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Whatsapp, il carcere dei dati personali

Creato il 11 aprile 2013 da Webmonster @mariomonfrecola

La sfida con Whatsapp, il malefico software di messaggistica gratuita via smartphone, continua.
La licenza è scaduta ieri, 10 aprile, come promesso dopo il rinnovo gratuito annunciatomi lo scorso metà marzo ma ancora non riesco a liberarmi dalla prigione nella quale i miei dati sensibili sono caduti.

La prigione-whatspp

Da ventiquattro ore provo ad eliminare il mio account seguendo le FAQ ufficiali ma ottengo sempre lo stesso, irritante, falso messaggio: “Non è possibile collegarsi. Riprova più tardi”. Un bottone invita a controllare la funzionalità dell’applicazione, clicco su Verifica Stato, si apre la pagina dell’account twitter senza risolvere il problema (ad oggi, l’ultimo tweet su questo canale risale al 20 dicembre 2012).

Potrei disinstallare l’app ma non otterrei il risultato desiderato.
Infatti, disinstallare il programma dallo smartphone non equivale a cancellare i dati personali dagli archivi di Whatsapp con la spiacevole conseguenza di risultare ancora registrato senza poter usufruire del servizio.
Gli altri utenti continuerebbero ad inviarmi messaggi convinti che io usi ancora il software, chat che io non leggerò mai.

Se riuscissi ad annullare l’account, invece, potrei disinstallare sia l’app dallo smartphone ma soprattutto rimuovere i dati personali dagli archivi whatsapp con successiva sparizione del mio nominativo dalla rubrica di tutti i miei conoscenti che usano questa applicazione (diffusissima peraltro).

Nel mentre le alternative non mancano e mentre combatto per liberare i miei dati personali dal carcere-whatsapp provo Line.

Non abbassiamo la guardia, l’identità digitale va protetta: la distinzione tra disinstallazione e cancellazione dell’account è sottile ma fondamentale, questione di trasparenza e di rispetto verso gli utenti.

MMo



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