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Un giorno questo ragazzo sceglie di arruolarsi nell'esercito: non che ci sia una ragione valida per farlo, ma d'altronde non esiste nemmeno una valida ragione per non farlo.
Poi scoppia la guerra.
Scoppia sempre una guerra, è lo sfondo accidentato di ogni bella storia, e se c'è sempre una guerra da combattere, ci sono sempre giovani uomini e giovani donne da mandare al macello.
E il nostro ragazzo è tra quella ricca compagine di carne umana spedita nei sobborghi del mondo a combattere una guerra estranea, indifferente e per questo ancora più cattiva.
Il nostro ragazzo, essendo, come già detto, un po' meglio del normale, non si compiange come un'ingenua vittima del sistema: non conosce la guerra, ma è un soldato e il suo lavoro consiste nello strisciare tra la terra e il sangue. Nulla che non sospettasse già.
Poi succede qualcosa. E' come un click.
Non c'è più un solo mostro, non esiste più un solo nemico. Il male non ha più solo un viso imbrunito dal sole della Mesopotamia o la voce lamentosa del muezzin che chiama alla preghiera. I morti diventano semplici vittime, e nel momento stesso in cui si perde la vita, viene smarrita anche quell'incredibile aurea malvagia, tornando all'umanità di una storia qualunque, di una famiglia qualunque, di speranza qualunque. E' una muffa che decompone vincitori e vinti, e se per tutti noi i ruoli sono chiari, al nostro ragazzo sorge il dubbio che tanta limpidezza si macchi solo di sangue e ingiustizie. E' una condanna che pesa sulla testa dei sopravvissuti, si può smussare con il tempo, ma è come il cancro, la paura di una ricaduta impedisce di godersi la guarigione. E così la morte diventa una pura formalità, sono già morti tutti, prima di camminare su quelle dune, e vengono accompagnati da un angelo triste e scuro che li osserva con compassione e riserbo mentre fanno di tutto di vivere un altro po'.
Yellow Birds non è un romanzo: è un lamento. E' uno strappo che non si aggiusta, che si prova a coprire schernendo la verità con una colorata toppa bugiarda. Manca la retorica acciaffata dei facili pacifismi, così ridicoli da meritarsi tutte le guerre del mondo, perché questo non è un libro universale. Questa è la piccola storia, di un piccolo uomo, un po' meglio del normale che, tra la melma e la colpa, ha trovato l'unica ragione valida per non fare la guerra.
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