Magazine Attualità

Gomorra, la serie: recensione

Creato il 03 luglio 2014 da Retrò Online Magazine @retr_online

Gli episodi di “Gomorra, La serie” prodotti da Sky, LA7 e Beta Film e trasmessi su Sky Atlantic, hanno comunque lasciato il segno. Le immagini di una realtà tenebrosa che insieme attrae e spaventa imprigionano anche lo spettatore più distratto.

Il regista principale è Stefano Sollima, lo stesso che curò “Romanzo Criminale” e le vicende della banda della Magliana. Questa volta, per raccontare le storie scritte da Roberto Saviano, a Sollima si affiancano Claudio Cupellini e Francesca Comencini.

La fiction si ispira ai modelli statunitensi sotto molti aspetti: dalla scelta di un’equipe di professionisti numerosa e altamente specializzata (artificieri, stuntman e controfigure), all’utilizzo di effetti speciali mozzafiato. Al contempo però, conserva le peculiarità del cinema nostrano: la narrazione è elaborata e verosimile, come verosimile e mai esagerata è ogni scena d’azione. Il connubio italoamericano “realismo-azione” che ne esce fuori è uno stile innovativo, frizzante, che piace.

Sono trascorsi otto anni dall’uscita nelle librerie del suo best seller e Saviano continua a far parlare di sé (a costo di vivere una vita sotto copertura). La serie, composta da 12 episodi distribuiti a livello internazionale, descrive gli ambienti della camorra e le guerre tra i suoi clan, ma viaggia in completa autonomia rispetto all’omonimo film di Garrone.

Le inquadrature mosse, disordinate e confuse calano il pubblico in un susseguirsi di vicende entusiasmanti coinvolgendolo totalmente. Il realismo spinto, a tratti giornalistico-documentario, è forse ciò che più caratterizza questa fiction.

La location principale è quella delle Vele, i palazzi fatiscenti edificati negli anni ’60 nel quartiere di Scampia, nella periferia nord di Napoli. L’atmosfera di profondo degrado ambientale fa da cornice all’imbarbarimento morale della malavita organizzata che tenta di radicarsi nella società ampliando il suo dominio in tutta Italia e anche all’estero. Se guardata con cognizione di causa e spirito critico, “Gomorra” è un chiaro attacco a certi ambienti, una denuncia senza fronzoli ne filtri.

Scenografia e fotografia sono curate in ogni dettaglio. Ben rappresentato è quel contrasto tra l’opulenza della casa del boss Don Pietro Savastano (arredata con mobili ricoperti d’oro, un grande ritratto di famiglia alla parete, divani leopardati e oggetti superflui) e lo squallore di Scampia dove diversi abitanti vivono d’espedienti, in case umili, ma sono sempre rispettosi nei confronti del potente e disponibili a soddisfare ogni suo “capriccio”.

Le vicende ruotano attorno alla famiglia dei Savastano. Il regno di Don Pietro (interpretato da Fortunato Cerlino) è ormai in decadenza e il potere che un tempo teneva a bada i clan avversari comincia ad affievolirsi. Stretto è il legame con la moglie, Donna Imma (Maria Pia Calzone) e il figlio Genny (Salvatore Esposito). Quest’ultimo, all’inizio viziato e un po’ svampito, dovrà “farsi uomo” quando il padre verrà arrestato e isolato in una cella di massima sicurezza. Sarà a quel punto Genny a prendere le redini della famiglia ed interagire con gli altri capi.

L’antagonista è Salvatore Conte (interpretato da Marco Palvetti), il boss nemico che fiuta la debolezza dei Savastano e tenta di spodestarli. Figura chiave è quella di Ciro (Marco D’Amore), l’attendente di Don Pietro. Il giovane è un uomo d’azione, freddo, scaltro e stratega, ma si rivelerà ben presto inaffidabile perché interessato unicamente al proprio tornaconto. È Ciro che, agendo in maniera subdola, in più occasioni mina la stabilità tra i Conte e i Savastano: sarà lui ad un certo punto a favorire il ribaltamento della situazione…

La trama è intrisa di colpi di scena, sparatorie spettacolari, lotte e omicidi di vendetta. E’ la guerra tra i due clan, vista dall’interno.

I personaggi al di fuori della realtà truce nella quale vivono (e quasi sempre vi sono nati) e al netto dei delitti efferati che compiono, vengono descritti come persone “normali” nella quotidianità delle loro vite: hanno mogli e figli, degli affetti, problemi da risolvere e soffrono, si nascondono, sono vulnerabili e subiscono la sconfitta. Interessante è l’ambientazione del regno di Salvatore Conte, girata in buona parte in Spagna nella città di Barcellona, luogo in cui Conte ha esteso l’egemonia.

Gli attori sono volti del territorio, non sono noti al grande pubblico. Alcuni di loro prima di girare “Gomorra” erano disoccupati. Altri, che rischiavano di entrare a far parte del meccanismo criminale, ora cercano un posto nel cinema.

“Gomorra – La serie” ha anche sollevato numerose polemiche, a partire da quella del sindaco di Napoli De Magistris che lamenta l’ennesimo attacco mediatico alla città. Per qualcuno la serie, proprio perché raccontata “dall’interno” finirebbe per portare lo spettatore a simpatizzare o peggio emulare la malavita. Saviano risponde che la fiction non fa che raccontare oggettivamente una realtà, denunciandola. E’ in effetti la realtà che va cambiata, non una serie (o un film) che la pone all’attenzione del vasto pubblico.

Un’altra critica è stata mossa nei confronti della lingua: gli attori recitano in napoletano stretto, che talvolta necessita di sottotitoli. Per gli autori era fondamentale mantenere il dialetto, un delicato lavoro è stato comunque fatto per “italianizzarlo”, almeno in parte.

Veniamo ora al finale, senza ovviamente svelarlo. La serie al dodicesimo ed ultimo episodio conserva l’ennesimo colpo di scena, ma non aspettatevi un “happy ending” all’americana.

Le uniche pecche potrebbero riguardare la perdita di ritmo nella narrazione in alcuni punti, un susseguirsi di eventi talvolta troppo uniforme e prevedibile e il numero tutto sommato limitato di episodi. Ma queste saranno, ce lo auguriamo, le sfide per la seconda stagione che è già stata annunciata.

di Emanuele Stalla

Print Friendly

Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :