ristretto. macchiato freddo. macchiato caldo. con o senza schiuma. corto. al ghiaccio. corretto. cappuccino. caffélatte. espressino. mocaccino. marocchino. freddo. lungo. americano. shakerato. nero bollente. decaffeinato. amaro. italiano.
La pausa caffè dallo studio o dal lavoro in Italia dura, almeno, una buona mezz’ora. È che il caffè è sempre un ottimo pretesto per parlare, che sia del senso della vita o dell’ultimo film che hai visto al cinema, poco importa.
Ehi, vieni a prendere un caffè? Certo, dove ci vediamo, al solito posto o vieni da me? È uguale! A casa o al bar, il caffè è solo una scusa. È un rito. Il caffè non serve solo a darci un po’ di carica, è proprio una necessità. Serve a creare legami, a conoscere le persone. È una scusa per ingannare il tempo, una giustificazione. Quando vorremmo dire: “ehi perchè non chiacchieriamo un po’, vorrei conoscerti meglio…” diciamo solo “quanto zucchero?“
Non parlo con nessuno la mattina prima di aver preso il mio caffè. E ancora meglio quando lo trovo già pronto. L’ermeneutica del caffè già pronto è l’essenza del “I care”, cioè, significa proprio “ti voglio talmente bene, che mi sono svegliato/a prima di te solo per prepararti un caffè!” Grazie.
Pausa caffè? No dai, sto studiando. Devo finire 270 pagine entro mezz’ora. Ma dai, solo un caffè. E va be’, ma solo uno, eh?! E passarono 4 ore.
Quattro ore a chiacchierare, a cazzeggiare, o a investire tempo nelle relazioni, se preferite. Quattro ore anche a scambiarsi idee, o a decidere chi deve scrivere il prossimo articolo. (Anche i caffè virtuali hanno la capacità di farti perdere la stessa quantità di tempo.) Sono quelli che chiamo “i caffè letterari” o filosofici (no, non nel senso dei bar da intellettuali). Basta ritrovarsi in 4 o 5 amici ed ecco che iniziano le discussioni senza fine, con i voli pindarici da un argomento all’altro fino a che non si finisce a guardare stupidi video su youtube. E tra una discussione politica, un’incomprensione, e una bella risata siamo arrivati all’ora di cena.
Ma tranquilli, potete rimanere a cena con noi se volete, buttiamo un po’ di pasta in più, e dopo ci facciamo un altro caffè. Oppure un tè, se sei ospite di Aldopalmisano.
Ogni volta che mi offrono un caffè, qui in Francia, sapendo che sono italiana, mi avvertono sempre “ce n’est pas un café italien” come a volersi giustificare, “oui, je sais très bien, merci” (sorriso finto) e che ci devo fare, se non lo sapete fare il caffè, manco con la macchinetta di George, non posso biasimarvi. È che a voi vi manca lo spirito del caffè. Per voi il caffè è una bevanda come un’altra che vi bevete per strada nei vostri bicchieroni di sturbucks. Da soli. Tristi. Di corsa. Per questo non vi viene bene. Non ci state attenti.
Invece, stare attenti al momento del caffè, significa prendersi il tempo per i piaceri della vita. Significa prendersi cura degli altri, delle piccole cose, condividere pensieri.E visto che noi siamo tutti lontani, il nostro caffè ce lo prendiamo qua, su Failcaffè, con voi che ci seguite, che oggi siete 300! e per noi è davvero un bel traguardo.
Chiunque voi siate, dovunque vi troviate, qui ci sarà sempre qualcuno pronto a mettere su un caffè e a fare due chiacchiere insieme. E presto scoprirete i misteri che circondano i folli autori che scrivono sul questo blog. Continuate a seguirci, anche su facebook!
300 caffè. pronti! quanto zucchero? un cucchiaino, grazie.