In primo luogo abbiamo chiesto a Claudia come è stata effettivamente l'esperienza: a suo avviso è stata incredibile ed arricchente da molti punti di vista. Ha imparato molto sul movimento Occupy, la rete, come la rete può essere usate per raccontare. Un'esperienza che le ha insegnato tantissimo, e infatti il lavoro su quel che è stato fatto là è ancora in fase di rielaborazione.
Quando abbiamo parlato la prima volta con Claudia, il suo progetto era ancora soltanto in embrione, dunque le abbiamo chiesto quali cose sono andate come previsto e quali no. Innanzitutto, nonostante il nome del progetto stesso fosse OccupyChicago, ha passato solamente tre giorni a Chicago, ovvero i tre giorni intorno al vertice NATO. Il resto del tempo l'ha passato a New York, dove il movimento ha avuto origine, per mettersi sulle sue tracce e tentare di capirlo più a fondo.
Ci sono state moltissime reazioni positive e negative al progetto, e dunque abbiamo chiesto quali sono state quelle che l'hanno colpita di più, in entrambi i sensi. A suo avviso le critiche e gli apprezzamenti sono stati in larga misura motivati, anche se ce ne sono stati anche molti aprioristici. Per Claudia si è trattato di un esperimento di costruzione del racconto digitale: non si è limitata a offrire il prodotto finito, ma ha svelato il percorso di costruzione del racconto stesso, mettendo man mano a disposizione del pubblico quegli elementi che userà per il lavoro finale.
Si tratta di tantissimo materiale: foto, video, testi, ma anche molta carta raccolta durante il viaggio, dai volantini alle copie dell'Occupy Wall Street Journal, nonché altre riviste prodotte dal movimento. L'obiettivo è di individuare i filoni che meglio dovrebbero raccontare e rappresentare Occupy Wall Street.
Claudia ci ha svelato anche l'intenzione di aprire un sito in lingua italiana che serva a raccontare la quotidianità del movimento, le iniziative, azioni e manifestazioni che ogni giorno vengon organizzate, ma anche riflessioni che cerchino di aiutare gli italiani a capire il movimento. Lei stessa, dopo un mese passato negli Stati Uniti, è partita con la sensazione di cominciare a intuire che cosa è OccupyWallStreet, e soprattutto con la consapevolezza che si tratta di un movimento che va interrogato ponendosi domande diverse rispetto a quelle poste a un movimento politico.
La risposta infatti sarebbe forzata, e rispecchierebbe comunque un preconcetto che non interroga un movimento complesso come OWS: quello svolto è quindi un lavoro più antropologico che giornalistico, fatto di tanta osservazione dall'interno, analizzando le dinamiche, i modi di rapportarsi, la terminologia usata. Per questo motivo Claudia è convinta di aver visto cose che un approccio giornalistico non avrebbe potuto svelare.
Infine abbiamo chiesto a Claudia in quale modo il movimento influenzerà le prossime elezioni: a suo avviso OWS ha indubbiamente influenzato il dibattito pubblico, ma difficilmente ci sarà un'influenza diretta. Molti dei termini che loro usano sono diventati temi e parole della politica istituzionale, ma il sospetto è che sia avvenuto più per cooptarli che per adottarli.
Naturalmente vi invito a visionare l'intervista completa, molto ricca di spunti e riflessioni!
Buona visione!
Maria Petrescu
10minuteswith Claudia Vago
A few days ago we ahd the pleasure of interviewing Claudia Vago, blogger and creator of the project that took her for one month to the United States in order to document the Occupy Wall Street movement.
First of all we asked Claudia how the experience actually was: she thinks it was incredible and enriching from a variety of points of view. She learned a lot about the Occupy movement, the web, and how the web can be used to tell stories. An experience that taught her a lot, and the work she 's doing about the time she spent in the US is still in progress.
When we first talked with Claudia, her project was still a newborn idea, so we asked what went as planned and what not. First of all, even though the project name was OccupyChicago, she only spent 3 days in Chicago, the three days around the NATO conference. The rest she spent in New York, where the movement was born, to try to get on its trail and understand it in depth.
There have been many negative and positive reactions to the project, so we asked which ones have impressed her more, from both sides. She thinks that criticism and praise have been largely motivated, but there has also been a lot of preconceptual criticism as well. For her it has been an experiment of building a digital tale: she didn't just give the finished product, she also unveiled the path of construction of the tale itself, giving the public the materials she used for the final product.
It's a lot of material: photos, videos, text, but also a lot of paper she gathered during her trip, from flyers to copies of the Occupy Wall Street Journal and other magazines the movement prints itself. The goal is to find the fil rouge that represents Occupy Wall Street at its best.
Claudia also revealed her intention to open a website in Italian that will serve to tell the daily story of the movement, the initiatives, actions and manifestations that are organized every day, but also her thoughts that should help Italians understand the movement better. She left the US with the sensation that she was starting to grasp the meaning of OWS, and with the awareness that it is a movement that must be interrogated with different questions than the ones used for a political movement.
The answer would be forced, and it would mirror a preconception that doesn't interrogate a complex movement like OWS: so what she did is more of an anthropological work than a journalistical one, made of a lot of observation from the inside, analyzing dynamics, relationships, terminology. This is why she is convinced she has seen things that a journalistic approach wouldn't have been able to reveal.
Finally we asked Claudia in which way the movement will influence the elections: she thinks OWS has undoubtedly influenced the public debate, but it is very hard to transform that into a direct influence. Many of the terms they use have become themes and words of institutional politics, but it's more probable that this happened to co-opt rather than adopt.
I invite everyone to view the full interview, much richer in insights than my brief synthesis!
Enjoy!
Maria Petrescu