da qui
L’ambulanza è arrivata: come molte altre, è un furgone bianco con la striscia arancione che lo percorre orizzontalmente da ogni parte. Sul tettuccio, due luci intermittenti sembrano corna di profeta o di demonio, quasi a dire che qui si consuma il dramma della morte o il miracolo della guarigione. La scritta ambulanza è al contrario: ufficialmente, perché si possa leggere dallo specchio retrovisore dell’auto che precede; in realtà rappresenta il rovescio della vita, l’altra faccia delle certezze velleitarie, la sicumera che si trasforma in inquietudine e paura. Amerigo è issato su una barella da due uomini arancioni: innervositi dal traffico che li ha fatti ritardare di cinquanta pagine – ormai il lettore si era rassegnato -, imprecano contro il comune, la politica, la vita. Amerigo è in una specie di coma; nella mente si succedono immagini senza capo né coda: un viale di campagna incorniciato da due file lunghe di ulivi; un uomo che cammina assorto e un altro che sbuca dietro un albero; una strada di periferia con l’edicola stracarica di oggetti di ogni tipo; un personaggio dai capelli brizzolati che continua a gettare libri nel cestino; due donne che lottano e discutono alternando colpi proibiti e concetti antagonisti; una giovane che corre in bicicletta e finisce contro un camion; uno scrittore triste, tentato di suicidio, che fruga nella posta altrui; il dirigente di una casa editrice che vive in una casa piena di formiche; un professore d’università che sogna di darsi alla scrittura; uno romanziere veneziano che non riesce a liberarsi dal passato; una ragazza dai capelli rossi che fa esplodere un faro in riva al mare. Come tradurre in una logica plausibile i frammenti impazziti di una memoria senza più controllo? Gli uomini arancioni lo guardano in tralice: un altro scemo che attraversa la strada senz’accorgersi che c’è una macchina in arrivo. Bestemmiano di nuovo, tanto il paziente è in coma, non li può sentire.