Questo è stato un week end anomalo. Sì, è vero, per il momento c’è di bello che il venerdì è incluso nel fine settimana. Tutto. Tutto il venerdì. Il che vuol dire: poter fare tardi il giovedì, potersi alzare tardi il venerdì, poter poltrire il pomeriggio. Potrebbe essere così, ma io mi riempio di impegni proprio quando potrei essere libera. Continuo a perdere occasioni. E soprattutto, data tutta questa libertà: perché non mi basta per vivere bene la domenica e non avere l’ansia da “o cacchio, domani è già lunedì”?
Nonostante l’incontrastabile e incontrastata necessità di auto abbattimento-svilente-imperante, devo dire che questa volta posso dirmi soddisfatta: deo gratias!
Allora vediamo un po’. Venerdì mattina la mia capatina dal parrucchiere è stata come sempre originale, nel senso che mi ha proposto una soluzione moda ethnic chic afro. A differenza delle altre volte, non ha sfoderato il fascino da hair stilist che la sa lunga del mondo ma ahimè è intrappolato a Bari. No, questa volta no. Questa volta ha estratto dalla fodera una piastra lucente e brandendola con orgoglio mi ha detto:”Ti va di farli mossi, ma no frisè, diciamo come le donne di colore?”. E qui avrei volentieri speso ore e ore per sottolineare che no, di colore non si può sentire, e non si dovrebbe neanche dire, perché altrimenti dovremmo distinguere il nero dal mulatto dai rossi dai bianchi, ecc. Oh, uomo di colore bianco, ma che cosa stai a dire?! Risultato dell’operazione: una testa esplosiva che si è aggiudicata all’istante l’appellativo di Telespalla Bob. E so’ pregi pure questi!
La giornata scorre lieve, eccezion fatta per il peso della mia nuova chioma, fino all’appuntamento per il Choco moment, inaugurazione dei lavori di mascella buongustaia. E via così, tra dolci e melanconiche sbandate.
In barba agli impegni mondani e discotecari, ieri sera ho potuto finalmente apprezzare la bravura e il coraggio delle pugliesi talentuose Fibre Parallele. Vedere un teatro pieno di gente appassionata e curiosa mette sempre un po’ di commozione, e ieri il Kismet non era immune da questo sentimento. E porca miseria: Duramadre è uno spettacolo che non si smaltisce facilmente, né per l’impatto scenico – glaciale e a suo modo elegantissimo – né per la veemenza dell’atto in sé. Per poi scoprire, o meglio intuire, che la determinazione e l’innegabile forza d’animo sono insite nello sceneggiatore e nella regista delle Fibre Parallele, al di là della performance. Lo spettacolo di Teatro popolare sperimentale mi ha dato da pensare, ma devo ammettere che, come ogni volta dopo uno spettacolo al Kismet, ho bisogno di interiorizzare il messaggio, farlo mio, razionalizzarlo e poi, magari esprimerlo. Spero abbiate pazienza di attendere tutti questi passaggi, please.
E ci siamo, la domenica. Immune dalla solita pigrizia paranoica postprandiale fino a … qualche minuto fa. Chissà perché proprio adesso, mi sono resa conto che il freddo è davvero arrivato. Io l’adoro, il freddo! Mi sono attrezzata già da tempo per sopravvivere alle temperature più rigide di queste latitudini. Ma non basta. Quest’anno i vari aggeggi che ho accumulato nel tempo penso non basteranno, perché c’è un angolino, piccolo e vitale, che è rimasto scoperto da protezioni antigelo. Coccolo questa parte di me, ci soffio su per lenire il freddo e dirgli che passerà, che tornerà un nuovo calore a scaldarlo. Per adesso non vuol saperne. Però sorride, e questo almeno è un buon segno, no?