Cape Tiburon, primavera del 1672 Salvador faceva il valletto da quando era poco più di un ragazzino, quando era stato raccolto in un angolo di strada, cencioso e sporco, e portato via da un signore elegante. Tutt'altro che inconsapevole che i gentiluomini cercassero nei giovinetti un certo tipo di passatempo, lui aveva cercato invano di liberarsi e invece, costretto nella carrozza a gettata a folle velocità, aveva supplicato umilmente che lo si risparmiasse. Svelando che quel rapimento faceva parte di una scommessa persa, che quel gioco della paura avrebbe dovuto portare a uno stupro, quel signore non aveva nascosto le proprie intenzioni malevole, ma chissà per quale motivo, Salvador era riuscito a fargli cambiare idea. Forse fu la storia strappalacrime, inventata per muoverlo a compassione, oppure il fatto che fosse solamente un mucchietto di ossa, fatto sta che Cecil Garth lo fece ripulire, gli diede da mangiare e chiamò un sarto, perchè gli confezionasse una livrea. Fu così nominato valletto, restando a servizio nella bella casa. La governante che si era occupata di lui, gli spiegò che Garth era un commerciante londinese, rimasto vedovo qualche anno addietro, che frequentava le migliori famiglie, che aveva proprietà e negozi, e che per affari era spesso assente. In effetti, nei primi anni della sua vita come domestico, Salvador vide poco il padrone, una volta restò lontano talmente a lungo, che credettero che fosse morto, invece era tornato con un'amante indiana, che pretendeva di vestirsi alla maniera indigena anche fuori casa. Crescendo, Salvador accompagnò Garth in molti dei suoi viaggi, imparando a essere un valletto efficiente e adesso, che il padrone era incanutito e lui aveva all'incirca trent'anni, come un tempo lo attendeva di ritorno da un viaggio. Da un anno si erano trasferiti su Hispaniola, alla villa di Cape Tiburon, ma sebbene gli spagnoli avessero accolto senza problemi il ricco possidente, questi stava spesso a Port Royal, oppure si occupava dei suoi commerci, a Charleston. Qualche volta spariva, senza lasciare traccia, ma questa volta si era premurato di mandare un dispaccio, nel quale ordinava di preparare la camera grande, perchè avrebbe portato con sè la nuova moglie. Pur sapendo che era uno dei soliti scherzi, le cameriere avevano rinfrescato la stanza che si affacciava sul giardino e preparato un pranzo sontuoso. Ora che un giovane schiavo messo di vedetta aveva annunciato che la carrozza stava risalendo l'altura, tutti i domestici erano in attesa davanti all'entrata. Salvador masticava indifferente uno stecchino, considerando che era assurdo quel cerimoniale, sicuro che il vecchio avesse raccolto qualche prostituta da sfamare e dalla quale lasciarsi sfruttare. Il postiglione fece fermare i cavalli e Garth scese alla svelta, allungando la mano per aiutare la donna a scendere dalla carrozza. Comunque trepidante, Salvador gettò lo stecchino, allungando il collo e si stupì della piccola ragazzina che fece capolino. Gli occhi neri pieni di apprensione, il visetto serio e diffidente dell'animale braccato, l'abito prezioso, nel quale si muoveva a disagio. Salvador sentì la cuoca trattenere il fiato, immaginava che disapprovasse quanto lui. La ragazza fu presentata brevemente e Blanca Mackenzie fissò tutti con aria di sfida, lo stesso sguardo che aveva avuto lui, ma l'avrebbe rassicurata, perchè non aveva nulla da temere. Il diavolo non era brutto come si disegnava. Sarebbe stata accolta come era stato accolto lui, e brevemente si chiese se l'avesse rapita per scommessa, se l'avesse compromessa, quella bambina. Addirittura sperò che fosse una figlia illegittima, ma Cecil Garth la guardava in modo raccapricciante e lei sosteneva il suo sguardo, fidandosi di lui. Salvador si sentì accapponare la pelle, nonostante tutto...santo cielo, si era portato una bambina! E cosa ancor più atroce, l'aveva sposata per davvero! 12 gennaio 2011
Pubblicato da blanca.mackenzie | Commenti (2) Tag: antefatti, cape tiburonMagazine Libri
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