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35. Chi è?

Creato il 18 aprile 2012 da Fabry2010

Pubblicato da fabrizio centofanti su aprile 18, 2012

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Come l’avete trovato, questo posto? Ma in fondo, cosa importa? Ti sembra l’ideale, con le brocche stile Modigliani sulle mensole in legno, la stella grigia che pende dal soffitto, lo specchio che riflette il letto a due piazze dal copriletto arancione e la selva di cuscini accavallati senza un ordine preciso. Davanti al bagno c’è persino la bilancia: quanto peserà sulla coscienza ciò che state per compiere? Marika sorride: chissà se le tornano in mente le immagini del sogno, la donna col berretto di lana e la sciarpa color latte che li segue ovunque, anche nel cuore di Parigi, negli angoli di Montparnasse che hai imparato ad amare a poco a poco, il ristorante La Baraka, il negozio di pasta italiana con il nome Enzo scritto in nero su un cartello rosso, l’hotel Tipi dalle tende beige e i balconcini in ferro stile Sanremo. Le chiedi se le piace, certo che le piace, ma le piaci soprattutto tu; lo dice con un sorriso aperto che nasconde un pensiero inconfessabile: e Mattea? Non ne puoi più del senso di colpa che ti assale, devi fare qualcosa; per distrarti, pensi ai negozi della via su cui si affaccia la mansarda: il ristorante la Forcella, il negozio di frutta col signore panciuto che aspetta sulla soglia, la pasticceria con le locandine dei film, tutte colorate. Marika ha un vestito corto, nero, con un rettangolo bianco sul davanti. Ti avvicini, le metti le mani sui fianchi, le dici che hai capito quanto sia importante, ora, per te. Lei sorride ma è incerta, come non volesse calpestare un aiuola curata nei minimi dettagli. Forse è questo che gonfia il desiderio, che ti spinge a evadere dal ricordo di Mattea, cosa c’era, dopo? Il negozio di transazioni dalla tenda gialla, la vetrina gremita di manichini con gli abiti di lana, il laboratorio ottico coi rampicanti incollati sulla porta a vetri. Vieni, mettiti a sedere, le dici, e lei cede, con l’eterno sorriso stampato sulle labbra, i capelli lunghi di un biondo tinto, le labbra grandi che dicono baciami, ma nello stesso tempo vorrebbero ritrarsi, perché le immagini del sogno sono ancora lì, le sembra che Mattea salga le scale e arrivi alla mansarda, come gli incubi che aveva da bambina, quando il fratello si divertiva a spaventarla e lei lo diceva a suo papà, ma ora non c’è più, a chi chiederà di proteggerla dalle paure che l’hanno trascinata fino a qui, in cerca di cosa non lo sa, e ora che Filippo le sfila l’abito corto, le sembra che accada qualcosa di terribile, che un rumore di passi risuoni per le scale, che qualcuno bussi alla porta con violenza, non è un sogno, al punto che Filippo  è diventato pietra, come il gatto che hanno visto nella piazza, e con un filo di voce chiede: chi è? Una voce femminile emersa dagli abissi dell’inferno risponde con durezza inflessibile: sono io, Mattea.


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