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Zolpidem: la pillola del sonno o del risveglio?

Da Psychomer
by Carmelo Di Mauro on dicembre 12, 2011

L’ambien è un farmaco sedativo utilizzato per il trattamento dell’insonnia. È impiegato per il trattamento a breve termine nelle difficoltà ad addormentarsi o a mantenere il sonno. Quindi l’effetto generale è di relax per aiutare la persona a dormire completamente.

Nel 1999, un paziente del Sud Africa è stato trattato con lo zolpidem, il farmaco generico dell’ambien  perché si agitava durante la notte, il suo medico di famiglia ritenne quindi di aiutarlo a dormire prescrivendogli il sedativo.

Loise Viljone era in stato vegetativo da tre anni per un incidente stradale. Quando sua madre gli fece fatto ingoiare la pastiglia macinata con una cannuccia, dopo 20 minuti Viljoen cominciò ad agitarsi. I suoi occhi che in genere non si focalizzavano su nulla di preciso, vaghi e opachi, cominciarono ad ammiccare e guizzare come se sprizzassero scintille di coscienza. Cominciò a parlare e le prime parole che disse furono: “Ciao Mamma!”. Dopo un paio di ore ritornò allo stato vegetativo. Ma nei giorni successivi la storia si ripetè, lo zolpidem lo risvegliava per poche ore alla volta.

Negli anni successivi diversi casi simili seguirono, poiché alcuni dottori prescrissero lo zolpidem dopo aver saputo del caso di Vilijoen o accidentalmente scoprivano i suoi benefici; ma il farmaco non aveva lo stesso esito positivo per tutti e allo stesso modo. Eppure, chi riusciva a svegliarsi per quelle ore, sebbene poche, era un successo significativo rispetto agli anni in cui era stato in coma.

 Lo stato minimo di coscienza è una diagnosi che designa la condizione distinta dallo stato di coma, in cui il paziente mostra dei comportamenti minimi che sono correlati ad una consapevolezza di sé e dell’ambiente. I pazienti in questo stato sono molto gravi. In genere richiedono un grosso livello di cura, essendo completamente dipendenti dagli altri e spesso passando la loro vita in strutture di assitenza medica. L’ambien ha mostrato un inaspettato effetto attivante e paradossale in questa tipologia di pazienti. Anche per chi lo ha usato in condizioni fisiche normali: anziché aiutare a dormire, in alcune circostanze, l’ambien ha casuato comportamenti di sonnambulismo, di eloquio nel sonno, se non addirittura la guida in auto; nonostante il farmaco fosse stato assunto per lo scopo opposto, di riposo.

 Sembra che il 10% dei pazienti riesca a rispondere positivamente nonostante la breve durata dell’effetto. Negli States ci sono circa 200.000 pazienti che sono intrappolati in questa situazione drammatica, tra coscienza e sonno profondo. Gli stati vegetativi sono considerati permanenti dopo tre mesi se la casua è stata una deprivazione di ossigeno nel cervello, dopo un anno se sono generati da un trauma severo. La maggiorparte dei medici ritiene che non sia possibile guarire da questa condizione. Eppure i casi di risveglio temporaneo si accumulano, con eventi eclatanti che trovano riscontro in un bell’articolo nel Magazine del New York Times.

Ma come è possibile questo effetto paradossale in cui un farmaco che dovrebbe addormentare risveglia? Le ricerche sembrano mettere in discussione la concezione di irreversibilità di questi stati abnormi. Le indagini di neuroimaging suggeriscono infatti che nelle condizioni di stato vegetale è possibile che il cervello possa riconfigurare se stesso, cioè che i neuroni sopravvissuti riescano a “prendere il posto” di quelli morti e a forgiare nuove connessioni tra di loro. D’altra parte, ci sono dei trattamenti in cui vengono impiantati dei “pacemaker cerebrali” che, stimolando con impulsi elettrici specifiche regioni profonde del cervello, riescono ad aiutare alcuni pazienti con gravi danni neurologici a recuperare la capacità di parlare e di mangiare, anni dopo il trauma cranico.

Adrian Owen, un neuroscienziato inglese ha dichiarato che i cervelli di alcuni pazienti che sembrano in stato vegeativo rispondono a stimoli di base: i loro corpi non si muovono ma le registrazioni elettriche del cervello denotano dei pattern di attivazione neuronale quando ad esempio viene chiesto, a pazienti in coma, di muovere un dito o un piede (in tal caso si “accende” una regione della corteccia premotoria relativa).

È difficile poter stabilire fino a che punto i comportamenti manifestati dai pazienti siano legati a stati di coscienza o piuttosto frutto di correlazioni arbitrarie. Infatti i comportamenti di chi è in stato vegetativo potrebbero essere essenzialmente di tipo riflessivo, cioè automatici e non consapevoli. Ad esempio, se viene chiesto al paziente in stato minimo di coscienza di muovere un dito o sbattere le palpebre, è difficile stabilire se la risposta del paziente sia dovuta al caso o ad un comportamento intenzionale verso l’interlocutore. Spesso le correlazioni sono effettuate dai familiari o dallo stuff assistenziale, le cui associazioni si rivelano in realtà pura coincidenza.

 E’ altrettanto vero però che lo zolpidem offre nuove prospettive di ricerca per il trattamento di questo danno neuropsicologico.Alcune ricerche dimostrano che i pazienti in stato minimo vegetativo hanno danni in circuiti cerebrali specifici (il default mode network) che causano una sorta di loop di dormiveglia, rendendoli incapaci di “riprendere controllo delle regioni del cervello deputate alle attività esterne, pagano un conto salato (neuropsicologico) nel non essere in grado di intraprendere in modo coerente e continuo attività del mondo esterno”.

Restano aperti gli interrogativi riguardo alla condizione “costrittiva” in cui vengono tenuti questi pazienti, ai limiti della coscienza e in stato permanente vegetativo. Lo stesso vale per chi si prende cura di loro per un’intera vita.


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