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70. Nella taverna

Creato il 26 novembre 2011 da Fabry2010

Pubblicato da fabrizio centofanti su novembre 26, 2011

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Qualcuno disse che Malcolm e il sottoscritto si sarebbero alleati.
Prima di ebrei o cristiani, noi eravamo neri, prima che l’America esistesse, noi eravamo neri.
La vita non è una cosa facile, credimi, non è facile proprio per nessuno.
Forse per merito di Coretta, che aveva fatto su di lui un effetto straordinario.
I getti d’acqua fredda, gli inseguimenti spietati, fino a quando non ti prendono in trappola, come un animale.
Un giorno, incontri l’ostacolo che ti fa impazzire, la delusione che toglie il respiro.
Parlammo una volta e subito previdero scenari che invece non si aprirono.
Cacciati dai locali, strattonati, presi a pugni; ma il peggio è la rassegnazione, immaginare una fatalità, come il fulmine che ti cerca sotto l’albero o il macigno che si stacca e punta te, tra mille che ne erano passati.
Che il segreto stia nell’esporsi al dolore come la quercia riceve la pioggia, come l’asino da soma le pietre irregolari sul sentiero?
Eravamo diversi: eppure, nella vita, si corre e si scarta all’improvviso, si trova una strada a cui non avevi mai pensato.
Scopri che esiste la parola ribellione, a cui aggiungi espressioni come: a tutti i costi, con ogni mezzo e, soprattutto, fino in fondo.
Forse la parola giusta è sfida? In ognuno di noi c’è un cavaliere senza macchia, capace di lottare per un Graal più o meno santo, per una causa qualunque, fosse pure perduta dall’inizio.
Si era staccato dal movimento dei Musulmani neri, aveva capito che non avrebbe trovato nelle loro fila quello che cercava.
Quando parti con l’handicap dell’assassinio di tuo padre, trucidato dai razzisti, c’è poco da scherzare: vuoi che la vita non ne sia segnata per il resto dei tuoi giorni?
E se fosse il dolore a maturarti, se le forche caudine della sofferenza ti orientassero verso l’unico sbocco possibile per la tua energia? Se solo la sconfitta ti mettesse di fronte all’orizzonte di una vittoria inaspettata, un mondo nuovo che emerge dalle macerie dell’antico?
Come sarebbe andata se non avesse mai tenuto il discorso nella sala da ballo della Washington Heights?
La madre fu data per pazza, e forse lo era veramente, col marito morto tra le braccia e il futuro che sfumava come nuvola d’estate.
Inutile illudersi di ottenere un risultato se non stringi i denti e e non ti aggrappi con tutte le forze a una speranza infarcita di veglie, di rinunce, un tempo di cui non c’è nulla da sprecare, che si presenta e non ritorna più: se imparassimo a vivere il momento come fosse l’ultimo, la storia cambierebbe, il tuo sguardo sarebbe simile allo sguardo insostenibile di Dio.
E invece lo tenne e gli spararono addosso e ancora oggi non sono d’accordo se lo colpirono in viso o nell’addome.
Ricordo, Malcolm, la tua faccia di ragazzo triste, col cappello troppo grande – sarà stato di tuo padre? – con gli occhi rivolti a un futuro che avresti voluto prendere di slancio, come la luna quando è rossa e vicinissima, e ti ricorda, sì, ti ricorda una poesia (dove l’avrai letta?). E c’è un odore di sale e di sangue di femmina nei nardi febbrili della marina. La morte entra e esce, esce e entra la morte nella taverna.


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