ZENGA ZENGA REVOLUTION
Ieri: il Presidente dello Yemen chiama martiri per la libertà i cittadini a cui lui stesso ha appena fatto sparare. Emissari di Al Qaeda, dopo la risoluzione dell’ONU sulla no fly zone, avvertono di non fidarsi degli USA e dopo che Gheddafi li sputtana da un mese ora parlano come fossero migliori amici. Non dimentichiamo che, a detta sua, i rivoluzionari del suo popolo si stanno facendo di pillole di qualità e scambiano lo sparo di un fucile per un fuoco d’artificio… e Al Qaeda manco sapevano cosa fosse.
Dopo queste chicche di cultura generale, in attesa del fenomeno della luna enorme di questa sera che chissà quali altre sorprese o pagliacci ci porterà, ho controllato fuori dalle finestre egiziane e ho potuto constatare che il grado di delirio del mondo era maturo per dedicare, dopo la fase Bunga Bunga, un post al fenomeno Zenga Zenga (due giorni fa appena menzionato con link al pezzo rap creato sulle parole di Gheddafi). E intanto mi chiedo, dopo tante commoventi rimpatriate nella storia del nostro Risorgimento italiano in questi giorni di festa, se la prossima generazione, poveretta, non finirà per trovarsi sui libri di scuola il testo con traduzione a fronte del rap di Gheddafi e le implicazioni di un rituale africano sul governo dell’Italia del 2011…
Venendo dal Paese del Bunga Bunga, non resistevo a tenere solo per me né l’evento Zenga Zenga in sé, né il surrealismo di quest’assonanza. E forse i due fenomeni non hanno solo l’assonanza in comune -, vedete qui: “Era la fine di ottobre del 2010 quando scoppiò per la prima volta il tormentone “che cosa è il bunga bunga”. Fu allora infatti che vennero alla ribalta la ragazza marocchina Ruby e i festini a casa Berlusconi, ad Arcore. Alla base di questi presunti festini c’era appunto il bunga bunga. Il mondo dei media e la Rete si scatenarono per capire che cosa fosse esattamente un bunga bunga e da dove derivasse la terminologia. Ruby affermò che “Silvio mi disse che quella formula l’aveva copiata da Gheddafi: è un rito del suo harem africano” ”(le Notizie di Yahoo, qui con altre news sull’etimologia del fenomeno nostrano).
Ma tornando all’attuale Zenga Zenga, nel mondo arabo, esaurito dal carico di adrenalina e di violenza dell’ultimo mese ed oltre, ci si diverte, si canta a e si balla (o meglio ci si sta letteralmente scompisciando dalle risate) con questo brano così allegro che solleverebbe l’umore a chiunque. Creato subito dopo il monologo televisivo del beduino delirante del 23 febbraio, viene da un DJ ed ex giornalista israeliano che ha avvertito il ritmo nella voce del drago sbraitante, e ha prontamente proceduto al mixaggio sul pezzo “Hey baby” di Pitbull fit. T Pain. Dal giorno dopo, il pezzo spopola in internet, via Facebook, Twitter e blog, viene adottato dai rivoluzionari libici e cantato e ballato ovunque. Praticamente l’unico che non lo balla resta lo stesso Gheddafi. La gente ne parla, se lo passano, la presa in giro libera… libera tutto.
Il fenomeno varrebbe almeno una tesi di laurea. Poter vedere in video le parole di un dittatore che pretendeva col suo discorso di spaventare e di imporsi, con la sua rabbia, con le sue pretese, con il suo ego terrificante, accompagnate da una ragazza che ci balla su come in un rituale propiziatorio, comunica superiorità e speranza ed indica a chiare lettere la via d’uscita dell’ironia. Definire questa mossa geniale è secondo me il minimo. Il messaggio che si può coglierne è che anche dalla peggio espressione del male si può trarre musica, piacere, leggerezza. Anziché lasciarsi schiacciare da quelle parole, ci si può andare a correre, riempire una pista di discoteca in Medio Oriente e sfottere senza limite, sfottere senza violenza, senza violenza smontare, attraverso lo sfottimento e il potere del ritmo e dello scherno costruttivo, ogni sbandierata prerogativa del potere assoluto. Il drago è sbeffeggiato. Potranno ucciderci, spararci addosso, ma non potranno mai impedire all’ultimo di noi di ballare – così sembra dire questa gente). Ormai la ascolto tutti i giorni, perché si tratta di un fenomeno, non di una canzone, di qualcosa che continua ad agire oltre la musica, di un segno (semioticamente parlando), un mezzo che continua a trasmettere qualcosa. E quel qualcosa, per come la si sta vivendo qui, è l’anima profonda di ogni arte marziale: la soddisfazione di poter prendere le stesse armi del prevaricatore e crearci arte, vita, ballarci su. Alla faccia sua.
Qui tutta la storia del pezzo in inglese, con ulteriori filmati e persino una variante sul Waka Waka di Shakira…
Si può oltretutto notare nel mixaggio il fatto che Gheddafi aizzasse più volte il suo pubblico con il termine “rivoluzione”, come se fosse stato lui a volerne una – riconfermando l’ipotesi diffusa che i capi di Stato in queste zone accusino seri problemi di udito – Mubarak docet – quando non svariate forme di Alzeimer. Ed ecco qui il contenuto tratto dal discorso di Gheddafi (“chiamerò milioni di persone dal deserto e marceremo per purgare la Libia palmo a palmo, vicolo per vicolo […]” ) e trasposto nel pezzo musicale (“zenga zenga” significherebbe appunto “vicolo a vicolo”):
Palmo a palmo (x2) casa a casa (x2)
Rifugio a rifugio (x2) Vicolo a vicolo (x2)
Andiamo avanti! (x2) Rivoluzione! (x2)
Ho milioni di persone che mi appoggiano
Sto chiedendo ai popoli del deserto di investire, deserto a deserto,
di investire, nessuno li fermerà, forza! Veloci!
E’ ora di lavorare, è ora di investire, è ora di vincere, nessun ritorno.
(autori Noy Alooshe e Gheddafi durante un viaggio astrale)