Magazine Diario personale

Castrata e spompata

Da Romina @CodicediHodgkin

Castrata e spompata. Mi sento esattamente così. Non fraintendetemi, il periodo, analizzandolo alla giornata, è ottimo. A casa tutto bene, tra me e Maschio Alfa tutto ok, il lavoro sembra andare per il verso giusto (sono al 4° rinnovo da un mese del contratto…) e mi trovo bene.  Insomma, il mio quotidiano va bene, però…però mi sento castrata e spompata. Per una serie di motivi.

Apparentemente va tutto così bene che non ci avevo nemmeno fatto caso finché mi sono resa conto che non riesco nemmeno ad aggiornare il blog. Non si tratta né di mancanza di volontà, né di mancanza di idee da condividere. Si tratta di totale mancanza di ispirazione dovuta ad una catastrofica mancanza di tempo.  Ultimamente, ho portato avanti un solo progetto di scrittura e mi è costato uno sforzo immane. E si che si trattava di una cosa semplice, breve, tranquilla, che in altre circostanze ho fatto in pochissimo tempo. Purtroppo, credo sia inevitabile quando l’unico momento che hai per scrivere è la mattina sul treno mentre vai in ufficio.

Fatico anche a leggere, procedo con una lentezza mai vista. Ma non una lentezza sana. La lentezza di una che legge tre volte la stessa pagina e non la capisce.

Mi manca scrivere, mi manca leggere, mi manca persino casa mia.

“Che palle, che sei!” direte voi “non avevi un lavoro e ti lamentavi, ce l’hai e ti lamenti!”. In realtà può sembrare così, ma non lo è. Mi piace il mio lavoro. E’solo che uscire la mattina presto e rientrare la sera alle 21:00 comporta tutta una serie di cose. Esempio banale: anche la cena è un problema. Se mi metto a cucinare per bene, ceniamo alle 10:00. Il più delle volte, nel week-end, mi metto in cucina e preparo brodo, vellutata di verdure, sugo e quant’altro che congelo e tiro fuori alla bisogna.

Sapete, poi, cos’è che mi urta? La consapevolezza che l’orario che faccio non sarebbe necessario se fossi un uomo. Io vivo in quell’ufficio e vi posso garantire che rimanere fino alle 20:00 non è necessario. Non lo è nella maggior parte degli uffici dove si fa questo tipo di orario. E, guarda caso, non sono mai gli uomini che fanno questi orari. Perché? Ve lo siete mai chiesto?

E’una forma di ricatto. Un ricatto preventivo.  Il solito ricatto della cara vecchia Italia maschiocentrica. Ogni datore di lavoro è ossessionato dall’utero delle dipendenti. Tu, donna, devi aver ben chiaro che la gravidanza sarà punita o con il mancato rinnovo del contratto o, in alternativa, se hai un contratto più stabile, con qualche bastardata tale da metterti in condizione di andare via. Ne ho visti tanti di giochetti di questo tipo. Donne che al rientro dalla maternità si vedevano la pausa pranzo allungata in modo da farle uscire più tardi. Così, per dispetto, perché si erano macchiate del reato di maternità. E allora io ti allungo l’orario, così che tu torni a casa alle 19:00 e tuo figlio non lo vedi mai, così sei costretta a lasciare il lavoro. Io ti do un lavoro, ti do uno stipendio che ti consente di campare, tu però non farmi scherzetti. Sapete quante donne ho incontrato che hanno rimandato la maternità fino a oltre i 40 anni per paura di perdere il lavoro, perché con un solo stipendio non campi? Avere un figlio è diventata una scelta da discutere prima con il datore di lavoro e poi con il proprio compagno.

Perché qui funziona così. La famiglia esiste solo quando c’è da scandalizzarsi davanti alle unioni di fatto. Per il resto, non esiste. Vi confesso che la discriminazione sessuale io la sento moltissimo. Non so se è legata solo al mio ambiente di lavoro o no. Mi dicono colleghe che fanno il mio stesso lavoro ma in altri ambienti, che anche per loro non è facile ma tira un’aria migliore rispetto agli ambienti che frequento io.

Anche questo mi castra. Vivo bene il mio quotidiano, mi piace. Ma non vedo oltre domani. Non ho programmi a lungo termine. Anche se li avessi, poi, che differenza farebbe nel momento in cui non li posso portare a termine? Che progetti posso fare, nonostante i quasi trent’anni, nonostante i 5 anni di convivenza, nonostante il desiderio di costruire qualcosa se sono talmente precaria che, in realtà, non sono nemmeno una precaria ma una una che ha la consapevolezza incrollabile che potrebbe saltare da un momento all’altro?!

E’frustrante. Esiste il mio oggi. Il mio oggi esiste. Questo lo so. Ma domani?

Non lo so. Intanto, di sicuro, domani ci sono le analisi e speriamo bene…


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