Il racconto
L’incantesimo della Città Infelice
di
Carla Tommasone
Sun era un cavaliere forte e impavido ma lui non combatteva le sue battaglie con le armi, bensì con le parole, l’allegria e la generosità. Egli dispensava calore, era solare e accecante con la sua forte personalità e Tenebra pensava che fosse proprio il compagno adatto a lei, perché con la sua luce avrebbe potuto dissipare un po’ di quelle tenebre che l’avvinghiavano dalla nascita.
Così quando confessò a Sun di volerlo sposare, lui inorridì.
«No, Tenebra, il mio cuore è di Isa. Non potrei mai sposare te!»
La rabbia di Tenebra oscurò il cielo, la gelosia fu così potente da indurla a sbottare senza controllo contro Sun e Isa. E mentre il cielo lampeggiava e gli elementi si scatenavano manovrati dal suo sordo furore, lei lanciò il suo tremendo incantesimo.
Il calore di Sun si condensò in un piccolo nucleo accecante e di lui restò solo un piccolo sole abbagliante e Isa, la povera ignara Isa, si trasformò all’istante in una donna di ghiaccio.
Tenebra ghignò per l’impeto di trionfo che la pervase mentre il vento turbinava ancora intorno a lei sollevandole le vesti. Era fiera di sé. Aveva operato un magnifico incantesimo, Sun non si sarebbe mai più avvicinato a Isa o Ice, per non distruggerla.
E così gli abitanti della Città Felice di cui Sun era il Principe, piansero per lungo tempo la loro malasorte e quando a Natale arrivarono i dono di Babbo Natale li rispedirono al mittente, perché nessuno di loro, fedele al proprio Principe, voleva gioire per un Natale che quell’anno sarebbe stato davvero triste.
Babbo Natale s’incuriosì quando i doni tornarono indietro e partì alla volta della Città Felice che ora tutti chiamavano Città Infelice.
Quando chiese di parlare con il Principe e fu condotto davanti al piccolo sole, rimase alquanto sbalordito.
«Principe Sun che cosa ti è successo?» chiese tenendosi il più lontano possibile per non scottarsi.
«E’ stata Tenebra. Questo è il prodotto del suo riuscito incantesimo ed io non potrò mai più accostarmi ad Ice. Ho provato, ma se solo mi avvicino, lei incomincia a sciogliersi ed io preferirei morire piuttosto che distruggerla.»
Babbo Natale annuì pensieroso. «Invece è proprio ciò che devi fare per spezzare l’incantesimo», rispose sicuro.
«No, non posso», ripeté Sun.
«Proprio perché credi di non potere significa che è la chiave che ha garantito a Tenebra la riuscita del suo incantesimo. Lei era certa che tu non avresti mai più osato avvicinarti a Ice, invece devi, e ti accorgerai che Isa è solo prigioniera del ghiaccio. Riuscire a sciogliere lo strato che la ricopre la libererà e consentirà a te di disperdere quell’energia che ti imprigiona nel sole. E dopo anche tu sarai libero.»
«Davvero Babbo Natale? E se Isa fosse davvero composta di ghiaccio e si sciogliesse e di lei non restasse traccia?»
«Sun, tu credi in me?» chiese Babbo Natale.
«Sì, certo.»
«E allora fidati.»
Così Babbo Natale, Sun e tutti gli abitanti della Città Infelice raggiunsero la radura nel bosco in cui dimorava Ice.
La donnina di ghiaccio era immobile, una perfetta statua dalla superficie brinata, ma non appena fu illuminata dai raggi del sole la brina superiore cominciò a sciogliersi rendendo lucido il ghiaccio sottostante.
«Sun, finalmente sei venuto. Quanto mi sei mancato e quanto freddo ho patito», disse Ice, crogiolandosi al calore di quei raggi benefici.
«Tesoro non potevo rischiare di scioglierti e perderti», rispose Sun concentrando su di lei i suoi raggi.
«E ora?» chiese la statua di ghiaccio scorgendo piccoli rivoletti d’acqua scivolare via da lei.
«Ora so che non ti perderò. Apri le braccia e voltati verso di me in modo che possa scaldarti tutta.»
Ice ubbidì e Sun si fece ancora più vicino. Il corpo di Ice ribollì come se da lei sgorgasse acqua da un fonte e si riversasse fuori a cascata e quando si esaurì lo scroscio emerse il corpo bagnato e tremante di Isa.
Ci fu uno schiocco potente e il piccolo sole si disintegrò per lo sforzo di produrre calore e da esso si materializzo Sun.
Gli abitanti della Città Felice esultarono, l’eco della risata di Babbo Natale rimbombò nelle valli mentre Isa correva nelle braccia del suo principe.
E Tenebra annidata nel folto del bosco, tra i rami ghiacciati degli alberi imprecò. Quello stupido di Babbo Natale! Aveva scomposto un magnifico incantesimo e ora avrebbe dovuto inventarsene un altro. Meno male che aveva il tempo dell’eternità per pensarci.
La ricetta…
i ravioli di palombetto con gamberi e zucchine…
Ingredienti per la pasta: 400 g di farina, 4 uova, sale.
Ingredienti per la farcia: 600 gr. di palombetto ( nocciolino), 50 gr di parmigiano grattugiato, 2 uova, 2 cucchiai di latte, 1/2 carota, 1/2 cipolla e 1/2 costola di sedano tritati, un pizzico di noce moscata , maggiorana, sale e pepe.
Ingredienti per condire: 400 gr. di code di gambero, 2 zucchine, 1 scalogno, 1 bicchierino di brandy, olio extravergine d’oliva, timo, sale e pepe.
In una padella faccio cuocere il palombetto con il trito di verdure e l’olio, poi lo passo nel mixer; aggiungo al pesce un uovo intero e un tuorlo, il latte, il parmigiano, la maggiorana, la noce moscata, il sale, il pepe e amalgamo bene l’impasto.
Con una sacca a poche metto il ripieno a file su metà della sfoglia di pasta, la richiudo con l’altra metà sfoglia e con la rotella taglio i ravioli.
Man mano che sono pronti li adagio su di un vassoio leggermente infarinato, li copro con un panno e li tango al fresco.
In una padella faccio soffriggere le code di gambero sgusciate e tagliate a pezzetti, le sfumo con il brandy; aggiungo le zucchine grattugiate, e lascio cuocere per alcuni minuti.
In una pentola con abbondante acqua salata lesso pochi alla volta i ravioli, li faccio bollire pochi minuti, quindi li scolo con una schiumarola e li metto delicatamente su di un piatto da portata, li condisco con il sugo preparato e li servo caldissimi.