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VOLI
1.
Sorvolavo l’incendio sugli ulivi,
cercavo l’acqua, il mare
dove un poco – non troppo – annegare -
tu, a quell’ora, che facevi? morivi?
II.
Oggi, volo di nuovo, in sogno,
di quell’alta aria ho bisogno:
mi increspa la barba una festa
di sparvieri – la roccia che resta.
III.
Può dirsi di ieri felice
volare in un niente,
di prima mattina
all’oro della marina.
Così c’è una mente
nascosta che dice:
ho perso ed ho vinto
nel velo del finto.
IV.
Col coltellino ti squarcio
la pancia – che marcio
fu il volo di ieri -
in volo senza i pensieri.
V.
Liberi in volo, i morti -
ci pensavamo, assorti.
Arriveranno e ci diranno tutto:
hanno, da sempre, smesso il lutto.
***
UN ALTRO VOLO
Qui e non altrove, sempre in volo
da Cucco alla marina,
con ali prese a nolo,
ancora di matttina
ci rischio qualche piuma
lambendo scoglio e schiuma.
Tu ne saprai qualcosa:
dimenticai la rosa
(è la prescia dell’andare
dove si slarga il mare)
là, sopra il davanzale -
basta il pensiero, è uguale…
***
ALTRE SUL VOLO NELLA VALLE
1.
Non è sufficiente ricordare il rapace,
la sua distinta sanguinosa pace
in volo, col serpente in bocca:
in fondo, ce lo diciamo, a chi tocca
tocca – sicché la sua roccia è il margine
nascosto dell’incipiente voragine.
2.
Ho imitato lo sparviero in volo,
semplice e fiero d’esser solo.
Ho imitato frotte di volatili
con intuizioni come il volo labili.
A terra c’era il sorbo e c’è ancora,
in mezzo al segreto dell’uliveto.
Forse esagero a parlarne ora,
c’è una divinità senza divieto.
3.
A volte se saluto in un commiato
immaginario, in volo sopra un fiato
d’aria, fra tante sviste rivedo
il profilo asciutto di mio padre -
sta a volare sopra la valle, insiste
con ironia a stare al mondo – non è triste.
A volte assieme ad altri su alberi, colline
e case – con motti dalla cima, brezze vicine.
* La rielaborazione e proposizione di questi versi (di qualche anno fa) è stata provocata in gran parte dalla visione dello spettacolo “Volassi” di Francesco Campanoni (Auditorium di Rescaldina – MI – Rassegna Corpuscoli, maggio 2010).