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Vivere sostenibile

Creato il 15 ottobre 2010 da Simone D'Angelo @SimonDangel
Vivere sostenibile

Friedrich Hinterberger

Lavorare e consumare meno ma pagare di più per l’uso delle risorse naturali. All’8° Forum internazionale dell’Informazione per la Salvaguardia della Natura, che si sta svolgendo in questi giorni a Cuneo, sembra questa la ricetta per vivere tutti in maniera più sostenibile ed essere anche più felici, cambiando necessariamente il concetto di benessere. In linea con quest’idea l’intervento di Friedrich Hinterberger, fondatore e presidente del Sustainable Europe Research Institute di Vienna, che ha lo scopo di analizzare il consumo delle risorse naturali.

«Ogni abitante del Nord America ne consuma 90 chili al giorno, un europeo in media 45, un africano 10. E la cosa che crea più ingiustizia sociale è che laddove si estraggono le materie prime spesso non si consumano», spiega Hinterberger. «Ma il modello occidentale non può essere trasferito ai 10 miliardi di persone che saremo tra pochi decenni. In questo quadro di squilibrio e ingiustizia sociale dobbiamo scegliere se andare verso un modello sostenibile o insostenibile».

Per mantenere un modello di sviluppo sostenibile ogni abitante del mondo dovrebbe consumare 15 chili al giorno di risorse. Il primo imperativo è, quindi, consumare meno. Secondo Hinterberger è necessario che sulle etichette dei prodotti che acquistiamo siano indicate le informazioni sulla loro sostenibilità, cioè sull’impronta di carbonio che ogni prodotto lascia. «Non possiamo controllare quello che non possiamo misurare. Abbiamo bisogno di target quantitativi che ci indichino con precisione come usare meno risorse».

Consumare meno può essere una scelta oppure una necessità per il maggiore costo delle materie prime. Ecco allora il secondo imperativo: lavorare meno. A livello aziendale bisognerebbe lavorare con un orario part time e comunque non più di 30 ore a settimana. Una scelta che lascia una minore impronta di carbonio e fa vivere meglio perchè dà una maggiore qualità della vita.

«I cambiamenti climatici e l’esaurimento nervoso hanno le stesse cause: lavoriamo troppo e troppo intensamente per produrre sempre di più. Ma questo, invece di farci sentire appagati, aumenta il nostro livello di stress. Forse ci permette di consumare di più ma ai consumi non corrisponde un aumento di felicità. Ed ecco che sempre più persone si domandano: è possibile vivere meglio con meno? Se l’economia non sa rispondere a questi dilemmi, fallisce il proprio obiettivo».

Da qui la necessità di mettere a punto un nuovo concetto di benessere. «Deve prendere in considerazione molti elementi oltre al Pil – afferma lo studioso – ormai inadatto a rilevare le condizioni di vita del mondo occidentale. Alcuni di questi sono oggettivi: infrastrutture, ricchezza, produttività, lavoro. Altri invece sono soggettivi, legati alla percezione del proprio livello di vita da parte dei cittadini».

Amara la considerazione sul prezioso treno “verde” che i Paesi ricchi stanno perdendo. «In un momento come questo avremmo potuto fare molto di più per l’ambiente, perchè la rimessa in moto dell’economia per uscire dalla crisi era ed è una grande opportunità per una conversione verde. Invece nella maggior parte dei nostri Paesi i governi non hanno colto questa opportunità. Nei pacchetti di intervento, a parte qualche piccola eccezione, la chiamata ad un nuovo corso verde è stata del tutto ignorata».

Nonostante questo Hinterberger non ha dubbi: è il singolo individuo che può fare la differenza («Io, per esempio, non ho l’automobile», racconta) ed è la quotidianità che genera il cambiamento effettivo.


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