da qui
Ismail e Yousef hanno deciso di partire: un viaggio servirà a chiarire meglio le intenzioni. Hanno sventato un crimine, ma non potranno intercettare ogni volta i propositi omicidi, urge una soluzione meno provvisoria. Il treno è uno strumento suggestivo, consente di pensare, di sognare. Nella valigia hanno infilato soprattutto libri: è solo dalla pagina che si profila un orizzonte alternativo, la letteratura salva, dice Ismail, e Yousef non riesce a dargli torto. I corridoi della stazione, però, sono quanto di più triste ci sia al mondo: forse perché un ricordo duole in qualche angolo dell’anima, un distacco traumatico, una perdita. La gente cammina appoggiando le mani alle ringhiere, come avesse bisogno di sostenere un peso insopportabile. I due, per riprendersi, si siedono a un tavolo del bar, su un lato del piazzale interno: una birra può azzerare tutto, conservare solo la dolcezza di una nostalgia priva di oggetto. Con la bionda in corpo si bevono i chilometri: sono approdati a un molo flagellato dal vento, un faro simile a una stazione aerospaziale; cinque bandiere si dibattono tra raffiche violente. L’escursione sul traghetto è un volo sul giardino capovolto del mare, piante e pesci s’intravedono appena, ombre di un altro mondo. Sulla riva, alberi e case e, dietro, le pareti lisce dei monti. La sera si stravaccano esausti al ristorante con le finestre in legno, davanti a un kebab e un’altra pinta di Maccabee, da far girar la testa. Sono brilli, raccontano barzellette sconce e ridono fino a stare male.
- Come mai non ci abbiamo pensato?
- A cosa?
- E’ chiaro: bisogna passare per la bionda.
- Che intendi dire?
- A che ti servono quegli stupidi occhi azzurri?
- Smettila di dire fregnacce.
- Scemo, non capisci che a letto si parla meglio che nel confessionale?
- Che dovrei fare?
- Conquistala, il resto verrà di conseguenza.
- Quando?
- Torniamo subito.
I corridoi della stazione sembrano meno desolati, la ringhiera è una scala verso il cielo, i passanti sono angeli con le ali nascoste dal vestito.