L'arrivo a Zanzibar, dopo alcune ore di barca, è sorprendente. La prima sensazione evidente , che sarà poi pienamente confermata, è di trovarsi in un'altro Paese rispetto al continente. Di aver lasciato la Tanzania, e in particolare la caotica Dar El Saalam, e di essere giunti in un'altro luogo, più pacato e rilassante.
Le isole, ovunque esse si trovino, sono luoghi magici, la vita scorre con ritmi più lenti ed è come che i confini d'acqua rallentino tutte le azioni, rendendo la vita più semplice. Zanzibar non fa eccezione e, complice un clima mitigato dal vento e un armonioso incrocio di razze, diventa un luogo di cui ti innamori a prima vista. Stone Town ti accoglie di giorno con la sua aria tranquilla, perfino svogliata, perchè è a sera che offre il meglio di se. Girare per le strade diventa un'esperienza unica e appagante. Per le strade si mangia, si beve, si gioca, si suona e si canta. In questa isola nacque, e ci visse alcuni anni, Farrokh Bulsara (il grande Freddy Mercury una delle voci più straordinarie e carismatiche del panorama rock mondiale), parte della sua carica deriva anche da questo piccolo paradiso.
Zanzibar una miscela di culture, di razze e di sapori, che si sono nel tempo mescolate tra loro, creando nuove e straordinarie realtà. Bantu, arabi e indiani hanno saputo mettere in comune la loro genetica, le loro tradizioni e la loro cucina, offrendo a chi arriva in questo magnifico luogo un infinito piacere. Al centro della cultura e dell'economia di Zanzibar vi sono le spezie, coltivate in grande varietà e quantità in tutta l'isola da secoli. Le spezie sono state al centro dello sviluppo dell'isola sin dalla fine del primo millennio.
Cibo ai Giardini di Forodhani, dalla rete
Presi alloggio alla Malindi Guest House, un luogo delizioso, con stanze ampie arredate in modo semplice e con grande gusto, in un'atmosfera da vecchio e nobile palazzo. Allora il costo di una camera era di 10 dollari a notte, un pò più alto della media, ma ne valeva la pena. Ho visto che esiste ancora, ecco il suo sito.Se di giorno girare per Stone Town, è una piacevole camminata, tra portali di legno in stile arabo finementi intagliati, tra palazzi di cui si continua ad intravedere l'antico splendore, tra i colori dei tessuti indiani e africani, tra il profumo delle spezie e tra un pollulare di gente sorridente e chiassosa, è all'imbrunire che Stone Town offre il suo magnifico spettacolo.
Sul lungomare, mentre il sole tramonta all'orizzonte, e in particolare nei Giardini di Forodhani, si inizia a cucinare. Alla sera l'intera area diventa un'enorme ristorante all'aria aperta dove è possibile assaggiare i piatti tipi della cucina locale, che così come la sua gente, è un intreccio di aromi e sapori di vari angoli del pianeta. Intorno i vecchi giocano a backgammon o a bao, mentre improvvisate orchestre organizzano jam-session traordinarie.
Coltivazioni di allghe a Jambiani (dalla rete)
Ma Zanzibar è anche (e per qualcuno soprattutto) mare. Al tempo vi era ben poco di costruito e la costa est, quella più incantevole, era persino difficile da raggiungere. Vi erano alcune jeep che, a prezzi modici, ti trasportavano dove volevi e a cui chiedevi di venirti a prendere la settimana dopo. Andai a Jambiani. Al tempo (a volte mi sembra di essere un vecchio, ma il mondo è molto cambiato) vi era un'unica Guest House, con otto camere che davano su di un cortile interno di sabbia, da dove si attingeva l'acqua. Non vi era energia elettrica, e tutto aveva il sapore del decadente. Questo significava che si beveva birra calda! L'edificio era sul mare, davanti una splendida spiaggia di sabbia bianca, alcune palme e uno straordinario mare.Dormii la prima notte su di una capanna al lato dell'edificio perchè le otto stanze erano tutte occupate.
Dietro alla Guest House, si sviluppava un piccolo villaggio di pescatori, una trantina di capanne. Un tipo villaggio africano se non fosse stato per la presenza di grossi polipi messi ad essiccare ovunque. Gli abitanti erano ottimi pescatori. Uscivano con delle barche a vela e tornavano con il loro bottino. Altri si recavano a piedi (l'escursione di marea permetteva di inoltrarsi per quasi un chilometro fino alla barriera corallina) cacciando squisiti polipi e aragoste. Le donne coltivavano in mare alghe (l'alga rossa del genere Euchema), che viene utilizzata in vari modi, come addensante e nei cosmetici. La coltivazione dell'alga non è un fatto della tradizione di Zanzibar (appartiene alle culture orientali), ma è stata introdotta sul finire degli anni '80.
Oggi Zanzibar è molto cambiata, ma sono sicuro resta un luogo incantevole del nostro pianeta.
Su Zanzibar vi segnalo il nuovo Blog dell'amico Marco Pugliese (già redattore di African Voices), Passion Zanzibar, fatto da un vero esperto e appassionato dell'isola.
Storicamente Zanzibar è sempre stato un luogo strategico, per la sua posizione, per il commercio con l'Oriente. Abitato fin dalla prestoria da popoli Bantu, intorno alla fine del I millennio risentì fortemente dell'espansione araba e persiana come punto terminale dei commerci con l'India e la Cina. Dalla mescolanza tra arabi e persiani e le popolazioni locali bantu, nacque quella che è conosciuta come cultura swahili. Intorno al XV secolo giunsero poi i Portoghesi che usarono anch'essi l'isola come base per l'Oriente. Nel XVII secolo vi fu l'espansione del Sultanato dell'Oman che nel 1840 fece di Stone Town la propria capitale. Solo nel 1861 a seguito di lotte interne, nacque il Sultanato di Zanzibar, separato da quello dell'Oman. Nel 1890 Zanzibar divenne protettorato britannico e tale vi rimase fino al 1963 quando divenne indipendente. Poco dopo, nel gennaio 1964, una rivoluzione pose fine al Sultanato e costruì le basi per un'unione federale con il vicino Tanganica. A ottobre del 1964 naque l'odiena Tanzania.