Pubblicato da fabrizio centofanti su febbraio 2, 2012
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Cosa ti piace, di un posto come questo? Perché non sai staccarti dai ricordi?
- Sì, in cambio. Hanno un prezzo certe cose.
Ogni angolo è un frammento di vita, un’emozione. Ce l’hai davanti, sdraiato, come non fossero passati anni, gli occhi chiusi, che cosa stai facendo?
- E quale sarebbe?
- Dimenticare il tuo passato.
Respira forte, mentre i cespugli di lentisco sembrano alzarsi per proteggervi.
Sei tentata: la tua infanzia triste, l’adolescenza disperata: che cosa vuoi salvare?
Non è la pineta, è dai suoi occhi che non ti sai staccare, che cosa ci leggevi? Forse uno specchio: riuscivi a vederti per la prima volta, così com’eri, e non provavi orrore.
- E perché dovrei dimenticarlo?
- Ricomincia da capo, come se nascesse adesso. Non le sembra una buona soluzione?
In quei momenti spegnevate la musica: ne cominciava un’altra, molto più dolce; eppure ti sembrava che avesse in sé qualcosa che non poteva non finire. E’ allora che guardavi i pioppi, gli olmi, mentre lui ansimava e le note dei corpi si fondevano col grido dei passeri, l’ondeggiare delle foglie.
- Vuole rubare il mio passato?
- C’è poco da rubare: lo sa che vale poco.
La casina del bosco: si chiamava così. Lui ti offriva birra, ti sembrava strano. Ancora più strano quando le birre erano due, cinque, non riuscivi a reggerle, è allora che contemplavi i lecci, l’erica arborea, l’alaterno, mentre lui tracannava lunghi sorsi, gli occhi diventavano lucidi, cominciava un’altra musica, che si fondeva col verso del picchio e dello scricciolo.
- E’ il mio passato, non posso cancellarlo.
- Ci penso io, per me non è un problema.
Vi inoltravate nei sentieri più nascosti, gli dicevi che preferivi il mare, ma lui: no, il mare s’ingoia tutti i ricordi, non capivi, non è vero! ma insisteva, il mare si porta via la luce, con la scusa delle stelle.
- Non si può azzerare la memoria.
- Perché no, se è piena di ferite?
Se ti baciava, sentivi l’odore della birra. E’ allora che osservavi la luna, la sua faccia pallida che chiedeva qualcosa. Per anni ti è rimasta dentro una domanda: che voleva dirti? E poi: sei sicura che volesse dirlo proprio a te? A che pensi? A niente. Non è vero: immagina se ti portassi al mare.
- Preferisco soffrire, piuttosto che perdere una parte di me stessa.
- Fausto non sarebbe d’accordo.
Voglio andarci: mi basta la luce delle stelle. Passerei ore ad ascoltare la risacca.
- Come fa a sapere?
- Sarà che mi chiamo come lui. Quasi.