014, un anno in più rispetto al blocco triennale già previsto dalla legge n. 122/2010.

2. I tagli alle Regioni e agli enti locali sono la parte più consistente della manovra e ovviamente non risparmiano la scuola. Infatti le nuove misure previste per il 2013 vengono confermate come taglio strutturale per gli anni 2014, 2015 e seguenti. Ad esse si affiancano per il 2012 un incremento di 6 miliardi e un incremento di 3,2 miliardi per il 2013. Se si considera che l’apporto delle Regioni e delle autonomie locali alla spesa complessiva per l’istruzione nel 2009 è stato di 9,486 miliardi su 54,648 miliardi pari al 17,35%, si comprende facilmente che una parte consistente di tali 14,9 miliardi di tagli era destinata sostenere la funzione istruzione delle autonomie locali. Ciò colpisce servizi come asili, mense scolastiche, trasporti, edilizia, sicurezza, assistenza, ecc.

Per chi vuole approfondire, ReteScuole ha raccolto le iniziative legislative estive del governo che riguardano la scuola. Su PavoneRisorse si può leggere una approfondita analisi delle ricadute sulla scuola della finanziaria di agosto 2011.

Senza contare i tagli diretti ai finanziamenti alla scuola: 48 milioni di euro in meno rispetto allo scorso anno. Dunque le risorse per l’offerta formativa continuano a essere ridotte. La direttiva 2011 che sarà presentata in commissione Cultura alla Camera, prevede uno stanziamento di 78,7 milioni di euro, contro i 126,7 resi disponibili nel 2010. In 13 anni le risorse diminuite di circa quattro quinti.

L’ordinaria amministrazione vede alcune conferme. Ad esempio riguardo la speranza nel futuro e le aspettative di occupazione e di retribuzione. Se in Italia gli universitari di economia preoccupati per il proprio futuro sono il 72,9 per cento e quelli di ingegneria sono il 72,4 per cento, in Germania i valori scendono, rispettivamente al 37,4 per cento e al 27,8 per cento. In Italia un giovane che esce da economia indica una paga di 19.837 euro, mentre chi esce da ingegneria si attende 20.864 euro; in Germania, invece, chi studia economia si attende 43.100 euro e chi diventa ingegnere 44.343 euro.

Persino i giovani di Comunione e Liberazione protestano con il ministro per il fatto che i giovani laureati che aspirano a lavorare nella scuola si vedono le porte sbarrate per chissà quanti anni e lanciano un appello dal titolo: «L’Italia è un Paese per vecchi? Il “Decreto Gelmini” chiude ai giovani l’accesso all’abilitazione all’insegnamento».

Come sempre problemi d’inizio anno per le famiglie. Il Codacons ha calcolato un aumento medio di spesa per i libri scolastici per famiglia di circa l’8% rispetto al 2010. La spesa, secondo un’indagine Adiconsum, mediamente supera del 30-40% i tetti fissati dal Miur. Più contenuto, e in linea con l’inflazione, l’aumento della spesa per il corredo scolastico, dagli astucci agli zaini: +2% rispetto allo scorso anno.

Intanto si riaprono le iscrizioni all’università e riparte la lotteria dei quiz per l’immissione alle facoltà a numero chiuso, che vede 90.000 candidati per 10.000 posti a Medicina. Lotteria di quiz anche per gli aspiranti a Dirigente scolastico: il prossimo concorso vede 42.000 candidati per 2.300 posti, che saranno ulteriormente ridotti per il previsto accorpamento di scuole. Il concorso è accompagnato da fughe di notizie ed errori nei test difusi dal Ministero. La polizia postale ha avviato un’indagine per individuare i responsabili della fuga di notizie.

Le scuole che si riaprono da quest’anno avranno problemi inediti anche per quanto riguarda la dirigenza. La manovra finanziaria dello scorso luglio ha infatti cancellato la deroga, per scuole con più sedi, al numero di classi (da 32 a 40) necessario per la concessione dell’esonero o del semiesonero del docente collaboratore del Dirigente. Pertanto le scuole che non raggiungono il limite previsto di 40 classi, quale che sia la loro situazione (sezioni staccate, sezioni associate, corsi serali), non potranno più avere un vicepreside che fruisca del semiesonero; e quelle che non avranno raggiunto il limite delle 55 classi non potranno godere dell’esonero. Inoltre più della metà delle scuole (oltre 5800 su 10.100) avrà, a livello nazionale, un dirigente “dimidiato, costretto a dividersi tra la scuola di titolarità e la scuola assegnata in reggenza. Impressionante il caso della Lombardia: più di un terzo delle scuole dal 1° settembre è senza dirigente: oltre il 65%.

Tutto questo in una realtà scolastica sempre più complessa e interculturale: nel corso dell’ultimo decennio gli studenti stranieri sui banchi di un istituto italiano sono passati da 147.406 a 673.000 e nell’anno scolastico appena terminato, il 2010/2011, hanno superato le 700.000 unità, pari quasi al 10% del totale degli iscritti a tutti i corsi: i dati provengono dalla Fondazione Migrantes, che fa capo alla Cei.

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Vademecum di resistenza alla scuola della Gelmini approntato da ReteScuole.

Guida al corretto utilizzo delle Graduatorie di istituto a.s. 2011/12 qui.

Il decreto Brunetta qui.

Il vademecun della CGIL sulle sanzioni disciplinari qui.

Tutti i materiali sulla “riforma” delle Superiori qui.

Per chi se lo fosse perso: Presa diretta, La scuola fallita qui.

Guide alla scuola della Gelmini qui.

Le circolari e i decreti ministeriali sugli organici qui.

Una sintesi dei provvedimenti del Governo sulla scuola qui.

Un manuale di resistenza alla scuola della Gelmini qui.

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Dove trovare il Coordinamento Precari Scuola: qui; Movimento Scuola Precaria qui.

Il sito del Coordinamento Nazionale Docenti di Laboratorio qui.

Cosa fanno gli insegnanti: vedi i siti di ReteScuole, Cgil, Cobas, Gilda, Cub.

Finestre sulla scuola: ScuolaOggi, OrizzonteScuola, Aetnanet. Fuoriregistro

Spazi in rete sulla scuola qui.

(Vivalascuola è curata da Nives Camisa, Alessandro Cartoni, Giorgio Morale, Roberto Plevano, Lucia Tosi)


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